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Carcere

Lettura di una lettera dal carcere

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Ci vediamo oggi, giovedì 17 luglio, alle 18 al faro del gianicolo per un saluto ai prigionieri. Di seguito il testo della lettera:

 

Con orgoglio ed amarezza nel cuore, scrivo queste frasi nella consapevolezza della nostra situazione…

Non pensavo potesse essere, a volte, così difficile esternare i nostri pensieri, in qualche modo dargli vita su carta, esprimere in toto o in parte, quello che di buono o di cattivo ci passa per la testa… Però una cosa qui l’ho cercata e sono riuscito a trovarla in me stesso, la giusta forza ed il giusto equilibrio che servono al mio cuore, alla mia mente ad al mio corpo, per cooperare e per far sì che tutto ciò potesse concretizzarsi. Il mondo visto da qui, la percezione che hai stando qui dentro ha sicuramente un impatto molto forte su di noi…

La vita vissuta qui dentro , ha tutta una sua relatività, ha un suo palcoscenico e noi, ignari di molti aspetti, ci ritroviamo a recitare la più brutta delle scene che si possano attraversare nella vita. Il copione non cambia è statico, monotono, sembra quasi un ciak che si ripete giorno dopo giorno, ma mai con una scena che vada bene… Non è mai stata la mia ambizione, questo è chiaro, ma da qualche mese a questa parte, ho voluto provare a fare io il regista, cercando di non essere solo una banale comparsa per far si che, quanto meno, il questa brutta ed orrenda vicenda, qualche scena potesse anche essere presa per buona. Escluso, ma non del tutto, l’inizio un po’ teatrale, poetico, profondo o sentimentale che sia, vorrei, o quanto meno, proverò a farvi capire quanto sia importante/vitale il sostegno delle persone che ti sono vicine in questa situazione… Sapete come ci si sente a vivere così? Ti senti come un dannato, del peggior girone infernale che possa aver mai raccontato il grande Dante Alighieri… La tua testa, la tua anima con essa, è come essere risucchiati da un buco nero, ad un certo punto c’è un buco nero e basta… Non hai uno scopo, non ti senti stanco, non riesci a concentrarti. Non ti senti utile… Più scappi da tutto ciò, più il buco nero si avvicina, sempre lì pronto ad inghiottire ogni minimo sentimento buono che riesce ad uscire… Chi l’avrebbe mai detto che… Un po’ di cemento unito ad un po’ di ferro, potesse fare tutto ciò… Se proprio volete saperlo, non sto qui a scrivere queste cose per autocommiserazione o per vittimismo, vi sto solo raccontando la nuda, cruda e triste verità. Voi da fuori fate molto, lo so, ma credetemi rapportato, paragonato al dolore, le mancanze, la perpetua sofferenza che si vive qui, è poca cosa… Non sentitevi sminuiti o offesi, capito o provate a farlo, di assimilare, far propria l’essenza di queste brevi ed umili frasi. La vostra giornata tra alti e bassi scorre, in qualche modo diversificate le giornate, fate molte cose, insomma bene o male passa… ED IL NOSTRO OROLOGIO INVECE? SI È ROTTO? SIAMO FORSE NOI LE PILE DIFETTOSE? C’È IL MALEDETTO TEMPO A NON VOLERNE SAPERE DI DARSI UNA MOSSA… Potreste pensare che esagero, che sono diventato un poeta, un recitatore per l’occasione, se fosse così vi sbagliate… È purtroppo la dura e triste verità di questa condizione… Ho provato ad accanirmi con il destino, con Dio, cercando disperatamente di chiedergli se potevano sottrarmi a questo incubo… Non ho avuto risposta… E se nella vita sei talmente disperato da arrivare addirittura a chiede agli stessi che ti mandino qualcosa di brutto per arrivare comunque ad uscirne, indovinate un po’: nessuna risposta neanche lì… Tutte queste parentesi e virgolette che si possano chiamare, le ho fatte alla fine per dire che nella vita non sempre puoi chiedere e tanto meno togliere o aggiungere qualcosa. Questa cazzo di vita molto spesso fa da sé.

Ogni nostro pianto, sfogo, ogni nostra azione o manifestazione è un grido disperato di attenzione che vi rivolgiamo. Quando venite a trovarci fate strada, sacrificate le vostre giornate, magari rinunciando a cose belle e divertenti che potete fare… Per questo vi siamo grati, ci mancherebbe…. Noi a cosa rinunciamo invece? Rinunciamo alla nostra libertà, alla nostra dignità, alla nostra felicità, al nostro tempo, alle nostre famiglie, ai nostri amori, amici, ai nostri doveri o piacere, al nostro tutto… Devastati, azzerati, distrutti da un sistema che una logica, una morale, una lealtà, una vera giustizia non l’hanno e non l’avranno mai… Vorrei solamente ricordarvi, a voi che siete là fuori, che un piccolo sacrificio o una rinuncia che possiate fare nella vostra vita, è essenziale/vitale per noi che siamo qui… Siete la nostra ancora di salvezza, il nostro salvagente, senza di voi sprofonderemmo nel più brutto, profondo e scuro degli abissi che la vita ha da offrire. Riflettete su tutto ciò ed ogni buona azione che fate, fatela perché ci amate, non per compassione…

