Estrattivismo dei dati
PARTE 1 — Dentro l’occhio di Palantir
Oggi entriamo in una storia che parla di potere, tecnologia e sorveglianza.
Parliamo di Palantir, una delle aziende più influenti e opache del nostro tempo.
Una società che non produce hardware, non gestisce social network, non vende pubblicità.
Vende qualcosa di più profondo: il modo in cui i dati vengono visti, correlati, interpretati.
Le sue piattaforme — Gotham, Foundry, Apollo — sono usate da governi, polizie ed eserciti in tutto il mondo.
Non possiede i dati, ma decide come vengono incrociati: spostamenti, transazioni, reti sociali, video di sorveglianza, immagini satellitari.
Quando una piattaforma ha accesso infrastrutturale ai sistemi che governano una società,
chi controlla veramente lo sguardo?
Perché chi costruisce l'infrastruttura non è neutrale.
Decide quali relazioni sono significative, quali anomalie sono sospette, quali pattern meritano un intervento operativo.
La domanda che torna, e che ci accompagnerà per tutta la puntata, è semplice solo in apparenza:
Chi può vedere cosa, e con quale legittimazione democratica?
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PARTE 2 — Con Michele Mezza: calcolati e calcolanti
Su questo punto ci raggiunge oggi in collegamento Michele Mezza, giornalista, studioso dei media e autore del libro “Algoritmi di libertà. La potenza del calcolo tra dominio e conflitto”.
Con lui vogliamo esplorare un’idea fondamentale:
la distinzione tra calcolati e calcolanti.
In un mondo governato da piattaforme come Palantir, Google o le grandi aziende di cloud, la società tende a dividersi in due:
- chi subisce il calcolo, cioè chi viene tracciato, profilato, categorizzato;
- e chi esegue il calcolo, cioè chi possiede la capacità di vedere tutto, di correlare tutto, di anticipare comportamenti e orientare decisioni.
Questo squilibrio non è solo tecnologico: è politico.
Perché non riguarda cosa sappiamo, ma chi può sapere.
Che spazio resta per il conflitto democratico,
per la negoziazione sociale,
per i diritti fondamentali?
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PARTE 3 — L’Europa e il Digital Omnibus: quando la semplificazione diventa amnesia
E mentre discutiamo di questi poteri algoritmici, dall’Europa arriva una notizia che si incastra sciaguratamente in questo scenario.
La Commissione europea ha presentato il Digital Omnibus,
un grande riordino delle norme digitali che, almeno sulla carta, vuole semplificare e rendere più efficiente l’architettura regolatoria europea.
Ma dietro la parola “semplificazione” si nasconde un cambiamento molto più profondo.
Per la prima volta, l’UE sposta il centro della sua sovranità digitale:
* dai diritti alla gestione del rischio;
* dalle garanzie alla standardizzazione;
* dalla protezione dei dati all’efficienza amministrativa.
Una delle modifiche più delicate riguarda proprio la definizione di dato personale.
Nel GDPR era semplice: un dato è personale se può identificarti, punto.
Con il Digital Omnibus diventa:
- un dato è personale solo se l’attore che lo usa ha i “mezzi ragionevoli” per identificarti.
Sembra un dettaglio tecnico.
In realtà è una rivoluzione.
Vuol dire che la protezione dei dati non è più uguale per tutti.
Dipende dalla potenza computazionale dell’attore che li tratta.
Più tecnologia hai, più sei libero di dire che quel dato "non è personale".
È esattamente il contrario dello spirito del GDPR.
È un mondo in cui i calcolanti — le piattaforme, le big tech, gli apparati di sorveglianza — ottengono più margini di manovra.
E i calcolati — noi — vedono restringersi i propri diritti.
È un’Europa che rischia di perdere sé stessa,
che passa dalla difesa dei diritti alla gestione tecnica delle eccezioni,
che parla il linguaggio della velocità invece di quello delle garanzie.
Ed è qui che il cerchio si chiude:
il caso Palantir,
le riflessioni di Mezza,
e il Digital Omnibus
ci mostrano la stessa trasformazione.
La politica non decide più cosa si può fare:
decide come amministrare quello che è già stato deciso dai sistemi.

