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Salviamo Firenze: bocciati i referendum popolari

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Durata 21m 56s

Fermato dalla giunta Nardella l'iter istituzionale dei referendum comunali “Salviamo Firenze”, pensati per  limitare la possibilità per gli studentati di fare attività turistico ricettiva e rendere più difficile  cambiare la destinazione d’uso di immobili usati per servizi pubblici. Il sindaco ha preferito dichiarare al comitato di saggi a cui spettava l'approvazione dei quesiti che avrebbe inglobato le istanze dei comitati referendari nel piano urbanistico cittadino piuttosto che aprire il dibattito in una città che sta subendo un'ondata di costruzioni di lusso.

I comitati referendari continueranno comunque la lotta.

Ne parliamo con Francesca Cavarocchi di Firenze Città Aperta

USA: si è deciso l’esito di ben 132 referendum

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Come spesso accade, durante le elezioni americane i cittadini sono chiamati a votare anche su una serie di referendum che possono avere un importante impatto sulla società. Lo scorso 8 Novembre si e’ deciso l’esito di ben 132 referendum distribuiti in 37 stati. Alla fine del 2022 gli Americani si saranno espressi su ben 140 referendum.

In queste ultime elezioni, i media si sono soprattuto concentrati sui 5 referendum dedicati alla questione aborto. In tutti e cinque i casi, il voto ha confermato che la maggioranza dei votanti vuole mantenere l’accesso all’aborto legale. In Michigan, Vermont e California il diritto alla libertà riproduttiva e’ diventato costituzionale. Mentre in Montana e’ stata sconfitta la proposta di riconoscere lo statuto di persona al feto. Per finire, in Kentucky non e’ stato approvato un emendamento alla costituzione dello stato che avrebbe negato il diritto all’aborto. A questi cinque referendum bisogna aggiungere quello votato in Kansas lo scorso Agosto. Anche in quel caso, la proposta di approvare un emendamento alla costituzione che avrebbe proibito il riconoscimento di un diritto all’aborto e’ stata sonoramente sconfitta. 

Un’altra questione su cui spesso gli americani sono chiamati a votare nei referendum è quella della droga. Non e’ un caso che dei 19 stati in cui l’uso della mariuana a scopo ricreativo e’ legale, 13 l’abbiano legalizzato proprio attraverso questo tipo di referendum. Quest’anno si e’ votato in cinque stati, ma solo in Maryland e Missouri il referendum e’ stato approvato, mentre in Sud and Nord Dakota e Arkansas i no hanno prevalso. Sempre sulla questione droga, in Colorado e’ passato un referendum che decriminalizza alcune sostanze psichedeliche e approva la creazione di centri dove le persone possono essere assistite mentre assumono queste sostanze. Un simile referendum era stato approvato in Oregon nel 2020. 

Quest’anno sempre in Oregon e’ stato approvato un nuovo referendum che in pratica decriminalizza l’uso personale di qualsiasi droga, incluso eroina e cocaina. Mentre la vendita di queste sostanze è ancora punita con il carcere, le persone sorprese con modiche quantità di stupefacenti rischiano una multa massima di 100 dollari o la visita ad uno dei centri contro la dipendenza. Questi centri verranno in parte finanziati dalle tasse sulla vendita di mariuana - legale sin dal 2014 -. 

Ovviamente non tutti i referendum proposti hanno degli intenti per così dire progressisti. Per esempio in Iowa e’ stato approvato un emendamento alla costituzione che riconosce il diritto a possedere un’arma da fuoco. Mentre in Nebraska e Ohio sono stati passati due referendum che introdurranno nuove regole sull’accesso al voto, chiaramente mirate a limitare il voto delle persone di colore.

Un voto che non ha ottenuto molta pubblicita’ ne’ nei media americani ne’ tantomeno in quelli italiani e’ stato quello che ha portato all’eliminazione di qualsiasi riferimento alla schiavitu’ o lavori forzati come forma di punizione dalla costituzione di 4 stati. Questa non e’ stata la prima volta che si e’ votato su questo argomento. Già nel 2018 in Colorado era stato approvato un simile referendum, mentre in Nebraska e Utah era stato approvato nel 2020. 