 

Roma: presidio carcere e cpr

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In collegamento telefonico un compagno dell'Assemblea di solidarietà e lotta di Roma racconta il quadro complessivo in cui si inseriscono i seguenti appuntamenti: 

Giovedì, 17 Luglio, 2025 - 18:00 al Faro del Gianicolo - Regina Coeli 
Venerdì, 25 Luglio, 2025 - 18:00 di fronte le mura del Cpr di Ponte galeria

 

Aggiornamenti Tarek: trasferito in quarta sezione

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Diffondiamo degli aggiornamenti riguardo la vicenda di Tarek

Tarek è stato condannato in primo grado da una giudice a 4 anni e 8 mesi, con rito abbreviato, per il reato di resistenza.
L'appello è stato fissato per il 21 novembre.

Regina Coeli, il carcere  in cui si trova, è in uno stato di sovraffollamento tale che, negli ultimi giorni, Tarek è stato trasferito nella quarta sezione, in una stanza che prima era adibita a spazio di socialità e che ora è stata trasformata in una cella, semplicemente aggiungendo quattro brande. In queste condizioni, lui e i suoi compagni di cella non hanno neanche la possibilità di farsi la doccia, se non previa autorizzazione della guardia, cambiando piano. E' da più di un anno che le persone recluse dentro il carcere di Regina Coeli protestano contro le condizioni sempre peggiori del penitenziario e per la libertà.

Nelle settimane precedenti sono state organizzate alcune iniziative di solidarietà per Tarek, sia per raccogliere soldi sia per scrivergli lettere. Ha ricevuto le lettere, sia da Napoli che da Roma, e questo gli ha fatto senz’altro piacere.

Mandiamo un saluto a Tarek, ai detenuti liberi di Regina Coeli e a chiunque sia privat* della propria libertà.

Approfondisci su

Terni per la Palestina

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Oggi 18\06\2025 si tiene a Terni il quinto presidio settimanale degli ultimi mesi per sostenere la resistenza Palestinese, contro lo stato terrorista di Israele e le sue forme coloniali e sioniste. Un compagno del Coordinamento ternano per la Palestina ci racconta come sono andate queste piazze e quali saranno i prossimi passi di solidarietà, inoltre ci aggiorna sulla rivolta nel carcere di Spoleto e Terni; in quest'ultimo è detenuto anche Anan Yahaeesh di cui diamo aggiornamenti rispetto al suo processo in quanto resistente palestinese. 

 

Mezzoradaria - tramissione anticarceraria di Radio Città Fujiko di Bologna

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Riprendiamo la puntata del 26 aprile 2025 di MEZZORADARIA (https://www.mezzoradaria.com/), tramissione anticarceraria di Radio Città Fujiko di Bologna.

Durante la puntata, sentirete l'intervista alla famiglia di Wissem, ragazzo tunisino sbarcato a Lampedusa nel 2021, rinchiuso in CPR e morto due mesi dopo legato a un letto di contenzione nel reparto psichiatrico dell’ospedale S. Camillo di Roma.

Lettera dai detenuti di Regina Coeli

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Diamo lettura di una lettera che abbiamo ricevuto da parte dei detenuti liberi di Regina Coeli


Cara Radio Onda Rossa,

è un po’ che non vi scriviamo, ma sentiamo ogni giorno il vostro affetto nei saluti che ricordano frequentemente chi è privato/a della libertà personale. Ci teniamo a festeggiare con voi i 48 anni di attività e e lotte e saremo con voi il 23-24-25 Maggio col cuore.

