Carcere

TESTIMONIANZA DAL CARCERE DI REGINA COELI

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Pubblichiamo il racconto di un detenuto del carcere di Regina Coeli.

 


 Ciao,
 Parto dalla situazione qui. Non so se e quanto resterò. Avrete saputo della rivolta. Ma la storia è molto diversa e nessuno ancora ci ha permesso di parlare.
I disordini sono partiti da una goffa operazione delle guardie che avevano mandato una squadra di una decina di agenti per prelevare un detenuto che secondo loro disturbava troppo. È stata un’operazione stupida fatta a sezione aperta. In poco tempo la situazione si è accesa e poi tutto è degenerato. Dopo aver preso il controllo di tutta la sezione, sono stati distrutti gli uffici degli agenti e incendiati i loro magazzini, poi sono state distrutte le barriere visibili che impediscono di guardare fuori. Dopo 2 ore la rivolta era fuori controllo. Non si respirava più, non si vedeva. Dopo un bel po’ non so come ma sono riusciti a buttare giù le due porte blindate che vanno sul tetto. Alcuni sono saliti e hanno iniziato a lanciare tegole sui mezzi delle guardie. Tutto ciò, tra incendi, allagamenti e ogni altra forma di azione, è andato avanti per quasi 5 ore. Poi è andata giù la linea elettrica e siamo rimasti tutti al buio. Molti erano nelle celle cercando di sopravvivere al fumo acre e tossico mischiato ai lacrimogeni. Poco dopo abbiamo visto le torce elettriche dei reparti speciali che irrompevano. Erano agenti penitenziari con armature, caschi, manganelli e scudi. Tantissimi.
Non è vero, come hanno scritto, che non ci sono stati contatti. Non hanno solo preso chi trovavano in giro. Sono entrati in ogni cella e hanno manganellato chiunque, anche detenuti anziani seduti sulla branda che non sono mai usciti dalla cella durante la sommossa. [...] Le persone hanno addosso i segni dei colpi e non sono state medicate. Tutta la sezione è un cumulo di macerie, non c’è luce elettrica, c’è ancora fumo e ceneri ovunque. Da due giorni siamo tutti chiusi nelle celle. Portano solo il vitto e le terapie più serie. Per il resto niente aria, niente docce, niente spesa, niente telefonate, niente visite mediche o scuola o incontri con psicologi / educatori. Non abbiamo più modo di comunicare e io (come tutti) siamo chiusi h24 in questo buco di cella. La cosa più assurda è che non possiamo lavarci o che siamo senza corrente elettrica. Non abbiamo luce, così dopo le 18 piomba il buio e non possiamo manco muoverci o cucinare. Durante il giorno, per via delle gelosie alle finestre, riesco a malapena a scrivere. Leggere è ormai impossibile. So che ieri è passata Ilaria Cucchi ma non c’è stato permesso di parlarci. È stato fino ad ora faticoso e non ci dicono per quanto tempo saremo costretti a questa tortura. Ci sono ancora molti, incluso me, che sono rimasti intossicati. Ho tossito catrame nero per 24 ore e non ho ricevuto alcuna assistenza. Per non parlare di quanto accaduto durante la repressione della rivolta.
I danni alle sezioni sono ingenti ma riguardano solo cancellate, finestre, porte, uffici delle guardie e magazzini. Non sono state toccate celle, infermeria, scuola e raccolta di libri. Le guardie, quando sono scappate, hanno lasciato l’ufficio di guardia aperto e perfino le chiavi sul tavolo! Grazie a quelle sono stati aperti i magazzini e i cancelli. È quasi matematico che ora inizieranno azione di rappresaglia, trasferimenti, denunce etc… Non so cosa succederà né che fine farò. Quello che per ora è certo è che vorrebbero chiudere la sezione o accorpare 4 piani in 2 (cosa insostenibile). Nel frattempo siamo chiusi come sardine senza possibilità di aria, luce, acqua. A tempo indeterminato. Sto soffrendo molto. Mi sento così perso e solo.

 



Questo che segue invece è un ultimo aggiornamento


Verso le 14 di mercoledì 2 ottobre sono partite nuove proteste all’interno della VII sezione di Regina Coeli. I detenuti sono partiti con una battitura, per poi arrivare a dar fuoco a oggetti. Al momento non si hanno altre notizie. Non ce la fanno più. Hanno trasformato in stanza persino i magazzini, senza finestre o bagno.
Nella sezione VIII le condizioni sono insostenibili. Dopo la rivolta li tengono chiusi la maggior parte del tempo, sono senza luce, quindi dopo il tramonto non si vede più nulla. Senza acqua.
La spesa la portano quando decidono loro, dipende se gli va.


