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Brasile: II giorno del IV Incontro Internazionale delle Comunità Danneggiate dalle Dighe

Data di trasmissione
Durata

8 novembre 
Belém, Brasile.

Analisi continentale e voci dall’Africa segnano il secondo giorno

Il secondo giorno del IV Incontro Internazionale delle Comunità Colpite da Dighe e Crisi Climatica, a Belém, in Brasile, è stato caratterizzato da dibattiti intensi e da un forte scambio di esperienze tra movimenti popolari di tutto il mondo.

La mattina, la plenaria è stata dedicata alla congiuntura internazionale, con interventi che hanno messo a confronto letture diverse di un obiettivo comune: superare il sistema capitalista e autoritario che minaccia la sovranità e la democrazia dei popoli. Alla tavola sono intervenuti Jaron Browne, della Grassroots Global Justice Alliance (Stati Uniti), e i brasiliani Tatiane Paulino, militante del MAB, e Carlos Vainer, docente universitario.

Nel pomeriggio, la discussione si è concentrata più nello specifico sulla situazione dei continenti,con la partecipazione di rappresentanti da Europa, Asia e Africa.
La catalana Irene Pijuan, dell’Alleanza contro la Povertà Energetica, ha criticato il ruolo del continente nella cosiddetta transizione energetica giusta, denunciando la persistenza del neocolonialismo europeo sotto la bandiera della decarbonizzazione.
Dall’Asia, il ricercatore indonesiano Hendro Sangkoyo ha messo in guardia contro le false soluzioni verdi e la crescente militarizzazione dell’estrattivismo nel continente, sottolineando la necessità di un’alleanza globale tra comunità resistenti.

Ma sono state le voci dall’Africa a lasciare il segno più forte nella giornata.
Geoffrey Kamese, dell’organizzazione Biovision (Uganda), ha denunciato l’“oblio sistematico del continente africano” nelle discussioni internazionali sulla crisi climatica. Ha ricordato che l’Africa, pur essendo la meno responsabile del riscaldamento globale, è quella che ne subisce gli effetti più gravi: perdite di raccolti, bestiame e vite umane a causa di siccità e inondazioni sempre più frequenti.

Kamese ha anche denunciato gli impatti devastanti delle grandi dighe, spesso costruite in nome dello sviluppo energetico, ma che comportano sfollamenti di massa e distruzione ambientale.
Un esempio emblematico arriva proprio dalla Repubblica Democratica del Congo, dove le dighe di Inga 1 e Inga 2, costruite rispettivamente nel 1972 e nel 1982 sul fiume Congo, hanno provocato gravi danni sociali e ambientali, lasciando senza terra e mezzi di sussistenza migliaia di famiglie.

L’intervento di Kamese e le testimonianze delle delegate e dei delegati congolesi presenti all’incontro – protagonisti dell’intervista che chiude il nostro podcast – ricordano che la lotta per la giustizia climatica ed energetica è anche una lotta per la memoria e la dignità dei popoli colpiti.