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Femministe a Belém

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Con un a compagna appena tornata da Belem parliamo della Cupola dos Povos, il contro vertice tenuto in occasione della COP30 in Brasile. Alla Cupola hanno partecipato 1099 organizzazioni, 70000 persone che compongono movimenti locali, nazionali, e internazionali di popoli nativi e tradizionali, contadini , indigeni, comunità quilombolas, sindacalisti, donne, comunità LGBTQIAPN+, giovani, afrodiscendenti. In particolare abbiamo approfondito le tematiche del Tavolo 6 "Femminismo popolare e resistenza delle donne nei territori". Il vertice dei popoli dimostra che si può e si deve fare politica dal basso, partendo dai territori e dalle comunità organizzate.

Brasile: la COP brucia e le periferie resistono

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Oggi, 20 novembre, è bastato un incendio nei padiglioni sfarzosi della zona blu della COP30 per far scattare l’allarme generale; eppure, mentre ci si affanna tra incontri, badge e diplomazie pochi sembrano preoccuparsi davvero delle foreste che bruciano, delle città alluvionate o dei quartieri popolari che subiscono per primi la crisi climatica. L’attenzione globale si concentra sulle vetrine istituzionali, ma resta quasi del tutto cieca davanti ai territori dove l’emergenza ambientale non è un tema da conferenza: è la vita quotidiana.

A partire da qui nasce la CicloLog, progetto che intreccia comunicazione comunitaria, educazione ambientale e resistenza dal basso, dimostrando che le risposte alla crisi spesso arrivano prima dai territori che dalle conferenze internazionali.

Everton della CicloLog e attivo nella zona est di San Paolo, racconta un lavoro quotidiano che unisce psicologia sociale, informazione indipendente e iniziative ambientali nelle periferie. La CicloLog combatte il “deserto di notizie”, distribuisce libri, gestisce orti comunitari e porta prodotti freschi nelle scuole. Ha creato anche una radio itinerante e un gioco da tavolo che insegna, in modo collaborativo, come affrontare problemi ambientali reali che colpiscono i territori marginalizzati.


Nel racconto emerge la tragedia di Samuel Elder, un bambino morto dopo aver avuto contatto con l’acqua contaminata delle alluvioni del 2025 — un caso emblematico di razzismo ambientale aggravato dalla mancata prevenzione dello Stato. Everton denuncia la manipolazione del referto medico e l’ingiustizia vissuta dalla famiglia.


Ancora una volta vediamo una periferia che non aspetta soluzioni dall’alto: crea reti, risponde collettivamente ai disastri, denuncia la presenza opportunista di istituzioni, e rivendica il diritto di definire le proprie politiche ambientali. Il messaggio è chiaro e familiare: la periferia non è solo la prima a subire la crisi, ma è anche il luogo dove nascono le risposte più concrete e radicali.

 

 

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La Contro COP Anarchica a Belém

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I movimenti anarchici dell’Amazzonia organizzano una Contro-COP autonoma e senza figure istituzionali, a differenza della Cúpula dos Povos, conclusasi domenica, giudicata troppo vicina al governo Lula.


Abbiamo intervistato due compagni del CCLA (Centro de Cultura Libertária da Amazônia) per i quali la COP30 si configura come un grande palcoscenico per lo Stato borghese e le multinazionali, marcata dalla forte presenza di lobbisti del petrolio e del settore minerario. Riflette una disputa interna alla borghesia globale: da un lato chi vuole mantenere l’economia dei combustibili fossili, dall’altro chi promuove la transizione energetica basata sull’estrazione di terre rare e sulla finanziarizzazione della natura, come il mercato del carbonio. Entrambi i fronti mirano a trasformare l’Amazzonia in laboratorio del capitalismo verde. Inoltre, la presenza di ministri come Marina Silva (Ministra dell'Ambiente) e Sônia Guajajara (Ministra dei Popoli Indigeni), di Guilherme Boulos (Ministro della Segreteria Generale) e di André Corrêa do Lago (Presidente della Cop30) durante la Cúpula dos Povos avrebbe neutralizzato le spinte più radicali. 