Odiamo il carcere e la società che ne ha bisogno

 

25 settembre iniziativa: (NON) Morire di carcere

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Durata 7m 25s
Un anno fa, a fine settembre 2023, Mohammad Ishaq Khan veniva arrestato nel quartiere di Torpignattara, dove viveva. Otto mesi dopo, il 4 giugno, Ishaq è trovato morto nella settima sezione del carcere Regina Coeli. Aveva 27 anni.
Quello di Ishaq è il trentanovesimo suicidio in carcere del 2024, ma ad oggi sono già più di 70. Sono numeri che raccontano l’attuale situazione carceraria, tra sovraffollamento e assenza di diritti, soprattutto per le persone straniere.
 
Con la famiglia di Ishaq, che vive in Pakistan, con gli avvocat* e una rete di solidali, vogliamo fare chiarezza sulla morte di Ishaq. In attesa dei risultati degli accertamenti medici e della prosecuzione delle indagini, richieste dalla famiglia, vi invitiamo a un momento di solidarietà, confronto e dibattito, per immaginare insieme azioni collettive.
 
Mercoledì 25 settembre, Largo dei Savorgnan – Giardino Ciro Principessa
 
19:30 Cena di raccolta fondi per le spese legali con piatti saharawi dell’attivista Mohamed Dihani – gradita prenotazione al n. 3668041806 o alla mail ariannaeglev@gmail.com
 
20:30 Reading I studio “Circuito Chiuso” di Laura Garofoli e Dalila Cozzolino
 
21:00 Introduzione di Arianna Egle Ventre, regista di un progetto di film documentario collettivo su Ishaq, con la casa di produzione Antropica
 
A seguire dibattito con Cleo Maria Feoli e Andrea Dini Modigliani, avvocatə della famiglia di Ishaq, Valentina Calderone, Garante dei Diritti dei detenuti di Roma, Tamar Pitch, professoressa di filosofia e sociologia del diritto
Modera Federica Delogu del Centro di giornalismo permanente
 
Perché di carcere non si muoia, ma nemmeno di carcere si viva.

LUIGI SPERA AGGIORNAMENTI: LA SOLIDARIETA' NON SI CENSURA

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Durata 21m 32s

Con un compagno dalla Sicilia diamo alcuni aggiornamenti sulla campagna di solidarietà con Luigi e sulla censura alla quale è stato recentemente sottoposto. Facciamo un ragionamento sulla stretta autoritaria della società anche alla luce del nuovo DDL 1660.


LIBERA INFORMAZIONE CONTRO LA GUERRA!
Al Tribunale di Palermo, il 5 settembre, si è svolta l’udienza preliminare del processo che vede accusati LUIGI SPERA e altri 2 membri di ANTUDO. […] Lo Stato si è costituito parte civile per danni morali. Luigi e gli altri due di ANTUDO - già raggiunti da misure cautelari - sono stati rinviati a giudizio con le stesse accuse: atto terroristico e istigazione a delinquere solamente per aver diffuso il video di un’azione simbolica di protesta. L'udienza per il primo grado di giudizio è fissata per il 6 novembre, INTANTO Luigi resta nel carcere di Alessandria in regime di alta sicurezza e con disposizione di censura sulla corrispondenza. Invitiamo tutte e tutti a inviare cartoline a Luigi, fotografarle e pubblicarle sul proprio profilo con l'hashtag #nocensura #luigilibero, la solidarietà non si può censurare!
Firma l’appello: https://forms.gle/vUgxAbPAZ4kktemXA
Raccolta fondi per spese legali e famiglia di Luigi: https://sostieni.link/35848

https://t.me/antudoinfo

Ogni lotta aiuta un'altra lotta

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Durata 1h 27m 54s

Juan Sorroche e Anan Yaesh. Prigioniero anarchico il primo e prigioniero palestinese ricercato da Israele il secondo. Entrambi rinchiusi nel carcere di Terni. Oltre alla repressione, può anche la solidarietà intrecciare queste vicende distinte e differenti? Ne parliamo con un compagno che sta partecipando alla mobilitazione per Juan, mentre l'avvocato Flavio Rossi Albertini (difensore di entrambi) ci aggiorna sulle udienze.

Racconto della rivolta nel carcere di Trieste

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Durata 29m 31s

Torniamo a parlare delle rivolte delle persone detenute nei vari carceri del paese Italia. Oggi, con un compagno e una compagna di Trieste, parliamo della rivolta avvenuta nel carcere della città friulana avvenuta il 12 luglio scorso. Ascoltando il racconto, riflettiamo anche sulla costruzione mediatica in atto per cercare di mistificare la realtà delle rivolte di questi ultimi due mesi all'interno delle galere. Parliamo anche di CPR.

Contro ogni carcere e ogni gabbia, giorno dopo giorno. Libertà per tutte e tutti!

Buon ascolto!

