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equitalia

La Parentesi del 24/2/2016 "Barzelletta macabra"

Data di trasmissione
Durata 4m 22s

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/02/25/la-parentesi-di-elisabetta-del-2422016/#more-7973

 
Immagine rimossa.“Barzelletta macabra”

Gira in rete una barzelletta macabra che dice che Equitalia prende ai ricchi per dare ai poveri e che pagando le tasse si incrementerebbe lo Stato sociale.

Peccato che questi bontemponi che la raccontano, non sappiamo quanto in buona fede, dimentichino i toni trionfalistici con cui i dirigenti di Equitalia sciorinano i sempre nuovi traguardi raggiunti nell’esazione delle tasse. Ed altresì omettano di ricordare che quando non c’era Equitalia e non c’era una pressione fiscale così rapace, lo Stato sociale, invece, c’era e, per certi versi, funzionava.

Dai dati ufficiali al febbraio 2016, risulta che negli ultimi venti anni i tributi sono quasi raddoppiati, crescendo del 92,4%. Le tasse locali, tra il 1995 e il 2015 sono passate da 30 miliardi a 103 miliardi di euro con una crescita pari quasi al 250%. Nello stesso periodo le tasse centrali sono passate da 228 miliardi di euro a 393 miliardi, con un aumento del 72%. Solo dal 2011 al 2015 le imposte sugli immobili sono cresciute del 143%.

Lo Stato sociale, però, è stato smantellato pur in presenza di un rastrellamento fiscale ben più cospicuo per cui, evidentemente non è il risultato del prelievo fiscale, bensì è il frutto di una combinazione fra scelte politiche e lotte. E siccome, sempre i buontemponi della barzelletta di cui dicevamo, sembrano essere preda di amnesia totale, fanno finta di non sapere che le maggiori entrate fiscali andranno ai militari, alle missioni all’estero, alla Nato e agli apparati repressivi e di controllo che, bontà loro, si chiamano magistratura e forze dell’ordine. Naturalmente con il corollario dei finanziamenti pubblici ai partiti e alla stampa di regime.

Sono gli stessi che raccontano che c’è la crisi e che, per questo, dobbiamo stringere la cinghia, dimenticando che i miglioramenti in ogni campo in questo paese sono stati ottenuti in concomitanza con le lotte degli anni ’70 dove pure c’era l’ennesima crisi del petrolio per cui gli italiani andavano a piedi, il ministro di turno si faceva fotografare in bicicletta, salvo salire subito, a telecamere spente, sulla macchina di servizio, e la televisione ci raccontava quanto era bello riscoprire i cavalli e le passeggiate salutari.

Ma, ora, non c’è nessuna crisi, o meglio c’è un forte impoverimento di tutti sociali colpiti dal neoliberismo, impoverimento che è una vera e propria scelta ideologica del capitale in questa fase che mira a ridefinire i rapporti di forza sia all’interno della classe sia con le classi subalterne.

Il numero di poveri/e si allarga sempre più e sono sempre più poveri, gli occupati diminuiscono, i contratti a tempo indeterminato sono un privilegio, i liberi professionisti devono indossare l’abito divisa e lavorare come impiegati nei grandi studi, i quali a loro volta si concentrano e diventano succursali di multinazionali che si occupano di tutto, dalla pornografia  all’ecologia, dall’architettura  alle questioni legali. I dettaglianti sono destinati a scomparire, la grande distribuzione li farà fuori tutti. I lavoratori e le lavoratrici se ne facciano una ragione, sono stati turlupinati dai sindacati e dai partiti socialdemocratici, non avranno più l’orgoglio di essere operai/e.

Hanno venduto la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie.

Le proletarie torneranno a fare le collaboratrici domestiche contendendo il poste alle migranti. Vi ricordate quando si diceva che le migranti e i migranti facevano i lavori che le italiane e gli italiani non volevano fare più?. Tantissime donne sceglieranno la prostituzione, con buona pace dei moralisti e delle moraliste d’accatto che le giudicano o le vogliono salvare, mentre dimenticano che è un lavoro come un altro solo che non ha bisogno di laurea, curriculum e investimenti.  La piccola e media borghesia scompariranno, saranno drenati i loro risparmi e dovranno vendere la seconda casa e poi anche la prima. Ai pensionati/e  spetterà la dignitosa povertà, un vestito d’inverno e uno d’estate. Rivedremo tante persone senza denti, si allargherà la platea di quelli che chiederanno l’elemosina, di quelli che andranno ad abitare nei campi nomadi che tanto nomadi non sono perché la presenza degli italiani è numerosa e i bambini i cui genitori non pagheranno la mensa scolastica guarderanno i più fortunati mangiare, ritorneremo alla coabitazione.