La Contro-COP anarchica propone dibattiti, assemblee e iniziative internazionaliste ispirate all’ecologia sociale di Murray Bookchin, sostenendo che non esiste sostenibilità senza rompere con capitalismo, patriarcato e razzismo strutturale.
Parallelamente, evidenziano altre lotte territoriali, come la Marcha da Periferia, che denuncia genocidio del popolo nero, avanzata delle milizie fasciste e gentrificazione accelerata dai lavori per la COP. Nella regione del Baixo Tapajós collaborano inoltre ai processi di autodermarcazione delle terre indigene, considerati strumenti essenziali di autodifesa comunitaria.


Per i militanti, l’anarchismo resta una tradizione viva nella lotta sociale contemporanea e rappresenta una proposta concreta per un futuro basato su autonomia, mutualismo e buen vivir.

 

Per maggiori info: 

https://cclamazonia.noblogs.org/

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Belem: al Vertice dei Popoli i movimenti occupano l'area blu

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Da Belém, sulle acque della Baía do Guajará, prende il via la Cúpula dos Povos, il controvertice internazionale dei movimenti popolari, contadini, indigeni e ambientalisti che si oppongono alla COP30 ufficiale.
Oltre 200 imbarcazioni e 5.000 persone provenienti da 62 paesi hanno inaugurato l’evento con una flottiglia simbolica, portando un messaggio chiaro: la risposta alla crisi climatica non viene dai palazzi del potere, ma dai popoli dell’acqua, delle foreste e delle periferie.
Mentre i leader mondiali si incontrano con le multinazionali del clima e dell’agrobusiness, fuori, la resistenza si organizza: il MST ha occupato l’AgriZone di Embrapa — sponsorizzata da Nestlé e Bayer — e le proteste si moltiplicano contro il progetto Ferrogrão e la trivellazione alla foce del Rio delle Amazzoni.
Sabato 15 novembre è prevista la Marcia Unificata, grande manifestazione di convergenza dei movimenti.

Un’altra Amazzonia, un altro mondo sono già in marcia.

Nel podcast trovate anche l'intervista a un militante dell'organizzazione giovanile Juntos che ieri sera, insieme al movimento indigeno del basso Tapajós, ha occupato la zona blu della Cop30. Racconta la visione del movimento “Juntos”: la critica a una COP30 dominata da grandi imprese responsabili di gravi crimini ambientali; la solidarietà con le comunità indigene che subiscono violazioni dei propri territori; e la necessità di unire le lotte locali a quelle globali, dalla difesa dell’Amazzonia alla solidarietà con il popolo palestinese.
Per lui, l’Amazzonia non è solo un tema ambientale, ma un campo di battaglia politico e sociale, dove si scontrano modelli di sviluppo, logiche coloniali e il diritto dei popoli a decidere del proprio futuro.

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Ultimo giorno dell'Incontro Internazionale delle Comunità Danneggiate dalle Dighe, dalla Crisi Climatica e dai Sistemi Energetici

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Oggi, 11 novembre 2025, dopo cinque giorni di un Incontro Internazionalista che ha riunito delegati da 45 paesi e da tutti e cinque i continenti, è nato il Movimento delle Comunità Colpite dalle Dighe, dalla Crisi Climatica e dai Sistemi Energetici.
Durante l’assemblea conclusiva, sono stati condivisi i punti centrali della congiuntura internazionale e intercontinentale, frutto del confronto tra i partecipanti.

In sintesi, il documento evidenzia che il mondo vive una crisi profonda del sistema capitalista, che si manifesta sul piano economico, politico, sociale, culturale e ambientale. In questo contesto, cresce la disputa per l’egemonia mondiale tra il blocco imperialista del G7, guidato dagli Stati Uniti, e il blocco emergente dei BRICS, guidato dalla Cina.

