Venerdi 7 giugno saluto solidale ai prigionieri di Regina Coeli

Data di trasmissione
Durata 27m 17s

Con una compagna e due compagni dell'Assemblea di Solidarietà e Lotta torniamo a parlare di carcere e invitiamo tutte e tutti al presidio di domani 7 giugno alle 17.30 al Faro del Gianicolo per portare la nostra solidarietà ai detenuti di Regina Coeli, che recentemente hanno portato avanti una mobilitazione di 3 giorni per rompere il silenzio sulle condizioni di detenzione.
Domani faremo rumore dall'altra parte delle mura. 

Di seguito la lettera letta a inizio redazionale e ricevuta dal gruppo di detenuti a Regina Coeli:

Cara radio Onda Rossa,
con questa lettera vi aggiorniamo con la speranza che si possa parlare di carcere anche fuori, che siano ascoltate le urla di disperazione e le tante storie di abbandono, degrado, violenza e inguistizia.
Qui a Regina Coeli sono già tre giorni che è in corso una mobilitazione generale che sta coinvolgendo centinaia di detenuti.
Ogni sera a partire dalle 20:30-21:00, per almeno 30 minuti, si batte sulle sbarre e si fa quanto più rumore al grido di "libertà" e "indulto". L'iniziativa è partita dalla settima sezione, che ormai è al collasso. Una falsa sezione di transito dove ormai detengono persone per mesi, chiudono detenuti "puniti". Le celle sono buchi con letti a 3 piani con appena 1 metro quadrato a testa. Siccome i posti non bastano (Regina Coeli ha superato il record del 2012 e oggi conta 1250 detenuti a fronte di 800 posti scarsi) hanno ammassato brande nelle aree ricreative, nell'aula scolastica, nei magazzini in quasi tutte le sezioni. Ma la settima vive anche la condizione più restrittiva. Sei chiuso in quei buchi per almeno 23 ore al giorno (quando ti fanno fare quella scarsa ora d'aria).
In tre giorni la protesta si è diffusa a tutte le sezioni e un giorno, per circa 40 minuti, il quartiere è stato "ostaggio" del fragore dei botti metallici e delle urla di tanti detenuti, molti dei quali, ricordiamolo, ancora in custodia cautelare, nemmeno rinviati a giudizio.
La difficoltà più grande, per noi, è riuscire a comunicare, a far conoscere la realtà che viviamo. E' diventato già complicato comunicare fra sezioni. Il nostro giornalino che stampavamo grazie alla scuola è oggetto di pressioni e ora non può uscire (non possiamo manco mandarlo ai parenti).
Per noi è fondamentale riuscire ad avere voce, ma anche riuscire a poter conoscere, avere qualcuno che racconti le carceri, che tenga unite le tante situazioni che si creano in questo luogo osceno.
L'altro giorno qui c'erano ministri, il presidente della regione Lazio, magistrati, tutti qui per inaugurare una sala operatoria nuova di zecca che dovrebbe evitare gli interventi esterni. Una vetrina per un'opera costata 200 mila euro. Bellissima, moderna. Peccato però che non ci sarà nessuno a usarla, perché l'organico sanitario attuale ti garantisce visite banali anche a 3-4 mesi di distanza. Mancano specialisti e se ti ammali sei fregato! Guarda caso la sala operatoria sarà a disposizione di professionisti esterni. Così, come prevede l'ordinamento penitenziario, chi ha i soldi potrà far entrare un suo medico di fiducia. Più o meno quello che stanno facendo fuori con la sanità pubblica.
Noi continueremo a essere rumorosi, continueremo a far sentire fuori le nostre urla perché vogliamo ricordare al mondo che siamo vivi, che stiamo morendo qui dentro, che abbiamo una dignità.
Fuoco alle galere!