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Rebibbia

Voci dal e sul Carcere

Data di trasmissione
Durata 1h 1m 32s

Corrispondenza dal presidio sotto il carcere di Rebibbia. Leggiamo la lettera di una detenuta nel penitenziario Le Vallette di Torino e un importante articolo del gruppo Mamme in piazza per la libertà di dissenso. Riflettiamo insieme sull'estate pesante appena passata e sui tanti suicidi avvenuti nelle carceri italiane.

30 agosto presidio sotto Rebibbia

Data di trasmissione
Durata 9m 44s

Mercoledì 30 agosto
ore 18
Presidio davanti al carcere di Rebibbia
(appuntamento lato maschile - via Elena Brandizzi Gianni)

Durante questa estate, forse approfittando della distrazione vacanziera dei più, molte delle guardie penitenziarie sotto processo per vari episodi di torture, a Torino come a Santa Maria Capua Vetere, sono tornate in servizio. A deciderlo sono stati i giudici competenti dei singoli procedimenti in cui sono imputate.
Riandando con la mente alla mattanza dell’aprile 2020 a S.M.C.V. ci preme inoltre ricordare che, a seguito di quelle brutali violenze di massa, ben 3 persone  detenute sono decedute: Vincenzo Cacace e Fakhri Marouane, due tra i prigionieri che hanno denunciato le torture, e Lamine Hakimi dopo più di un mese di isolamento da quel maledetto aprile.

Quando fuori dalle carceri la vita si fa giorno dopo giorno più dura, chi è detenuto ha maggiori difficoltà a ricevere un sostegno dalle persone care. I pacchi alimentari, per esempio, si riducono di quantità e qualità. Per non parlare, poi, di quante persone imprigionate non hanno alcun sostegno poiché prive di una rete familiare o comunque affettiva.
Da lungo tempo chi è detenuto/a nel carcere di Rebibbia, denuncia la qualità scadente del cibo e i costi enormi del sopravvitto. Ma, nonostante ci sia un’indagine in corso, nei fatti nulla è cambiato.

Ad inizio agosto un detenuto, come riportato all’interno dei pochissimi articoli che ne hanno parlato, ha scelto di protestare contro le condizioni di detenzione salendo su una gru presente all'interno del carcere di Rebibbia.
Mentre scriviamo, veniamo a conoscenza del suo trasferimento punitivo nel carcere di Teramo solo perché i giornali del luogo hanno scelto di parlarne a seguito del suo tentativo di togliersi la vita.
Nessuno ha voluto davvero approfondire i motivi della sua protesta e cosa c’è dietro questo ennesimo “tentato suicidio”.

Guardando agli ultimi 3 anni, ben 3 ministri della giustizia di diversa bandiera stanno perpetrando lo stesso lavoro di feroce annientamento.
Dalle stragi e le torture di massa alle morti di carcere quotidiane.

Non permettere che il carcere venga raccontato come una bolla separata dal resto, fare da megafono a chi è privato della libertà, farci sentire fuori da quelle mura anche durante quest'ennesima estate bollente, è necessario.

Casale Alba2 Festeggia 10 anni

Data di trasmissione
Durata 12m 8s
 Il 2-3-4 dicembre  FESTA DEI 10 ANNI del Casale Alba 2
 
Venerdì 2 - Cena e film (dalle h 20.00)
Sabato 3 - Cena e musica con Los Perros Mojados e Dj's Choice, aka The Rebel (dalle h 19.30)
Domenica 4 - Pranzo, dibattito con Zerocalare e musica (dalle h 12.30)
 
Ne ripercorriamo la storia le lotte le vittorie con un compagno del Casale

Patrie galere

Data di trasmissione
Durata 1h 10m 55s

PLAYLIST

https://open.spotify.com/playlist/2fmzEIqZOS5wW1vHBGnDpL?si=82a738ae1fa…

 

SCALETTA

Davide Ambrogio - Canto dal Carcere

Ardecore - La Povera Cecilia

Daniele Silvestri, Rancore, Manuel Agnelli - Argentovivo

Kaos - Prison Break (arkham escapology)

Kento, Giovane Werther - Barre da chiudere

99 Posse, Daniele Sepe, Valerio Jovine - Morire tutti i giorni

Onda Rossa Posse - Omaggio a Sante

24 Grana - Kanzone su un detenuto politico-  (A Franca e Antonio)

Chet Baker - Motivo su Raggio di Luna

A Rebibbia salgono a 34 i prigionieri positivi al Covid. Proteste e sciopero della fame.

