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La Virgola di Elisabetta, riflessioni di una femminista

Data di trasmissione
Durata 6m 47s

La puntata si intitola "Siamo tutti/e colpevoli?" (dura: 6'48'')

 

 

Siamo tutte/i colpevoli?

 

Da più di vent'anni assistiamo all'applicazione di una "teoria" ,che possiamo definire colpevolizzante, da parte del sistema socio-economico nei riguardi delle cittadine/i. Prima ci ha pensato la socialdemocrazia che, in tutti questi anni, ha attuato un ipocrita, strumentale e fuorviante coinvolgimento nelle pratiche così dette "politicamente corrette": dalla demonizzazione di chi scrive sui muri, di chi fuma, di chi non sa vivere "civilmente"... alla necessità di "aiutare", attraverso le onlus e le ong e le associazioni a vario titolo socialmente "utili", le popolazioni del terzo mondo, dalla raccolta differenziata dei rifiuti, al riciclaggio delle cose usate e al consumo "etico"....

Questa impostazione accompagna, ormai da diversi anni, ogni aspetto della vita sociale.

Il traffico è eccessivo? E'colpa nostra perchè prendiamo la macchina senza motivo! muoiono di fame i bambini nel terzo mondo? è colpa nostra perchè mangiamo troppo e male! ci sono troppi rifiuti da smaltire? è colpa nostra perchè non facciamo come si deve la raccolta differenziata! si muore di tumore al seno? è colpa nostra perchè non rispondiamo adeguatamente alle campagne di prevenzione!

Tutto ciò è profondamente ipocrita perchè tace, scientemente, che questo modello economico-sociale non può prescindere da una spinta sempre più forte al consumo, che nei paesi del terzo mondo la gente muore di fame perchè l'espansione del capitale fa razzia di ogni ricchezza e divora le economie di sussistenza, che i tumori al seno, o di qualsiasi altro tipo, vanno di pari passo al degrado del nostro habitat.

E' un'operazione strumentale, perchè tende a coinvolgere la cittadina e il cittadino, in prima persona, nelle sorti del capitale ed è fuorviante perchè vuol far credere che, così facendo, si possa migliorare questa società.

 

Ma, questo modello colpevolizzante, si è sovrapposto ad un altro modello, altrettanto colpevolizzante ed attualmente vincente, quello neoliberista, di cui la socialdemocrazia, non a caso, sponsorizza i valori a spada tratta.

Il modello neoliberista, profondamente reazionario, con punte clericali e fasciste, che ha smantellato lo stato sociale ,ha aumentato a dismisura la platea dei poveri/e, ha reso normale e normata la disoccupazione di massa, punta, anch'esso, alla colpevolizzazione delle cittadine e dei cittadini.

Si privatizza il servizio pubblico? perchè i dipendenti pubblici sono dei fannulloni! si fanno le guerre neocoloniali? perchè l'occidente pretende un tenore di vita eccessivo! ci sono i disoccupati? perchè sono privi di ambizioni e vogliono il posto sicuro! c'è il problema delle pensioni? perchè quelli dal posto fisso sono gretti ed egoisti e non fanno largo ai giovani! c'è il debito pubblico, anzi ogni bambino nasce già con una quota di debito a testa? colpa dei genitori che sono stati dissipatori, farfalloni e pieni di pretese! la natalità è quasi a zero? colpa delle donne che non vogliono più fare figli! ci sono tante/i migranti sfruttati, sottopagati,al limite della schiavitù? colpa delle italiane/i che non vogliono fare certi lavori e poi si lamentano!

In questo modo, le naturali declinazioni delle responsabilità legate all'accantonamento delle conquiste sociali, vengono totalmente rimosse e, addirittura rovesciate sulle vittime.

Essere povere/i è una colpa ed un segnale manifesto di incapacità, come nella più classica tradizione calvinista, e la ricchezza è un segno della benevolenza divina.

Disoccupazione, malattia, oppressione di qualsiasi tipo compresa quella di genere,precarietà, povertà... non sono più il frutto di questo sistema socio-economico, ma sono le vittime a diventare colpevoli dei modi che questa società produce e del dolore della loro stessa vita.

La cittadina e il cittadino nella configurazione sociale neoliberista,devono prendere atto della loro insufficienza, ignoranza, incoscienza, incapacità ed assumersene le responsabiltà accettando di essere reiette/i perchè questo si sono meritate/i.

Le vittime della società divisa in classi e patriarcale, del modello basato sullo sfruttamento e sul profitto più sfrenato, nel momento in cui si rifiutano di mettere in atto le scelte loro suggerite, diventano responsabili dei crimini della società stessa.

Questa lettura introduce, quindi, la criminalizzazione della povertà, della disoccupazione, dell'ignoranza ed è una forma di razzismo ,sotto mentite e negate spoglie, trascinato dal colore della pelle alla condizione, alla nascita, al genere.

E viene attuata con un meccanismo ormai sfacciato: stigmatizzare, di volta in volta, alcuni gruppi sociali per poi esporli alla collera popolare.

 

Essere femministe, oggi, significa rompere con questi valori mortiferi, sottraendoci tutti i giorni e in tutti i momenti della nostra quotidianità.

Significa rompere l'assuefazione al controllo, ribaltare la colpevolizzazione in cui ci vogliono invischiare,recuperare la capacità di indignarci, promuovere la criticità verso la meritocrazia, la gerarchia, l'autorità, smascherare l'uso improprio di parole come democrazia, riforme, partecipazione....spezzare l'ipocrisia in cui ci vogliono imbrigliare.

Significa non sostenere mai questo sistema, neppure se le richieste sono mascherate da "nobili motivi e intenti", non aiutare mai questa economia che trasforma tutto, dalle buone intenzioni alle catastrofi, in estorsione del plusvalore.

Significa cercare di innescare meccanismi di uscita da questa società.