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USA: ad un anno dalla morte di George Floyd

Data di trasmissione
Durata 4m 48s

Ad un anno dalla morte di George Floyd in molti si stanno domandando se veramente gli Stati Uniti stiano finalmente cambiando.

Di certo la polizia non ha cambiato di molto il suo comportamento considerando che durante il processo a Derek Chauvin, gli Stati Uniti hanno registrato una media di tre persone uccise dalla polizia al giorno.

Ma in questi mesi, la stampa non ha fatto altro che parlare della morte di George Floyd come di un evento che ha profondamente segnato l’anima degli americani. “Racial reckoning” come dicono qui negli Stati Uniti.

La verita’ e’ che questa espressione e’ apparsa sui giornali americani negli anni 60’s - quando la polizia bianca del sud manganellava dimostranti di colore scesi in strada per difendere il diritto al voto e ad una vita dignitosa. E’ apparsa di nuovo negli anni 70’s -quando le famiglie bianche residenti nei sobborghi delle ricche città del nord si sono opposte all'ultimo disperato tentativo del governo federale di integrare le scuole. Ed è apparso ancora negli anni 80’s - quando organizzazioni neo-naziste uccidevano commentatori radiofonici di origini ebree e facevano esplodere bombe nei palazzi federali. Ed è stato usato ancora negli anni 90’s -quando il video del  pestaggio di Rodney King fece il giro del mondo.

La dinamica e’ sempre la stessa, un evento drammatico scuote la società bianca americana, politici e mainstream media solennemente denunciano le radici profondamente razziste di questo paese e poi tutto piano piano viene dimenticato, fino a quando un nuovo evento drammatico fa ricominciare tutto da capo.

Questa volta, però, sembrava diverso. Le proteste scoppiate subito dopo la morte di George Floyd sono state salutate dalla stampa americana come la più larga e multirazziale mobilitazione nella storia degli Stati Uniti. Le immagini sembravano dimostrare che quel ginocchio di Derick Chauvin premuto sul collo di Floyd per più di nove minuti era troppo anche per l’america bianca.

Eppure un recente sondaggio sembra suggerire che il supporto dei bianchi americani per il movimento Black Lives Matter stia velocemente evaporato. E questo lento declino sembra spiegare come mail il cambiamento, che sembrava inevitabile l’estate scorsa, ora non e’ piu’ cosi scontato.

Per esempio la campagna Defund the Police che la scorsa estate aveva dominato le primarie democratiche e che alcuni membri del partito avevano indicato come la vera causa dietro i deludenti risultati elettorali, ha registrato -se si escludono alcune eccezioni - una brusca frenata.

Uno studio condotto l’anno scorso da Bloomberg City Lab che ha preso in considerazione il bilancio di 34 tra la piu’ grandi citta’ degli Stati Uniti ha concluso che in media la riduzione del budget dei vari dipartimenti di polizia e’ stato meno dell’1%. Una percentuale irrisoria se si considera che queste citta’ sono state forzate a degli ingenti tagli dovuti agli effetti dei vari lockdown anti-Covid. Nonostante le proteste della scorsa estate e le difficili condizioni economiche dovute alla pandemia, la maggior parte delle città considerate in questo studio continuerà a devolvere più di un quarto del loro bilancio alla polizia.

Spesso le autorità cittadine hanno respinto le richieste del movimento facendo leva su dei dati che indicano un aumento della criminalità in quasi tutte le maggiori città americane. Inutile sottolineare che quelle statistiche stanno proprio a dimostrare il fallimento di quelle politiche che vedono nella polizia l’unica soluzione a problemi che sono in realtà di natura sociale ed economica.

Il movimento dietro alle proteste per la morte di George Floyd rivendica però delle vittorie importanti. Se e’ vero che i tagli ai bilanci della polizia non sono stati così ingenti, sicuramente hanno interrotto un trend che aveva visto quegli stessi bilanci raddoppiare nel giro di pochi anni.

Ancora più importante e’ il fatto che quelle proteste hanno radicalmente cambiato il dibattito politico americano. Il fatto che Biden abbia deciso di ricordare il primo anniversario dalla morte di George Floyd invitando la sua famiglia alla Casa Bianca e’ la dimostrazione dell’enorme valore simbolico di questa tragedia.

Certo Biden spera di poter usare questo evento per convincere il congresso ad approvare una limitate riforma della polizia e mettere così fine ad una questione che sta creando non poche tensioni all’interno dei Democratici. Ma le proteste della scorsa estate hanno messo in chiaro il fatto che l’obiettivo non e’ riformare le forze dell’ordine, bensì ri-immaginare il significato stesso del concetto di sicurezza.

Il fatto che non esista testata giornalistica in America che in questi mesi non abbia parlato della campagna defund the police, o non abbia intervistato un’attivista impegnata nella campagna per l’abolizione del carcere, o che non abbia recensito un libro dedicato all razzismo nelle istituzioni americane dimostra il successo che questo movimento ha avuto nel dettare una nuova agenda politica.

Infine la vittoria più importante ottenuta da questo movimento e’ stata quella di aver creato una nuova e più salda alleanza tra le varie comunità di colore. Il movimento che e’ sceso in piazza per protestare l’uccisione di Gorge Floyd e’ lo stesso movimento che negli ultimi mesi si e’ mobilitato in supporto all comunita’ asiatica vittima di attacchi razzisti durante la pandemia o che la scorsa settimana e’ scesa in piazza in solidarieta’ con il popolo palestinese. In una società dove il potere politico ed economico e’ nelle mani dei bianchi, la solidarietà tra comunità di colore e’ cruciale.

E allora ad un anno dalla morte di George Floyd si puo’ dire che gli Stati Uniti un po’ sono cambiati grazie soprattutto alla forza di questo un movimento.