Data di trasmissione
Durata 11m 23s

A Rebibbia Nuovo complesso i positivi al Covid sono saliti ieri a 34, di cui 5 ricoverati in ospedale. Da lunedì i detenuti hanno iniziato lo sciopero della fame e ieri mattina hanno iniziato a danneggiare le loro stanze detentive. Facciamo il punto della situazione con una compagna.

Sulle morti a Rebibbia

Data di trasmissione
Durata 11m 42s

In collegamento telefonico con una parente di un detenuto a Rebibbia parliamo della situazione all'interno del carcere e delle ennesime morti di Stato.

A seguire un comunicato della Rete Evasioni.

https://www.inventati.org/rete_evasioni/?p=3664

LA CONTA

“Già 22 detenuti suicidi dall’inizio dell’anno 2020…”,
“…sottolinea come questo sia l’ottavo decesso in un carcere del Lazio nel 2010, il terzo per suicidio”.

Questi gli incipit degli articoli, per altro pochissimi, seguiti alla morte di un uomo nel carcere di Rebibbia.
Nel carcere la conta è una prassi che vede i secondini, più volte nella giornata, presenti nella sezione e impegnati nell’odioso compito di contare le persone detenute.
Quelle vive, però…
Evidentemente questa attività trova la sua continuazione anche nella “conta” dei morti di carcere.
Perché, lo affermiamo per l’ennesima volta, quelle morti non possono essere annoverate nella categoria dei suicidi. Troppo comodo delegare il tutto alla volontà soggettiva. Troppo utile, troppo in odor di alibi.

Le morti in carcere sono dovute alla condizione di prostrazione psico-fisica a cui il sistema carcere induce. Una condizione che chiunque abbia vissuto la galera sulla propria pelle conosce molto bene e che non sempre si riesce a superare.
Una condizione che, per altro, è abbondantemente prevista dagli stessi operatori interni (guardie e non solo), visto che il primo colloquio di ingresso avviene con la figura dello psicologo il quale (con la freddezza e l’insensatezza tipica dei protocolli) ti chiede “Hai intenzioni suicidarie?”.
E parliamo della condizione detentiva “normale”, quella cioè non ulteriormente influenzata da contingenze particolari quale, per esempio, quella attuale data dall’emergenza Covid.
Persone detenute trattate come sempre (perché anche questa è prassi del sistema carcerario) da infanti, a cui non dare alcuna spiegazione su quanto stesse accadendo, salvo improvvise comunicazioni di interruzione dei colloqui con i propri affetti. Le uniche notizie erano quelle diffuse attraverso i canali televisivi e chiunque può ravvisare quanto elevato fosse il livello di paura che causavano.
Ci sono volute le rivolte di marzo, legittimamente rabbiose perché spinte dalla autodifesa a salvaguardia della propria vita, a far sì che ci fosse una parvenza di presa in carico da parte delle istituzioni, governative e sanitarie, della salute delle persone detenute.
Tutto colpevolmente tardivo, tutto colpevolmente superficiale.
Tavoli di confronto e discussione istituzionali sul come organizzare le patrie galere e come intervenire per prevenire la diffusione del contagio, dai cinici titoli tipo #iorestoincarcere, hanno avuto alla fine come unico risultato alcune sezioni destinate a reparti Covid, in cui isolare le persone contagiate.
Non bisogna per forza essere anarchici estremisti per porsi la banale domanda “se svuotano un reparto per destinarlo alle persone contagiate, non si causerà inevitabilmente un affollamento degli altri?”
Ma è l’identico, perenne, futile giochetto a cui con tanta solerzia si dedica il DAP: le patrie galere come un’enorme scacchiera sulla quale spostare le pedine da un quadrato ad un altro, senza che nulla accada.
“Tutto cambia perché nulla cambi”.

Chi ha deciso di andarsene dalla galera Rebibbia, nell’unico modo che ha ritenuto in quel momento possibile, era in isolamento sanitario e non sappiamo né mai sapremo cosa davvero l’ha spinto a quell’estremo gesto.
Eppure non è necessario chissà quale particolare sforzo intuitivo (se ancora proviamo anche solo empatia) per comprendere la condizione emotiva in cui poteva versare, considerato per altro la procrastinata chiusura dei colloqui e, più in generale, di qualsiasi entrata dall’esterno, fatto salvo di chi con il carcere ha garantita la propria sopravvivenza economica, operatori e secondini.

Un tempo si parlava di istituzioni totali di cui il carcere ne era degno rappresentante.
Oggi il linguaggio democratico sembra aver epurato il proprio vocabolario da definizioni così inequivocabili.
Quella sostanza per noi resta ed è irriformabile.
Ogni morte in carcere non sarà mai da noi annoverata tra i suicidi.
Le vostre “conte” ci fanno ribrezzo e mai le dimenticheremo.
L’unica sicurezza è la libertà!

Rete Evasioni