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referendum

Italian* senza cittadinanza

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Con Daniela Ionita, Presidente e portavoce del movimento "Italiani senza cittadinanza", apriamo una riflessione sul tema della cittadinanza, in vista del referendum dell'8 e del 9 giugno. Il quinto quesito mira a ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza necessari per richiedere la cittadinanza. 

Promuoviamo la cittadinanza

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La trasmissione affronta il tema della cittadinanza negata alle e agli studenti della scuola italiana: ne parliamo in due corrispondenze, la prima con una studente senza cittadinanza e la seconda con una maestra dell'istituto comprensivo Salacone, plesso Pisacane, che ci illustrano le diverse forme di marginalizzazione che devono affrontare le e gli studenti senza cittadinanza. Gli appelli per il voto al referendum sulla cittadinanza dell'8 e 9 giugno.

Concludiamo la trasmissione trattando una serie di episodi esemplificativi del clima di esaltazione delle forze armate all'interno delle scuole italiane.

Italian* a chi? Sul referendum sulla cittadinanza

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Uno spazio redazionale sul tema della cittadinanza.

In vista della consultazione referendaria dell’8 e 9 giugno 2025 in cui è previsto un quesito che mira a ridurre da dieci a cinque gli anni di residenza necessari per richiedere la cittadinanza diamo voce a chi sta animando la campagna per il referendum e, più in generale, a chi vive sulla propria pelle la violenza amministrativa dello stato. Molti gli argomenti: la legge attuale sulla cittadinanza, i cambiamenti proposte e le conseguenze, più in generale una lettura transfemminista intersezionale dei temi di cittadinanza e nazione, una riflessione sul privilegio bianco all'interno dei movimenti.

Ne abbiamo parlato con esponenti di Lunaria, Questa è Roma, Dalla parte giusta della storia, Movimento Italiani senza cittadinanza, altr* compagn* che vivono in Italia senza cittadinanza e Legal Clinic di Roma 3

I comitati contro ogni autonomia differenziata sulla sentenza della Corte

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ieri la Corte costituzionale ha diffuso un'anticipazione di una sentenza che dichiara incostituzionali sette aspetti, molto rilevanti, del ddl Calderoli.

Sentiamo Franco Russo dei Comitati contro ogni autonomia differenziata che oltre a analizzare l'intervento della Corte sottolinea l'importanza di proseguire la mobilitazioni e di arrivare al referendum abrogativo di un ddl che anzitutto cancella i diritti sociali

L' "autorevole severità" della scuola

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Nella prima parte della trasmissione, facciamo il punto sull'iter dell'autonomia differenziata con Marina Boscaino.

Sentiamo poi una studente degli Studenti Autorganizzati Fiorentini, in vista della manifestazione del 25 ottobre.

Infine, un commento in sul suicidio di uno studente di 15 anni a Senigallia e sulla mancanza di un'educazione sesso-affettiva nelle scuole.

Salviamo Firenze: bocciati i referendum popolari

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Fermato dalla giunta Nardella l'iter istituzionale dei referendum comunali “Salviamo Firenze”, pensati per  limitare la possibilità per gli studentati di fare attività turistico ricettiva e rendere più difficile  cambiare la destinazione d’uso di immobili usati per servizi pubblici. Il sindaco ha preferito dichiarare al comitato di saggi a cui spettava l'approvazione dei quesiti che avrebbe inglobato le istanze dei comitati referendari nel piano urbanistico cittadino piuttosto che aprire il dibattito in una città che sta subendo un'ondata di costruzioni di lusso.

I comitati referendari continueranno comunque la lotta.

Ne parliamo con Francesca Cavarocchi di Firenze Città Aperta

USA: si è deciso l’esito di ben 132 referendum

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Come spesso accade, durante le elezioni americane i cittadini sono chiamati a votare anche su una serie di referendum che possono avere un importante impatto sulla società. Lo scorso 8 Novembre si e’ deciso l’esito di ben 132 referendum distribuiti in 37 stati. Alla fine del 2022 gli Americani si saranno espressi su ben 140 referendum.

In queste ultime elezioni, i media si sono soprattuto concentrati sui 5 referendum dedicati alla questione aborto. In tutti e cinque i casi, il voto ha confermato che la maggioranza dei votanti vuole mantenere l’accesso all’aborto legale. In Michigan, Vermont e California il diritto alla libertà riproduttiva e’ diventato costituzionale. Mentre in Montana e’ stata sconfitta la proposta di riconoscere lo statuto di persona al feto. Per finire, in Kentucky non e’ stato approvato un emendamento alla costituzione dello stato che avrebbe negato il diritto all’aborto. A questi cinque referendum bisogna aggiungere quello votato in Kansas lo scorso Agosto. Anche in quel caso, la proposta di approvare un emendamento alla costituzione che avrebbe proibito il riconoscimento di un diritto all’aborto e’ stata sonoramente sconfitta. 