Avremo tanto da raccontarvi e la situazione a Regina Coeli è peggiorata ancor di più negli ultimi mesi. Intanto, in barba alle tante promesse del ministro Nordio, la popolazione detenuta è salita a 1060, a fronte di 570 posti effettivi e di un’intera sezione chiusa dopo l’incendio di settembre 2024. Una enorme quantità di corpi ammassati in celle piccole, fatiscenti, tra ratti, insetti, cimici e pidocchi. Inoltre una circolare del DAP di 2 anni fa, rispolverata ad arte 3 mesi fa, ha imposto la chiusura di tutte le celle, sopprimendo la già insufficiente sorveglianza dinamica. Siamo tutti chiusi e viviamo giorno e notte schiacciati in queste celle. Possiamo solo scendere nell’ora d’aria in un lugubre cortiletto di cemento con alti muri su ogni lato. Molte delle attività che c’erano, sono state compromesse. Anche la scuola, servizio obbligatorio per l’Amministrazione Penitenziaria, ormai salta in diverse sezioni: oltre alla settima dove non è mai stata attivata, adesso anche in prima, seconda e quarta sezione l’aula scolastica è spesso occupata dai nuovi arrivi, detenuti gettati sui materassini di gommapiuma, a terra, senza doccia, senza acqua calda, senza una sedia per mangiare.
L’imperativo è chiudere tutti, per gestire un’emergenza ingestibile.
Solo tre giorni fa c’è stata l’ennesima rivolta (in terza) con battiture, incendi e lanci del vitto rancido. È l’esasperazione di chi, in questi buchi, sta perdendo la testa, di cui non riesce più a sopportare questa tortura.
Intanto Antigone ha denunciato sull’ultimo rapporto che l’uso di psicofarmaci a Regina Coeli ha raggiunto una cifra impressionante: l’88% dei detenuti (record nazionale). Per sopravvivere non hai alternative. Ti devi spegnere, non pensare, anestetizzarti per non soffrire. La sofferenza è ciò che meglio esprime il nostro sistema carcerario. Nulla di rieducativo. Nessuna prerogativa di sicurezza sociale. È lo Stato che si abbatte sulle vite con tutta la sua violenza, e infrange le stesse regole che dovrebbe far rispettare. E reprime qualsiasi iniziativa, fino a a colpire esperienze virtuose come il giornalino. Le scene alle quali assistiamo quotidianamente sembrano quelle di un girone dell’inferno: sono decine le persone che si tagliano, ingoiano lamette, compiono gesti disperati anche solo per avere una coperta, per essere visitati da un medico o poter sentire i propri cari.
Tutto il sistema si è adattato alle condizioni disumane e tende alla semplice sopravvivenza. Le attività trattamentali sono quasi scomparse, così come il lavoro esterno: solo due detenuti su 1060 hanno ottenuto l’articolo 21, la possibilità di un lavoro vero. Il lavoro intramurario è invece una schiavitù mascherata: contratti di 2-3 ore al giorno per almeno 8 lavorate (e non pagate) e se ti lamenti, perdi il posto.
Poche settimane fa il Tribunale di Roma ha condannato per la terza volta l’Amministrazione Penitenziaria per sfruttamento e mancata applicazione dei contratti collettivi, ma la cosa non sembra scalfire il sistema. Ora le ore in più sono dichiarate come “volontarie”. Il personale è insufficiente, si sa. Ma negli ultimi tempi qui ci sono state notti con 5 agenti per tutto il carcere. Dopo le 23 siamo abbandonati nelle sezioni e, se succede qualcosa, possiamo solo urlare e battere fino a che qualcuno sente. Mediamente ci vogliono 30-40 minuti. Tra tutte le storie vogliamo raccontarvi quella di Paolo, un signore di 62 anni, diabetico e cardiopatico. Quando è entrato non c’era posto, così è finito su una di quelle “terze brande” montate sopra il letto a castello. (Abbiamo misurato che è a 2,20 metri d’altezza). Pochi giorni dopo il suo arrivo Paolo ha avuto una crisi ipoglicemica in piena notte e verso le 5 di mattina è precipitato a peso morto dalla branda.

L’impatto è stato violento e Paolo non si muoveva. Abbiamo iniziato a urlare tutti, a battere. Non c’erano agenti. La sorveglianza è arrivata un’ora dopo, ma mancava il personale sanitario, così Paolo viene solo segnalato, coperto con una coperta di lana e lasciato lì a terra. Solo alle 8:30 è arrivato un medico che ha constatato la gravità e chiesto l’intervento dell’ambulanza (3 ore ½ mezza dopo la caduta!).
Alle 9:30 è arrivato il personale del 118 che ha immobilizzato Paolo e l’ha portato via. In ospedale vengono diagnosticate la frattura del bacino, la frattura di due vertebre e vari traumi. Da oltre un mese Paolo è immobilizzato a Regina Coeli, presso il centro clinico.
È solo un esempio di ciò che capita quotidianamente. Una mattanza che si unisce ai casi di autolesionismo e ai suicidi che ormai sembrano non fare più notizia.
Tra questi vogliamo ricordare Emanuele, un ragazzo di soli 19 anni suicidatosi poche settimane fa dopo aver ottenuto il trasferimento in comunità. Era un ragazzo fragile, soffriva, ma chi doveva e poteva aiutarlo non ha mosso un dito, nonostante i tanti segnali che tutti avevamo davanti. Emanuele è oggi un numero in un elenco, una statistica. Perché chi è in carcere diventa invisibile, perfino quando muore.
Come se tutto questo non bastasse, il carcere sta diventando un contenitore sociale nel quale sperimentare la brutalità delle politiche liberticide e repressive, vanto di questo governo.
Solo negli ultimi giorni sono arrivate circa 30 denunce per rivolte e proteste, sparando nel mucchio. Si rischiano pene molto alte per fatti che, fino a poco tempo fa, avrebbero prodotto al massimo un rapporto disciplinare. A questo si aggiungono le espulsioni sommarie. Vengono a prendere persone che hanno già scontato la pena, prossime alla liberazione. Come Ismael, un ragazzo senegalese di 27 anni che era in Italia da quando aveva 12 anni. Aveva i fratelli qui, era inserito, lavorava e aveva una casa. Aveva scontato la sua pena ma mercoledì, a pochi giorni dalla sua liberazione, lo hanno prelevato e caricato su un volo per Dakar con un foglio d’espulsione. Un trofeo in più per Piantedosi da postare sui social.
Per quanto un pezzo di sinistra si sforzi ancora per pensare ad un carcere più umano e cerchi di convincersi della necessità di avere luoghi di detenzione, noi crediamo che l’unico carcere buono sia quello che non esiste. Dobbiamo tornare ad investire sull’utopia di una società senza gabbie, immaginando un nuovo Basaglia per le galere.