La presenza nelle costituzioni di alcuni stati americani di un riferimento alla possibilita’ di forzare qualcuno a lavorare contro la propria volonta’ puo’ essere spiegata con il fatto che questa eccezione e’ contenuta tutt’ora nel 13esimo emendamento della costituzione americana. Approvato nel 1865, subito dopo la fine della Guerra Civile, questo emendamento oltre a segnare la fine - almeno sulla carta - della schiavitu’ negli Stati Uniti, ha anche introdotto un’eccezione contemplando la reintroduzione di questa pratica nel caso di persone condannate per un crimine. Fu proprio grazie a questa eccezione che negli stati del sud la schiavitu’ fu reintrodotta grazie all’approvazione di alcune leggi (le cosiddette Black Codes) che miravano a creare una larga popolazione carceraria di colore che poi poteva essere costretta a lavorare nei campi di quelle stesse persone che prima della guerra civile li avevano costretti in schiavitu’.

Prima del voto di Novembre, si poteva trovare un simile linguaggio nelle costituzioni di ben 20 stati. Nello stato del Vermont questa eccezione va persino oltre. La sua costituzione infatti contempla la possibilita’ di costringere qualcuno alla schiavitu’ anche per il pagamento di un debito o di una multa.

Se da una parte e’ molto difficile ignorare il significato simbolico di questa vittoria, dall’altra non e’ ancora chiaro che tipo di implicazioni avra’ per tutte quelle persone che ogni giorno sono costrette a lavorare in condizioni disumane nelle carceri americane. Come molti esperti hanno sottolineato, le giustificazioni legali con cui gli stati americani forzano le persone incarcerate a lavorare, raramente fanno riferimento a questi emendamenti. Certo e’ che proprio quest’anno il parlamento californiano si e’ opposto all’approvazione di un simile referendum proprio per paura di dover poi garantire alle persone incarcerate lo stipendio minimo che ad oggi in California e’ di 15 dollari all’ora. Per far capire che tipo di contributo economico la popolazione carceraria da’ a questo stato, ricordiamo per esempio che circa il 30% dei pompieri che ogni anno cerca di contenere i devastanti incendi californiani sono persone incarcerate pagate poco più di 37 centesimi all’ora. 

Più in generale, secondo un recente documento pubblicato dall’American Civil Liberties Union, la popolazione carceraria americana produce ogni anno beni per un valore superiore ai 2 miliardi di dollari e garantisce servizi e manutenzione nelle prigioni per un valore annuo di circa 9 miliardi. 

Questi profitti sono garantiti mantenendo la paga media tra i 13 e i 52 centesimi all’ora, con stati come il Texas, la Florida e la Georgia in cui lo stipendio minimo per una persona che lavora in carcere e’ di zero dollari all’ora. E’ chiaro allora che se una persona e’ costretta a lavorare in queste condizioni, la distinzione tra lavoro e schiavitu’ e’ minima. 




 

  

 

  


 

Io te l'avevo detto - Santa Ganja

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Durata 1h 57m 10s

E' un periodo di fraintendimenti e, come al solito noi, al contrario di amato, pur arrivando tardissimo, ci vediamo lunghissimo.

Inutili quesiti e scialbe risposte istituzionali non ci impensieriscono perchè noi, dall'alto di anni di onorata militanza, ci poniamo le giuste domande dando, come sempre, risposte sbagliatissime.

I 129 referendum negli USA

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Durata 10m 10s

A meno di una settimana dal voto i media si stanno ovviamente concentrando sugli ultimi sondaggi pubblicati che riguardano l’elezione del prossimo presidente e la futura composizione del Congresso Americano, con particolare attenzione per quello che riguarda il Senato. Ma in queste elezioni in molti stati e città, come spesso accade, si voteranno anche numerosi referendum (129 per la precisione) che avranno ripercussioni importanti a livello locale.