Un’altra questione su cui spesso gli americani sono chiamati a votare nei referendum è quella della droga. Non e’ un caso che dei 19 stati in cui l’uso della mariuana a scopo ricreativo e’ legale, 13 l’abbiano legalizzato proprio attraverso questo tipo di referendum. Quest’anno si e’ votato in cinque stati, ma solo in Maryland e Missouri il referendum e’ stato approvato, mentre in Sud and Nord Dakota e Arkansas i no hanno prevalso. Sempre sulla questione droga, in Colorado e’ passato un referendum che decriminalizza alcune sostanze psichedeliche e approva la creazione di centri dove le persone possono essere assistite mentre assumono queste sostanze. Un simile referendum era stato approvato in Oregon nel 2020. 

Quest’anno sempre in Oregon e’ stato approvato un nuovo referendum che in pratica decriminalizza l’uso personale di qualsiasi droga, incluso eroina e cocaina. Mentre la vendita di queste sostanze è ancora punita con il carcere, le persone sorprese con modiche quantità di stupefacenti rischiano una multa massima di 100 dollari o la visita ad uno dei centri contro la dipendenza. Questi centri verranno in parte finanziati dalle tasse sulla vendita di mariuana - legale sin dal 2014 -. 

Ovviamente non tutti i referendum proposti hanno degli intenti per così dire progressisti. Per esempio in Iowa e’ stato approvato un emendamento alla costituzione che riconosce il diritto a possedere un’arma da fuoco. Mentre in Nebraska e Ohio sono stati passati due referendum che introdurranno nuove regole sull’accesso al voto, chiaramente mirate a limitare il voto delle persone di colore.

Un voto che non ha ottenuto molta pubblicita’ ne’ nei media americani ne’ tantomeno in quelli italiani e’ stato quello che ha portato all’eliminazione di qualsiasi riferimento alla schiavitu’ o lavori forzati come forma di punizione dalla costituzione di 4 stati. Questa non e’ stata la prima volta che si e’ votato su questo argomento. Già nel 2018 in Colorado era stato approvato un simile referendum, mentre in Nebraska e Utah era stato approvato nel 2020. 

La presenza nelle costituzioni di alcuni stati americani di un riferimento alla possibilita’ di forzare qualcuno a lavorare contro la propria volonta’ puo’ essere spiegata con il fatto che questa eccezione e’ contenuta tutt’ora nel 13esimo emendamento della costituzione americana. Approvato nel 1865, subito dopo la fine della Guerra Civile, questo emendamento oltre a segnare la fine - almeno sulla carta - della schiavitu’ negli Stati Uniti, ha anche introdotto un’eccezione contemplando la reintroduzione di questa pratica nel caso di persone condannate per un crimine. Fu proprio grazie a questa eccezione che negli stati del sud la schiavitu’ fu reintrodotta grazie all’approvazione di alcune leggi (le cosiddette Black Codes) che miravano a creare una larga popolazione carceraria di colore che poi poteva essere costretta a lavorare nei campi di quelle stesse persone che prima della guerra civile li avevano costretti in schiavitu’.

Prima del voto di Novembre, si poteva trovare un simile linguaggio nelle costituzioni di ben 20 stati. Nello stato del Vermont questa eccezione va persino oltre. La sua costituzione infatti contempla la possibilita’ di costringere qualcuno alla schiavitu’ anche per il pagamento di un debito o di una multa.

Se da una parte e’ molto difficile ignorare il significato simbolico di questa vittoria, dall’altra non e’ ancora chiaro che tipo di implicazioni avra’ per tutte quelle persone che ogni giorno sono costrette a lavorare in condizioni disumane nelle carceri americane. Come molti esperti hanno sottolineato, le giustificazioni legali con cui gli stati americani forzano le persone incarcerate a lavorare, raramente fanno riferimento a questi emendamenti. Certo e’ che proprio quest’anno il parlamento californiano si e’ opposto all’approvazione di un simile referendum proprio per paura di dover poi garantire alle persone incarcerate lo stipendio minimo che ad oggi in California e’ di 15 dollari all’ora. Per far capire che tipo di contributo economico la popolazione carceraria da’ a questo stato, ricordiamo per esempio che circa il 30% dei pompieri che ogni anno cerca di contenere i devastanti incendi californiani sono persone incarcerate pagate poco più di 37 centesimi all’ora. 

Più in generale, secondo un recente documento pubblicato dall’American Civil Liberties Union, la popolazione carceraria americana produce ogni anno beni per un valore superiore ai 2 miliardi di dollari e garantisce servizi e manutenzione nelle prigioni per un valore annuo di circa 9 miliardi. 

Questi profitti sono garantiti mantenendo la paga media tra i 13 e i 52 centesimi all’ora, con stati come il Texas, la Florida e la Georgia in cui lo stipendio minimo per una persona che lavora in carcere e’ di zero dollari all’ora. E’ chiaro allora che se una persona e’ costretta a lavorare in queste condizioni, la distinzione tra lavoro e schiavitu’ e’ minima. 




 

  

 

  


 

Io te l'avevo detto - Santa Ganja

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E' un periodo di fraintendimenti e, come al solito noi, al contrario di amato, pur arrivando tardissimo, ci vediamo lunghissimo.

Inutili quesiti e scialbe risposte istituzionali non ci impensieriscono perchè noi, dall'alto di anni di onorata militanza, ci poniamo le giuste domande dando, come sempre, risposte sbagliatissime.