In definitiva la popolazione  sarà gettata nella disperazione, e i media e la televisione, gli sceneggiati e i film commissionati ad hoc ci racconteranno un’Italia che non esiste. Realizzeremo così il modello americano: il paese più criminale di questo mondo e il popolo più disperato senza stato sociale, senza copertura sanitaria, dove la casa di proprietà o vivere una serena vecchiaia è un sogno irrealizzabile, dove non esiste contratto lavorativo nazionale e sistema pensionistico.

Il neoliberismo è la realizzazione della società americana. Conosciamo quello che ci aspetta, non dobbiamo fare dotte analisi, ce l’abbiamo sotto gli occhi. Saremo tutte/i  controllate/i come quegli animali che si credono liberi e hanno invece il cip sulle orecchie e  sono ripresi e ascoltati in ogni momento della loro vita.

Una situazione insostenibile  dove l’unica possibilità di sfogo è la guerra al vicino di casa, la rabbia verso il migrante, la guerra ad altri disperati/e che culmina poi nello sparare al dirimpettaio o ai colleghi sul luogo di lavoro oppure ai primi che incontri per strada.

Questo per la popolazione tutta, mentre quelli che lavoreranno direttamente per il sistema avranno il rango  di animali da cortile.

E’ un ritorno a tutto campo alla società ottocentesca dove la povertà è un crimine e il povero  un delinquente.

Dobbiamo domandarci perché tutto questo è successo negli Stati Uniti e sta succedendo anche da noi, altrimenti ci ritroveremo senza possibilità di lottare.

E’ necessario scardinare i concetti di legalità, di gerarchia, di meritocrazia, rifiutare la militarizzazione del proprio territorio e l’aggressione ai popoli del terzo mondo. Guardare con disprezzo quei disonesti intellettualmente che ci raccontano che la legge è al di sopra di tutto, che le istituzioni difendono tutti mentre, di volta in volta, scoprono una categoria sociale da demonizzare e contro cui scatenare la canea sociale, che ci raccontano che con il merito si va avanti, che i più capaci e meritevoli saranno premiati. La variante italiana che il venditore di noccioline può diventare presidente degli Stati Uniti

Renderci conto che il patto sociale è stato rotto in maniera unilaterale da chi detiene il potere e che quindi noi non dobbiamo più nulla a questo Stato, men che meno le tasse di qualsiasi tipo siano e qualsiasi tipo di balzello, dobbiamo rifiutare qualsiasi tipo di controllo, almeno assumerci il coraggio di dirlo, diffondere  alterità e difendere sempre chi si ribella a questo sistema.

Detta così potrebbe sembrare una bella petizione di principio, uno sciorinare idee difficilmente realizzabili.

Invece è più semplice di quanto si possa pensare perché tutte e tutti noi abbiamo cervello per pensare, occhi per vedere e possibilità di prendere posizione.

Tutte e tutti noi, tutti i giorni, ci troviamo di fronte a situazioni in cui possiamo intervenire.

Togliere ogni valenza politica alle lotte e ridurle a situazioni delinquenziali è lo strumento messo in atto dal potere.

E’ da lì che dobbiamo ricominciare, dagli appuntamenti politici: chiudere Equitalia, chiudere i covi del PD, uscire dalla Nato.

 

Roma: Gerit, diritto all'insolvenza

Data di trasmissione
Durata 3m 45s

Inizia oggi, a Deauville, in Francia il g8. I movimenti francesi lanciano un appello alla mobilitazione contro le politiche di austerity, a Roma il "laboratorio per lo sciopero precario" raccoglie l'appello convocando una manifestazione sotto la sede di equitalia a via palmiro togliatti. Dopo mesi di mobilitazione in tutto il paese contro l'agenzia di "strozzinaggio" di stato, anche i precari romani scendono in piazza per rivendicare il diritto all'insolvenza.