Cominciamo da uno dei più importanti, si chiama App-Based Drivers as Contractors and Labor Policies Initiative, piu’ comunemente chiamata Proposition 22, e si voterà in California. Dietro a questo referendum ci sono Uber, Lyft e Instacart. Una coalizione che ha speso quasi 200 milioni di dollari per tentare di farla passare.

Una vittoria del si annullerebbe la legge che la California ha votato nel 2019 secondo la quale Uber e Lyft avrebbero dovuto riclassificare tutti i freelancers che guidano per loro come veri e propri dipendenti riconoscendo loro straordinari, giorni di malattia e altri benefici. Una legge che, secondo una recente ricerca pubblicata dall'Università di Berkeley, aumenterebbe lo stipendio minimo di ogni autista Uber o Lyft di circa il 30%.

Proposition 22 cerca di confondere gli elettori ed elettrici includendo alcuni dei benefici e soprattutto il linguaggio contenuti nella legge approvata lo scorso anno senza però veramente migliorare le condizioni dei lavoratori e lavoratrici. Inoltre sia Uber che Lyft hanno cercato di spaventare gli utenti delle loro app sostenendo che una vittoria del no li costringerebbe a ridurre il numero degli autisti disponibili del 75% e aumentare i costi delle corse fino al 110%. Previsioni smentite da numerosi studi che hanno preso in considerazione gli effetti che una legge simile ha avuto a New York. Le due compagnie hanno anche minacciato di lasciare la California in caso di sconfitta. Una minaccia abbastanza vuota se si considera che lo stato della California costituisce un quarto dell’intero mercato di Lyft e quasi il 10% di quello di Uber.

 

Ma c’e’ un altro elemento che rende questo referendum importante. In California, una legge approvata attraverso un referendum può essere modificata solamente attraverso un altro referendum. Per questo motivo, i testi di questi referendum spesso includono delle indicazioni sulla maggioranza necessaria per cambiare il testo della legge senza dover tornare alle urne. Di solito si richiede una maggioranza dei due terzi dei voti, ma nel caso della Proposition 22 il testo parla di una maggioranza dei sette ottavi dei voti. Una maggioranza che neanche nel congresso della California, spesso dominato dal partito Democratico, può essere raggiunta.

Ecco che allora il voto su questo quesito rappresenta non solo un importante precedente per tutti gli altri stati che stanno pensando di regolamentare la gig economy, ma anche una presa di posizione rispetto a quello che a tutti gli effetti sembra essere una legge a pagamento. In fondo, la legge approvata lo scorso anno e’ stata votata da un congresso votato dei Californiani mentre Proposition 22 rappresenta una misura voluta da alcune aziende che poi hanno investito un’incredibile quantità di soldi per farla eventualmente approvare, con la sicurezza che una volta approvata sarebbe impossibile da abrogare.

Sempre in California si voterà anche la possibile abrogazione del sistema delle cauzioni per il rilascio di qualsiasi persona arrestata in attesa di processo. Si tratta della Proposition 25. Da decenni ormai, soprattutto le comunità’ di colore, hanno criticato l’intrinseca natura razzista delle cauzioni. Infatti spesso giudici razzisti stabiliscono cauzioni elevate costringendo le persone arrestate a scegliere una di queste tre opzioni. Opzione numero uno, decidono di non pagare la cauzione e sono costrette a restare in prigione in attesa del processo. Un’attesa che spesso si traduce in mesi e mesi di carcere prima ancora di essere eventualmente giudicati colpevoli, e la perdita di lavoro e contatti con la famiglia. Secondo uno studio pubblicato l’anno scorso da Prison Policy Initiative, almeno il 75% delle persone incarcerate nelle prigioni locali e’ in attesa di giudizio. Tradotto in numeri, vuol dire che ogni giorno nelle carceri americane ci sono quasi 500 mila persone rinchiusi in delle celle perché non possono pagare la cauzione.