Le grandi corporazioni e le élite economiche, per mantenere il proprio potere, sostengono l’ascesa di forze di estrema destra con tratti autoritari e fascisti, che attaccano i diritti sociali e criminalizzano i movimenti popolari.

Il testo sottolinea inoltre che il modo di produzione capitalista è la causa principale della crisi climatica, responsabile della distruzione ambientale, della privatizzazione dei beni comuni e dell’aumento degli eventi estremi. Le cosiddette “soluzioni verdi” promosse da imprese e governi — come la transizione energetica del capitale, i mercati del carbonio o la compensazione della biodiversità — sono considerate false soluzioni, che servono solo a perpetuare il sistema economico dominante.

La conseguenza è l’aumento costante di territori e comunità colpite da dighe, disastri ambientali e violazioni dei diritti umani, soprattutto in Asia, Africa e America Latina. Tuttavia, proprio queste comunità sono oggi protagoniste della resistenza e indicano vie concrete per la trasformazione.

Il documento si conclude con un appello all’unità internazionale dei popoli colpiti, invitando a costruire una rete globale di organizzazione, formazione e lotta per difendere i territori, i diritti e Madre Terra, superando capitalismo, imperialismo, fascismo, maschilismo e razzismo.

Danneggiate e danneggiati di tutto il mondo: unitevi!

Oggi ascolteremo anche alcuni estratti dalla mistica conclusiva, una mamma NoPFAS che ci farà un resoconto della giornata condividendo anche le sue impressioni personali, e infine la voce di Monica Dioro, attivista Chamorro proveniente dalle Isole Marianne, in Micronesia. Madre, educatrice e difensora dei diritti del suo popolo e della Terra, Monica racconta la lotta delle comunità insulari contro la militarizzazione, l’inquinamento e la crisi climatica, portando al tempo stesso un messaggio di resilienza, pace e amore per Madre Terra.

Domani inizerà la Cupula dos Povos (Vertice dei Popoli) e saremo anche lì insieme agli altri movimenti sociali da tutto il mondo.

Di seguito il programma:

https://cupuladospovoscop30.org/programacao/

 

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III e IV giorno dell'Incontro Internazionale delle Comunità Danneggiate dalle Dighe, dalla Crisi Climatica e dai Sistemi Energetici

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Sotto il sole amazzonico, un gruppo composto da militanti di 45 paesi ha intrapreso questa domenica (9/11) una traversata simbolica attraverso le acque della Baía do Guajará, a Belém (PA). L’escursione, che ha riunito rappresentanti di diversi movimenti sociali, faceva parte del III giorno del IV Incontro Internazionale delle Persone Colpite da Dighe e dalla Crisi Climatica. L'evento sta riunendo 350 persone provenienti da tutti i continenti per discutere di sovranità energetica, giustizia climatica e costruire soluzioni collettive.

L’obiettivo dell’esperienza amazzonica era offrire ai partecipanti un contatto diretto con il territorio e con la cultura del paese ospitante, affinché potessero percepire e comprendere l’Amazzonia non solo come paesaggio, ma come territorio politico e di resistenza. Per questo motivo, l’immersione è stata concepita come uno spazio di apprendimento e scambio, con la città come sfondo.

Nella prima parte della giornata, i partecipanti hanno compiuto una passeggiata nel centro storico di Belém, guidata dal professore e storico Michel Pinho, ricercatore della storia sociale della città. L’escursione ha avuto la forma di una lezione pubblica, con riflessioni sul ruolo delle popolazioni nere, indigene e fluviali nella formazione del Pará e sulle lotte di resistenza che hanno segnato la regione, come la Cabanagem, rivolta popolare avvenuta tra il 1835 e il 1840 contro lo sfruttamento e l’autoritarismo delle élite coloniali.

“La proposta è guardare Belém da altre prospettive. La città non è solo ciò che appare nelle narrazioni ufficiali, ma il risultato di molti conflitti e resistenze. Questa storia deve essere raccontata da chi l’ha costruita”, ha affermato Pinho.

