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Ricordiamo bene, soprattutto a Marino

Data di trasmissione
Durata 15m 37s

Con un compagno dei Castelli, ripercorriamo il contenuti del documento che vi proponiamo di seguito, firmato gli/le Antifascisti/e dei Castelli Romani in merito alla propaganda e al revisionismo che hanno trovato in occasione del Giorno del Ricordo un inasprimento, anche con vicende locali

RICORDIAMO BENE, SOPRATTUTTO A MARINO

L'impeto revisionista e neocolonialista dei partiti e delle istituzioni repubblicane celebra anche quest'anno il “Giorno del Ricordo” parlando di slavi, partigiani e “titini” che avrebbero elaborato e portato a termine una strategia di pulizia etnica in Istria, a Fiume e in Dalmazia nel periodo dal 1943 al 1947.

Noi ricordiamo esattamente che durante l'epoca fascista le popolazioni di quei territori vennero represse con la violenza delle formazioni squadriste, delle guardie regie, delle forze dell'ordine di ogni tipo e con l'occupazione di tutte le amministrazioni locali portate avanti dai podestà littori.

Ricordiamo il divieto di uso delle lingue diverse dall'italiano, la forzata italianizzazione dei cognomi slavi, l'assoggettamento economico, culturale e sociale che istriani, triestini, fiumani e dalmati non di lingua italiana subirono. E questo avvenne prima della seconda guerra mondiale.

Perché dal 6 aprile 1941 il duce, famoso eroe scappato travestito da tedesco e poi giustiziato da altri italiani, decise di invadere militarmente i Balcani, insieme ai nazisti tedeschi e ai fascisti ungheresi.

Ricordiamo a beneficio di tutti/e che questo sodalizio benedetto anche dal clero cattolico fece in quei posti 1 milione di morti ammazzati, creò numerosi campi di concentramento e deportò in Italia circa 100.000 slavi: donne, bambini, anziani e combattenti. Un piano che si avvalse della collaborazione dei domobranci sloveni, gli ustascia crotati e, in parte, dei cetnici serbi.

Ricordiamo che a un'ora di macchina si può visitare il campo di concentramento per slavi di Alatri, dove finirono deportati in 5.000.

Ma non andò come volevano il regime fascista e i Savoia e, forse, vorrebbero le istituzioni che ogni anno si trovano fianco a fianco nelle celebrazioni del 10 febbraio i labari della X-Mas e dei reparti della RSI.

Ricordiamo il riscatto e la lotta dei 40.000 soldati italiani lasciati allo sbando dopo l'8 settembre del 1943 e che unirono le forze insieme all'Esercito Popolare di Liberazione della Jugoslavia per combattere contro i nazifascisti tedeschi e degli altri reparti tricolore rimasti fedeli al duce. Ventimila di loro, la metà, morì.
Chi celebra il 10 febbraio, dimentica volutamente tali italiani perché altrimenti cadrebbe facilmente tutta l'impalcatura su cui si basa il “Giorno del Ricordo”.

Quando venne il momento della resa di conti, finirono processati e uccisi fascisti, spie, collaborazionisti e parte dei funzionari italiani che amministravano le regioni occupate.

Nel comune di Marino, le celebrazioni odierne sono state affidate a due docenti delle quali una si lagna del fatto che l'Italia, sostiene, “si arrese incondizionatamente agli Alleati generando una guerra civile” (sic!) mentre la seconda spudoratamente pubblica messaggi del tipo “25 aprile lutto nazionale” e “2 agosto a Bologna non c'eravamo”, con quest'ultimo chiaro riferimento alla negazione da parte sua della più grande strage in Italia nel dopoguerra che fu realizzata dai neofascisti dei NAR e provocò la morte di 85 italiani.

Del resto, a tutte queste celebrazioni non può mancare la vice-sindaca che pochi giorni fa ha fatto presentare un libro da un ex militante fascista di Terza Posizione nella biblioteca comunale: il romanzo parlava di tre baldi giovani che si arruolarono nella RSI e poi si diedero da fare negli anni '70 sempre con gli stessi ideali.
Commovente, davvero, poveri “ragazzi di Salò” ci viene da dire, erano tanto bravi a torturare e massacrare in nome del nazifascismo e non furono ben compresi da chi non era d'accordo con loro.
La stessa vice-sindaca organizzò un'iniziativa celebrativa per il nazista Degrelle e diede sponda alle tesi della rivista razzista e antisemita de “L'uomo libero”. Andiamo a  memoria, invitò anche l'infiltrato dei servizi segreti, coinvolto in diverse stragi Mario Michele Merlino. Poi fu la volta di suo figlio, che ha sviluppato una sorta di ossessione delle foibe. Di padre in figlio.
Nel 2016 il commissario prefettizio di Marino inaugurò un alberello a Villa Desideri, invitando il generale Colussi, figlio del podestà di Fiume che si diede molto da fare per l'applicazione delle leggi antiebraiche. L'alberello fu piantato vicjno a quello che ricorda l'olocausto. Complimenti, non si poteva fare di meglio.
Ci fermiamo qui, ma qualcuno rifletta su tutto ciò

Vogliamo ricordare, infine, che molti slavi deportati in Italia si liberarono dai campi di confino sugli Appennini e si unirono alle locali bande partigiane, dando il loro valoroso contributo alla libertà nel nostro Paese.
L'odio etnico e razziale e i campi di concentramento furono dei prodotti “Made in Italy”, purtroppo esportati anche in Grecia e in Africa.
A chi subì da innocente e a chi si ribellò alla barbarie nazifascista va il ricordo di tutti e tutte gli/le Antifascisti/e dei Castelli Romani.