Opzione numero due, non potendo pagare l’elevata cauzione decidono di dichiararsi colpevoli (anche quando in realtà sono innocenti) pur di uscire dal carcere. Le conseguenze di questa scelta e’ che spesso avere la fedina penale sporca ha delle ripercussioni molto profonde sulla vita di queste persone che spesso perdono il diritto al voto e l’accesso a numerose opportunità lavorative. Opzione numero tre, per racimolare i soldi necessari a pagare la cauzione, queste persone sono costrette a rivolgersi a delle agenzie che pagano la cauzione al posto loro ma che in cambio richiedono il pagamento del servizio (un premium) che spesso si aggira intorno al 10% della cauzione. E’ importante sottolineare che la cauzione per legge viene restituita al momento in cui la persona si presenta alla prima udienza, mentre il costo aggiuntivo imposto da queste agenzie no. Inoltre, nel caso della California, non esiste nessuna limitazione sul possibile ammontare del premium richiesto dalla agenzie.

Questo referendum mira a sostituire il sistema della cauzione con un sistema che determina con quale probabilità la persona arrestata si presenterà al processo. Le persone che molto probabilmente si presenteranno all’udienza e non rappresentano una minaccia per la società’ verranno immediatamente rilasciate, mentre quelle che molto probabilmente non si presenteranno al processo o hanno commesso atti violenti saranno trattenute in carcere. Per tutte quelle persone che invece sono nel mezzo, le diverse contee decideranno autonomamente come comportarsi. Secondo una recente analisi, se il referendum passasse l’85% delle persone arrestate in San Francisco verrebbe rilasciata entro 24 ore.

Intorno a questo quesito ci sono state numerose discussioni perché se da una parte e’ assolutamente innegabile la natura razzista del sistema delle cauzioni, e’ altrettanto vero che l’alternativa proposta continua a dare un'incredibile discrezionalità al giudice. A questo bisogna aggiungere che nel determinare a quale gruppo la persona arrestata appartiene (low, medium o high risk) il giudice si farà aiutare da un algoritmo che prenderà in considerazione diversi fattori come per esempio la fedina penale della persona arrestata, il livello di criminalità nel quartiere dove la persona vive e le condizioni economiche dell’arrestato e della sua famiglia, tutti fattori che negli Stati Uniti sono strettamente legati alla storia razzista di questo paese. Infine, numerosi attivisti e attiviste hanno espresso il timore che questo nuovo sistema favorirà la diffusione di forme di detenzione alternative come per esempio l’utilizzo di braccialetti elettronici o gli arresti domiciliari con il risultato di espandere il carcere ben oltre le mura di cinta fin dentro le case delle comunità povere a di colore. 

Nelle scorse corrispondenze abbiamo sottolineato come la campagna “Defund the Police” abbia perso nelle ultime settimane un po’ di entusiasmo, ma e’ importante sottolineare che in queste elezioni ci sono ben 20 referendum che in un modo o nell’altro sono legati alle proteste seguite la morte di George Floyd. In alcune città, per esempio, si voterà la creazione di organismi di controllo autonome dalle forze di polizia che avranno il compito di valutare il comportamento dei poliziotti e, in determinate situazioni, avranno anche il potere di licenziarli.Nella città’ di Akron, in Ohio, invece, si voterà’ per decidere l'obbligatorietà di rendere pubbliche le immagini catturate dalle body camera dei poliziotti coinvolti in sparatorie e altri incidenti del genere. In San Francisco, infine, si voterà per eliminare dallo statuto della citta’ la sezione che stabilisce il numero minimo di poliziotti che la città deve avere. Questo referendum e’ importante non tanto per l'eliminazione di questa quota - che da anni ormai non viene più considerata - quanto piuttosto per la creazione di una commissione che ogni due anni sarà chiamata ad esprimersi sulla necessità o meno di assumere nuovi poliziotti. Ora, se e’ vero che molti attivisti e attiviste vedono nel passaggio di questo referendum la possibilità’ di ridurre il numero di poliziotti nella città, il capo della polizia di San Francisco ha invece accolto questa proposta esattamente per la ragione opposta. A seconda di come la commissione sarà composta, non è infatti da escludere che si esprima a favore di un allargamento delle forze dell’ordine. Da notare, infine, che un referendum simile era stato proposto anche dal consiglio della città di Minneapolis (città dove George Floyd e’ stato ucciso), per poi decidere all’ultimo minuto di ritirare la proposta.