Durante il percorso, l’educatore ha presentato anche l’architettura e i monumenti della città come elementi di una storia politica, oltre a espressioni idiomatiche locali che traducono lo stile di vita del popolo del Pará.

“Immagino la città come se fosse un’aula. Così, invece di una lavagna, abbiamo un edificio; invece di una proiezione, abbiamo una strada; invece di una narrazione, abbiamo le persone. Fare questo significa rivendicare un diritto: il diritto alla città”, ha spiegato.

Durante il tour/lezione, ha anche utilizzato la musica per mostrare le affinità tra il Pará e l’Africa, con un carro sonoro e canzoni che esprimono la potenza culturale dello stato e le radici nere della nostra identità.

Il gruppo ha concluso la passeggiata al Mercado Ver-o-Peso, considerato il più grande mercato all’aperto dell’America Latina, dove i visitatori hanno potuto conoscere la dinamica popolare che muove l’economia locale e osservare come la vita fluviale sostiene la cultura e l’alimentazione di Belém.

In seguito: la traversata in battello nella Baía do Guajará, a Belém (PA). Le partecipanti provenienti da cinque continenti hanno navigato insieme in un atto di unione, solidarietà e connessione culturale. Davanti all’imbarcazione, un planisfero gonfiabile galleggiava sulle acque, simbolo della casa comune – la Terra – a ricordare che il pianeta in cui viviamo è uno solo per tutti.

Oltre al paesaggio amazzonico di proporzioni imponenti, uno dei momenti più significativi dell’esperienza è stata l’esibizione musicale dal vivo di carimbó. Questo ritmo è una manifestazione culturale di origine indigena e africana, con una forte influenza caraibica, particolarmente visibile nei movimenti di gonne e fianchi. Nato nello stato del Pará, è riconosciuto come Patrimonio Culturale Immateriale del Brasile e rappresenta la fusione tra tradizioni indigene, africane e portoghesi: una celebrazione viva della diversità amazzonica.

Il momento è stato segnato dalla mescolanza di lingue e storie, ma anche da un sentimento comune: quello di appartenere a una lotta globale contro l’ingiustizia climatica e il potere delle grandi corporazioni.

Oggi - IV giorno dell'incontro - le delegate si sono suddivise in cinque gruppi di lavoro, ciascuno dedicato a un tema specifico: organizzazione, formazione, donne e giovani, comunicazione e forme di lotta. Le discussioni sono state intense e hanno permesso di condividere esperienze e strategie comuni tra le comunità colpite in diversi paesi.Domani, dopo la plenaria di restituzione dei gruppi, forniremo un resoconto più dettagliato delle discussioni e delle proposte emerse.

In questa giornata è intervenuto anche Pedro Arrojo, storico attivista spagnolo per la difesa dell’acqua e, dal 2020 – ancora per un anno – Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, presente all’incontro per portare il suo contributo e la sua esperienza sulle lotte globali legate al diritto all’acqua. Trovate l'intervista all'interno del podcast.

 

 

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Brasile: II giorno del IV Incontro Internazionale delle Comunità Danneggiate dalle Dighe

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8 novembre 
Belém, Brasile.

Analisi continentale e voci dall’Africa segnano il secondo giorno

Il secondo giorno del IV Incontro Internazionale delle Comunità Colpite da Dighe e Crisi Climatica, a Belém, in Brasile, è stato caratterizzato da dibattiti intensi e da un forte scambio di esperienze tra movimenti popolari di tutto il mondo.

La mattina, la plenaria è stata dedicata alla congiuntura internazionale, con interventi che hanno messo a confronto letture diverse di un obiettivo comune: superare il sistema capitalista e autoritario che minaccia la sovranità e la democrazia dei popoli. Alla tavola sono intervenuti Jaron Browne, della Grassroots Global Justice Alliance (Stati Uniti), e i brasiliani Tatiane Paulino, militante del MAB, e Carlos Vainer, docente universitario.