Giovedì 1 Agosto : Battiture per la Libertà

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Durata 21m 42s

Una compagna dell' Assemblea di solidarietà e lotta, nata dopo la mobilitazione contro il 41 bis, l'ergastolo e al fianco di Alfredo Cospito, ci parla delle proteste nelle carceri di questi mesi che raccontano la sofferenza delle persone detenute e dell'importanza di mobilitarsi all'esterno per rompere l'isolamento.

Giovedì 1 agosto h 22.00 Ponte Garibaldi - Trastevere Roma

Incontro con un ex detenuto: esperienza personale e ragionamenti collettivi

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Durata 1h 8m 57s

Torniamo a parlare di carcere con chi il carcere l'ha vissuto: un ex detenuto ci racconta la sua esperienza personale di detenzione, la situazione vissuta, gli strumenti trovati all'interno e all'esterno di sé per affrontare la condizione di limitazione della libertà. Vogliamo abbattere le mura delle galere anche a partire dall'effetto più potente che producono, ovvero l'isolamento della persona, non solo durante il periodo detentivo ma anche quando la libertà è finalmente ritrovata.

Ragioniamo poi, con lui e tra noi, sulle ultime manovre di governo sul tema carcere.

Contro ogni carcere, giorno dopo giorno!

Buon ascolto!

Aggiornamenti rivolte carceri e focus Civitavecchia

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Durata 25m 57s

Torniamo a parlare delle rivolte avvenute nelle carceri del territorio italiano nel corso delle ultime settimane. L'estate del 2024 vede le persone detenute ribellarsi a condizioni di vita disumane e a un numero di suicidi tra la popolazione detenuta che non cessa di aumentare. Leggiamo notizie e comunicati di solildarietà sulle rivolte.

Ci dedichiamo poi al carcere di Civitavecchia: leggiamo le lettere che le persone detenute ci inviano per raccontarci com'è la situazione (cibo, sorveglianza dinamica) e come sia scoppiata anche lì una rivolta.

Libertà per tutte e tutti.

Buon ascolto!

Lettera dai Detenuti Liberi di Regina Coeli

Data di trasmissione
Durata 6m 58s

Cara Radio Onda Rossa,

Intanto grazie per l’attenzione e per dare voce a chi, come noi, si ritrova schiacciato da questo sistema insano e inumano. Questi giorni sono molto faticosi per noi. Il caldo amplifica le sofferenze che già erano insopportabili.

Senza troppo girarci intorno, quello che vi chiediamo è di aiutarci, di rendere trasparenti questi muri, mostrando alla gente i crimini commessi da uno stato che, ipocrita, pretende il rispetto delle leggi che esso stesso vìola sistematicamente restando però impunito. Vorremmo che tutti e tutte riuscissero a capire che non c’è nulla di rieducativo nel carcere. Vorremmo che si superasse la solita narrazione della prigione che garantisce la sicurezza dei cittadini. È falso. Il carcere è criminale, criminoso e criminogeno.

Oggi in Italia vivono migliaia di persone (uomini, donne, ragazzini, perfino neonati con le loro mamme) chiuse come le bestie, in celle piccolissime nelle quali si boccheggia, buttate su brande di ferro con un foglio di gommapiuma lercia come materasso. Vivono chiuse senza servizi igienici adeguati, senza una doccia, senza un luogo sano nel quale cucinare.
Quando vedete le immagini in TV della solita rivolta o dell’ennesimo suicidio, dovete sapere che di carcere si soffre fino a diventare pazzi, di carcere ci si ammala, di carcere si muore. Fuori si vive un’immagine che, per quanto negativa, non riuscirà mai a rappresentare l’oscenità del carcere.

Qui a Regina Coeli abbiamo quasi raggiunto 1200 detenuti (a fronte di 680 posti ufficiali). Col sovraffollamento è saltato tutto: le educatrici non si vedono più, molte attività sono sospese, l’area sanitaria è totalmente inadeguata, con mesi di attesa per una visita. Anche la magistratura di sorveglianza è intasata al punto che non vengono nemmeno concessi i benefici di legge. Il vitto è disgustoso e comunque insufficiente. I lavoranti sono costretti a ridividere, i pezzetti di pollo per farli arrivare a tutti. Servono quasi ogni sera, con questo caldo, un brodo immangiabile fatto con gli avanzi dei pasti precedenti. E quando la cucina non ce la fa (sta erogando il doppio dei pasti) arrivano ranci ridicoli, con un uovo sodo o due fettine sottili di formaggio. Le persone più giovani muoiono di fame, quelle più anziane o più fragili si ammalano. L’acqua corrente è sempre più scarsa. Con quell’unico rigagnolo che c’è rimasto dobbiamo lavarci, cucinare, bere, ecc.