Come spesso succede in occasione di votazioni nazionali anche questa volta in alcuni stati si deciderà sulla legalizzazione della marijuana. In quattro stati si voterà per la legalizzazione a scopo ricreativo, mentre in due solo per scopo medico. Ricordiamo che ad oggi 10 sono gli stati che hanno legalizzato l’uso della marijuana per scopi ricreativi e ben 33 per scopi medici. Secondo uno studio pubblicato l’anno scorso, quasi il 70% degli americani vive in uno stato in cui l’uso della marijuana e’ stato in qualche forma legalizzato. A questo si aggiunge un altro interessante referendum nello stato dell’Oregon in cui si voterà la creazione di centri in cui sarà possibile il consumo di alcuni tipi di funghi allucinogeni. Se il referendum passasse, lo stato avrà due anni per definire i dettagli del funzionamento di questi centri.

Terminiamo questa carrellata con il referendum che si voterà nello stato dello Utah per decidere di sostituire qualsiasi parola che si riferisce ad un unico genere (la parola “uomini” per esempio) con una che e’ invece gender neutral (per esempio la parola “persone”). Quello nello Utah e’ il decimo referendum di questo tipo votato nella storia degli Stati Uniti. Nelle precedenti nove consultazioni, i si vinsero solamente cinque volte. Il primo referendum di questo tipo fu votato e approvato in California nel 1974.  

Chiudiamo questa corrispondenza con la notizia dell’ennesimo afroamericano ucciso dalla polizia. Questa volta e’ successo a Philadelphia dove Lunedi scorso due poliziotti hanno ucciso Walter Wallace con 10 colpi di pistola. Secondo una prima ricostruzione, Wallace stava avendo una crisi mentale ed era armato con un coltello. I poliziotti hanno sparato nonostante il ragazzo fosse ancora distante e la madre stesse cercando di calmare il figlio. La comunita’ e’ scesa immediatamente in strada scontrandosi con le forze dell’ordine. Ricordiamo che la polizia di Philadelphia e’ storicamente una delle polizie più razziste degli stati uniti. Nel 1985 gettarono una bomba da un elicottero contro una comune di militanti afroamericani chiamata MOVE. In quell’attacco morirono sei adulti e cinque bambini. Ricordiamo che anche il prigioniero politico Mumia Abu-Jamal era un membro di quest’organizzazione. Vedremo nei prossimi giorni come la situazione evolverà. 

Roma: niente quorum al referendum Atac

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Durata 42m 12s
Durata 1h 11m 11s

Vi riproponiamo il dibattito andato in onda dai nostri microfoni mercoledì 7 novembre, dalle ore 15 alle 17, come "antipasto" di questa nostra iniziativa.

In studio: 
Vincenzo Miliucci, Cobas;
Paolo Berdini, urbanista;
Mercurio Viaggiatore;
Antonio Senes, autista Atac in pensione.
 

In collegamento:
Alessandro Nannini, segretario Cobas lavoro privato (Firenze);
Giovanni Regali, Coordinatore Dpl CUB Trasposti (Lucca).

Al dibattito in studio, seguono telefonate di lavoratori Atac e ascoltatori.

Sul referendum in Romania

Data di trasmissione
Durata 38m 29s

Di recente in Romania un referendum che proponeva un cambiamento costituzionale per proibire il matrimonio gay è fallito, trovando solo il 21% dei consensi.

Intervistiamo Cristian Norocel, un compagno esperto di populismo in Est  e Nord Europa per farci raccontare il contesto politico e sociale in Romania.

Barcellona, un anno dal referendum del primo di ottobre

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Durata 19m 57s

A un anno dal referendum sull'indipendenza del primo di ottobre del 2017, Barcellona è tornata in piazza.

Sabato 29 settembre si sono registrati scontri fra manifestanti indipendentisti, che cercavano di contestare una manifestazione di estrema destra, e forze della polizia autonoma, mentre lunedì primo di ottobre, a un anno esatto dal referendum, sono stati organizzati cortei e blocchi stradali in tutta la città.