Nel pomeriggio, la discussione si è concentrata più nello specifico sulla situazione dei continenti,con la partecipazione di rappresentanti da Europa, Asia e Africa.
La catalana Irene Pijuan, dell’Alleanza contro la Povertà Energetica, ha criticato il ruolo del continente nella cosiddetta transizione energetica giusta, denunciando la persistenza del neocolonialismo europeo sotto la bandiera della decarbonizzazione.
Dall’Asia, il ricercatore indonesiano Hendro Sangkoyo ha messo in guardia contro le false soluzioni verdi e la crescente militarizzazione dell’estrattivismo nel continente, sottolineando la necessità di un’alleanza globale tra comunità resistenti.

Ma sono state le voci dall’Africa a lasciare il segno più forte nella giornata.
Geoffrey Kamese, dell’organizzazione Biovision (Uganda), ha denunciato l’“oblio sistematico del continente africano” nelle discussioni internazionali sulla crisi climatica. Ha ricordato che l’Africa, pur essendo la meno responsabile del riscaldamento globale, è quella che ne subisce gli effetti più gravi: perdite di raccolti, bestiame e vite umane a causa di siccità e inondazioni sempre più frequenti.

Kamese ha anche denunciato gli impatti devastanti delle grandi dighe, spesso costruite in nome dello sviluppo energetico, ma che comportano sfollamenti di massa e distruzione ambientale.
Un esempio emblematico arriva proprio dalla Repubblica Democratica del Congo, dove le dighe di Inga 1 e Inga 2, costruite rispettivamente nel 1972 e nel 1982 sul fiume Congo, hanno provocato gravi danni sociali e ambientali, lasciando senza terra e mezzi di sussistenza migliaia di famiglie.

L’intervento di Kamese e le testimonianze delle delegate e dei delegati congolesi presenti all’incontro – protagonisti dell’intervista che chiude il nostro podcast – ricordano che la lotta per la giustizia climatica ed energetica è anche una lotta per la memoria e la dignità dei popoli colpiti.

 

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Brasile: inizia l'incontro contro l'estrattivismo

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Radio Ondarossa è in Brasile per seguire i vari vertici dei movimenti contro l'estrattivismo, riuniti a Belem per seguire e contestare la COP30.

Nell'audio di oggi potete seguire una presentazione, e varie interventi da collettivi provenienti dall'Italia che si trovano lì

Movimenti provenienti da 62 paesi (di cui 45 con delegatx in presenza) si preparano al IV Incontro Internazionale delle Persone Colpite dalle Dighe, dalla Crisi Climatica e dai Sistemi Energetici Dominanti.

L’evento, che è iniziato ieri, 7 novembre, a Belém Brasile, ha mobilitato persone provenienti da tutto il mondo che si preparano a condividere le loro esperienze, rafforzare le loro reti di resistenza e discutere alternative all'estrattivismo e alla crisi climatica.

Organizzato dal Movimento dos Atingidos por Barragens (MAB) - Movimento delle persone danneggiate dalle dighe - questo incontro sta riunendo più di 350 delegati provenienti da tutti i continenti con l'obiettivo di scambiare esperienze, rafforzare le reti internazionali di resistenza e discutere le alternative energetiche popolari di fronte alla crisi climatica globale.

È la seconda volta che questo incontro si tiene in Brasile. Nel 1997, l'evento aveva riunito persone a Curitiba, nello Stato del Paraná. Nel 2003 si era tenuto in Thailandia e nel 2010 in Messico. Oggi, nel 2025, il Paese ospita la quarta edizione dell'evento che sta diventando sempre più ampio, amplificando la lotta delle popolazioni danneggiate e consolidando programmi comuni per la difesa della vita, dei territori e della sovranità energetica.

Lo slogan che guida l’evento, ripetuto fin dalla mattina d’apertura, sintetizza lo spirito del movimento: Internazionalizzare la lotta è internazionalizzare la speranza.

Di seguito trovate gli interventi e le impressioni della delegazione italiana, composta da realtà come la Campagna per il Clima Fuori dal Fossile, Mamme No Pfas, il Foro Italiano dei Movimenti per l’Acqua e il Centro Sociale La Strada.