Perché nessun errore, nessun danno può trovare soluzione nella cattività, nell’umiliazione, nell’abbrutimento dell’essere umano. In carcere si muore e basta. Muore il bello che c’è in noi. Muore la voglia di vivere. Muoiono le relazioni. Muore il nostro presente e il nostro futuro. Muoiono i nostri corpi.
Per questo vi chiediamo aiuto. Aiutateci a far aprire gli occhi a chi è fuori. A rendere trasparenti questi muri.
Non vogliamo spegnerci qui dentro!

Grazie ancora per la vostra vicinanza e buona lotta!

(Seguono diverse firme di detenuti)


Detenuti liberi Regina Coeli

"Carcere ai Ribell3": Mamme in piazza per la libertà di dissenso

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Presentiamo il libro "Carcere ai ribell3", scritto dalle donne del gruppo Mamme in piazza per la libertà di dissenso.

Con una delle "mamme" ripercorriamo alcune storie di compagn* e attivitst* che hanno incontrato il carcere nel loro percorso di lotta; raccontiamo delle pratiche di solidarietà portate avanti dalle "mamme" in sostegno dei/delle figli/e e delle persone detenute in generale a cui hanno portato solidarietà in vari modi: dai presidi alla corrispondenza, fino alla donazione di beni richiesti dalle donne detenute del carcere Lorusso e Cutugno di Torino.

Il gruppo delle Mamme in piazza per la libertà di dissenso, dopo aver conosciuto attraverso le/i figlie/i la realtà della repressione della lotta politica e la brutalità fisica e psicologica del carcere, incontra il pensiero abolizionista e inizia a interrogarsi sulle alternative alla carcerazione.

Condividiamo con una delle "mamme" la soddisfazione per l'esito della sentenza del processo contro l'Askatasuna e riflettiamo insieme sulle prospettive della repressione dopo l'entrata in vigore del cosiddetto "nuovo pacchetto sicurezza" (ex DDL 1660, approvato alla Camera con il numero 1236) e del cosiddetto "DDL femminicidio".

Link al libro:

https://multimage.org/libri/carcere-ai-ribell3/

Il costo è di 12,00€, benefit per sostegno a persone private della libertà.

 

Giornata delle Persone Palestinesi Imprigionate

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Abbiamo parlato con Maria, parte di un collettivo di solidarietà in Palestina, sulla "Giornata delle Persone Palestinesi Imprigionate" organizzata alle Cagne Sciolte insieme a The Sameer Project, per parlare con la giornalista Cecilia Dalla Negra e rappresentanti dei Giovani Palestinesi Roma sulle carceri sioniste come forma di controllo sociale del popolo palestinese.

 

A continuazione l'invito:

La lotta contro la carceralità: una prospettiva femminista e abolizionista 

Rispondiamo all’appello urgente lanciato da Addameer, denunciando la brutalità senza precedenti che vige nelle carceri sioniste dall’inizio del genocidio.

Ci riuniamo per approfondire i temi della carceralità, del colonialismo di insediamento e della lotta femminista palestinese, per cogliere le intersezioni e per imparare lɜ unɜ dallɜ altrɜ. 

Giovedì 17 aprile, alle ore 19:30, Cagne Sciolte (Via Ostiense 137).

 

Intervengono:

Cecilia Dalla Negra

Giovani Palestinesi Roma

 

Raccolta fondi in solidarietà con The Sameer Project

Rivolta al carcere di cassino

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Veniamo aggiornati di una rivolta al carcere di Cassino. La causa sembra essere il fatto che una persona detenuta non ha ricevuto la terapia di cui aveva bisogno. Seguiranno aggiornamenti.