Oltre la metà di chi è rinchiuso qui dentro non ha soldi, quindi non si può permettere i pochi e costosi prodotti che siamo autorizzati ad acquistare dal fornitore monopolista. Così, una massa di almeno 600 persone, ogni giorno deve trovare il modo di rimediare il cibo, il sapone per lavarsi, perfino la carta igienica! (te ne danno un rotolo al mese, le guardie). Poi ci sono gli insetti che ti mangiano. Due sezioni sono piene di cimici e scabbia. I topi sono ovunque.
E poi ci sono quelle maledette gelosie. Guardate bene in carcere: le vedete? Quelle lastre di ferro nero montate davanti alle finestre delle celle. Illegali da molti anni ma mai rimosse per i costi dei lavori. Non fanno passare l’aria, non passa manco la luce. D’estate, quando ci batte il sole, si infuocano. Impazzisci. Cerchi di stare lontano da quella finestra bollente, ma la stanza è piccola, e al lato opposto c’è una porta blindata chiusa. Ti senti in trappola, appiccicato agli altri, tutti insofferenti. Ti fai aria con quello che trovi, ma l’aria è troppo calda. Intorno a te tutto è caldo, come un forno. Anche il cibo che compri si deteriora velocemente perché non c’è un frigo. È una tortura, e nient’altro. Lo stato tortura migliaia di persone. Non lo diciamo solo noi, ma le decine di sentenze della Corte Europea per i Diritti Umani.

Tra noi c’è chi reagisce con forza, sbatte sulla porta, cerca di uscire almeno nel corridoio. Chi invece si lascia andare e decide di imbottirsi di psicofarmaci, dormire e non pensare (quasi il 40% dei detenuti), chi urla, chi piange, chi prega. Potremmo raccontarvi ancora tanto, ma non basterebbe un quaderno interno! Non si tratta più di riforme, decreti o disegni di legge. Qui, ora, si stanno commettendo crimini contro l’umanità. Le persone sono sottoposte a torture, trattamenti degradanti. Qui, proprio ora c’è gente che sta morendo. E non parliamo solo dei 54 suicidi dall’inizio dell’anno, di quelle 54 vite spezzate che oggi sono un numero sui giornali, ma ieri erano reali, avevano un nome, una storia, legami affettivi polverizzati dalla galera. Parliamo anche degli oltre 300 tentativi di suicidio dichiarati dal DAP, sventati il più delle volte da altri detenuti. Parliamo anche degli altri 72 morti per malattie o cause considerate naturali, ma anche quelli sono morti in carcere e di carcere.
Qui con noi c’è un anziano nordafricano. Ha 78 anni, cammina a fatica, gira spaesato. Dopo quasi 2 mesi ancora si confonde e non ricorda la sua cella. Dobbiamo aiutarlo per tutto, ha un’autonomia molto ridotta. Abbiamo fatto di tutto per segnalarlo, non può stare qui! Siamo molto preoccupati per lui. Non vogliamo che diventi l’ennesima “morte naturale”, conteggiata cinicamente tra i numeri che non contano!

Ci sentiamo soli, esclusi da una società cieca, ma capace di catalogare, marchiare ed escludere. Non si riesce a non pensare almeno una volta a farla finita. Non vuoi soffrire più. Qualche volta reagiamo, lottiamo, cerchiamo di unirci. Ma ogni protesta è sedata, repressa. In tanti hanno paura. Dopo la prima rivolta in sesta hanno spedito 15 capri espiatori nelle carceri più remote (perfino in Sardegna) facendo perdere loro la possibilità di vedere i familiari. Nonostante ciò, e nonostante il DL sicurezza, in sole 3 settimane ben 4 sezioni sono insorte, per disperazione. Ci sono stati incendi, lanci di oggetti. Almeno una volta a settimana il carcere è invaso dal fumo acre e tossico dei roghi. Dalla settima, dove stanno chiusi 23 ore su 24 (con l’ora d’aria spesso negli orari più caldi) quasi ogni sera si sentono battiture e grida di aiuto. Sentiamo ogni giorno notizie da altri penitenziari. Viterbo, Firenze, Milano, Trani, Trieste. Stesse storie, stesse proteste. A volte siamo costretti ad urlare, fare rumore, accendere fuochi. Vogliamo farci sentire, vogliamo essere considerati vivi perché, per quanto ci vogliano zitti, fermi, passivi, noi non siamo ancora morti!

Siamo esseri umani come voi. Alcuni hanno sbagliato, altri sono innocenti, altri ancora li hanno resi “sbagliati” con leggi liberticide che hanno creato reati dove non ce ne sono.

Siamo qui, davanti a voi, dentro Regina Coeli, dove subiamo torture, maltrattamenti, umiliazioni, trattamenti degradanti. Questo succede davanti a voi, proprio adesso. Il nostro è un grido d’aiuto, aiutateci a resistere e ad esistere!


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