La radio continuerà a seguire da vicino questi incontri, con aggiornamenti e approfondimenti durante tutta la durata dell’evento e, successivamente, nel corso della Cúpula dos Povos (Vertice dei Popoli) che si terrà fuori la COP30.

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Brasile: I giorno del IV Incontro Internazionale delle Comunità

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Movimenti provenienti da 62 paesi (di cui 45 con delegatx in presenza) si preparano al IV Incontro Internazionale delle Persone Colpite dalle Dighe, dalla Crisi Climatica e dai Sistemi Energetici Dominanti.

L’evento, che è iniziato ieri, 7 novembre, a Belém Brasile, ha mobilitato persone provenienti da tutto il mondo che si preparano a condividere le loro esperienze, rafforzare le loro reti di resistenza e discutere alternative all'estrattivismo e alla crisi climatica.

Organizzato dal Movimento dos Atingidos por Barragens (MAB) - Movimento delle persone danneggiate dalle dighe - questo incontro sta riunendo più di 350 delegati provenienti da tutti i continenti con l'obiettivo di scambiare esperienze, rafforzare le reti internazionali di resistenza e discutere le alternative energetiche popolari di fronte alla crisi climatica globale.

È la seconda volta che questo incontro si tiene in Brasile. Nel 1997, l'evento aveva riunito persone a Curitiba, nello Stato del Paraná. Nel 2003 si era tenuto in Thailandia e nel 2010 in Messico. Oggi, nel 2025, il Paese ospita la quarta edizione dell'evento che sta diventando sempre più ampio, amplificando la lotta delle popolazioni danneggiate e consolidando programmi comuni per la difesa della vita, dei territori e della sovranità energetica. 

Lo slogan che guida l’evento, ripetuto fin dalla mattina d’apertura, sintetizza lo spirito del movimento: Internazionalizzare la lotta è internazionalizzare la speranza.

Di seguito trovate gli interventi e le impressioni della delegazione italiana, composta da realtà come la Campagna per il Clima Fuori dal Fossile, Mamme No Pfas, il Foro Italiano dei Movimenti per l’Acqua e il Centro Sociale La Strada.

La radio continuerà a seguire da vicino questi incontri, con aggiornamenti e approfondimenti durante tutta la durata dell’evento e, successivamente, nel corso della Cúpula dos Povos (Vertice dei Popoli) che si terrà fuori la COP30.
Movimenti provenienti da 62 paesi (di cui 45 con delegatə presenti) stanno partecipando al IV Incontro Internazionale delle Persone Colpite dalle Dighe, dalla Crisi Climatica e dai Sistemi Energetici Dominanti.

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Brasile: inizia l'incontro delle Comunità Danneggiate dalle Dighe

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A Belém (PA) Brasile, è in corso il IV Incontro Internazionale delle Persone Colpite dalle Dighe e dalla Crisi Climatica. Centinaia di rappresentanti di movimenti popolari provenienti da tutto il mondo si sono riuniti per condividere esperienze, rafforzare la solidarietà internazionale e discutere alternative al modello energetico dominante.

L’evento, organizzato dal Movimento delle Persone Danneggiate dalle Dighe (MAB), rappresenta un momento di convergenza globale nella lotta contro l’estrattivismo e la crisi climatica, con l’obiettivo di costruire una rete internazionale di base capace di proporre soluzioni popolari e sostenibili.

Le delegazioni di tutti i continenti stanno portando le proprie esperienze di resistenza, sottolineando la necessità di unire le lotte per la difesa dei territori, dell’acqua e della vita. Nell’audio potrete ascoltare come si sono preparate a questo incontro e quali sono le prospettive e le aspettative per i prossimi giorni di lavori.

Come ricorda Berthita Cacéres Zuniga, che parteciperà all'incontro:

Se il capitale e la violenza sono organizzati in tutto il mondo, anche la nostra speranza e le nostre lotte devono esserlo.