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Libano: per non dimenticare Sabra e Chatila

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Con Bassan, giornalista palestinese che si trova a Beirut, diamo una serie di aggiornamenti relativi alla situazione in Libano, in occasione dell'anniversario del massacro di Sabra e Chatila. La situazione economica del paese non è semplice: l'inflazione è fortissima e il problema della disoccupazione coinvolge larga parte della popolazione. Sul piano politico, fortissime tensioni si registrano in relazione al diktat israelo-americano sul disarmo di Hezbollah e della consegna delle armi da parte dei palestinesi. Assai acceso è anche il dibattito relativo ai diritti di cui godono i palestinesi che attualmente si trovano in Libano. Particolarmente diffusa nel paese, la consapevolezza della gravità della situazione in Palestina e la sensazione di impotenza della popolazione, a fronte dell'atteggiamento dell'Europa e del mondo occidentale.

Segue il Comunicato stampa dell'Associazione Per non dimenticare-ODV.

SABRA E SHATILA, DELEGAZIONE IN LIBANO PER I RIFUGIATI PALESTINESI

Beirut - 14/09/2025

Anche quest’anno come ormai da oltre 23 anni, nonostante il genocidio 
e la pulizia etnica in corso a Gaza e in Cisgiordania e le quotidiane
aggressioni contro il Libano da parte di Israele, una delegazione
dell’associazione “Per non dimenticare – odv” si trova in Libano
per commemorare la strage di Sabra e Chatila e portare solidarietà ai
rifugiati palestinesi che vivono negli oltre 12 campi profughi
disseminati sul territorio.
La delegazione ha l’obiettivo di impedire la cancellazione dalla
memoria collettiva della strage di Sabra e Chatila avvenuta nel 1982,
primo serio tentativo in Libano di applicare la “soluzione finale”,
ovvero lo sterminio nei confronti del popolo palestinese.
"È fondamentale  – afferma il portavoce della delegazione Flavio
Novara - ricordare l’estrema efferatezza con cui sono state trucidate
famiglie indifese e residenti nei due poverissimi campi profughi di
Sabra e Shatila, alla periferia sud della capitale Beirut: quello che
oggi sta avvenendo a Gaza. Un esempio che smaschera chi in malafede
attribuisce ai fatti del 7 ottobre 2023 l’inizio di questa nuova Nakba
del popolo palestinese".
I palestinesi0 in Libano non hanno mai chiesto la naturalizzazione, ma
il ritorno nella loro terra; questo li ha costretti negli anni a vivere
come ospiti non graditi e senza diritti. A questo dobbiamo aggiungere
che la crisi economica mondiale ha avuto effetti terribili sulle fasce
più povere e sui cittadini libanesi, anche a causa delle guerre in
atto, e ha trasformano il vivere quotidiano in una tragedia di portata
storica.

Per questo la delegazione ha deciso, nonostante l'evidente pericolo, di
esprimere con la propria presenza la  solidarietà alla causa
palestinese per gli oltre 500mila profughi che vivono nel piccolo Stato
libanese.

Insieme alle delegazioni di altri paesi, la delegazione italiana
visiterà le case dei rifugiati, incontrerà le autorità politiche e
istituzionali e parteciperà agli eventi e alle manifestazioni
organizzate per ricordare le vittime di allora e quelle di oggi. Una
testimonianza attiva per affermare che la storia palestinese non può e
non feve finire con il genocidio in corso dentro e fuori i confini di
Palestina.
 

Libano sotto le bombe israeliane

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In Libano, nonostante la tregua, non sono mai finiti i bombardamenti del paese, soprattutto della zona meridionale ma nei giorni scorsi uno più massiccio ha causato 12 morti nella valle della Bekaa. Ovviamente i bombardamenti israeliani in Siria che sono arrivare a colpire Damasco preoccupano il Libano dove Israele sembra avere tuttora il progetto di scatenare una nuova guerra civile.

Ne parliamo con il giornalista Mauro Pompili da Beirut con cui articoliamo una riflessione più ampia sull'intero assetto medio-orientale e i progetti regionali di Israele, in contrasto anche con l'espansionismo turco.

per l'immagine si ringrazia Getty images

BRICS e medioriente: analisi e ipotesi

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Il meeting dei BRICS in Brasile di questi giorni si situa in una fase storica caratterizzata dal moltiplicarsi dei terreni di scontro fra Stati Uniti, paesi UE, Israele, e i governi che si sono incontrati a Rio. 

Nel frattempo in Medioriente, fra la prosecuzione dell'offensiva israeliana in Libano, la situazione siriana, e il genocidio a Gaza, la situazione rimane complessa. 

Ne parliamo con il giornalista freelance Mauro Pompili in collegamento da Beirut. Con aggiornamenti sulla politica interna libanese, la presenza dei profughi dalla Siria in Libano, e la situazione nei campi profughi palestinesi.

Siria HTS mostra il vero volto

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In studio con Elisa, fotografa e reporter, continuiamo a mantenere viva l'attenzione sulla situazione in Siria e in Libano. Per quanto riguarda la Siria, il nuovo regime di al-Sharaa ha ottenuto dai leader occidentali la sospensione delle sanzioni senza aver offerto alcuna garanzia sotto il profilo del rispetto dei diritti umani. Continuano, infatti, le epurazioni di civili su base etnico-religiosa, soprattutto alawiti ma anche drusi, cristiani e sciiti. Drammaticamente in crescita il fenomeno della violenza contro le donne, con rapimenti, stupri e matrimoni forzati nell'ottica della sostituzione etnica, secondo prassi già messe in atto dall'Isis. La situazione è stata oggetto di una denuncia al tribunale internazionale dell' Aja presentata dall'avvocato Pedro Andujar del Foro di Lione e successivamente sabato 24 maggio una delegazione di cittadini siriani, che abitano in Europa, si è riunita davanti alla Corte Penale Internazionale dell' Aja per protestare contro l'ondata di violenze in corso in Siria; denuncia depositata per conto loro presso l'ufficio del Procuratore della Cpi  contro al Sharaa ai sensi degli articoli 6 e 7 dello Statuto di Roma, relativi rispettivamente ai crimini di genocidio e crimini contro l'umanità.

Dalla Siria al Libano sulle note di Fairuz

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Con Elisa, reporter appena rientrata in Italia dopo  essere stata in Siria, proponiamo un aggiornamento sulla situazione del paese parlando delle perplessità sull'operato del governo provvisorio, delle condizioni di vita delle minoranze (alawiti, drusi, cristiani), del clima di paura che si respira nelle città, della frammentazione e dell'instabilità politica.

Segue un aggiornamento su quanto accade in Libano dove, a fronte della grave crisi economico finanziaria e delle devastazioni provocate dalle guerra, il 27 gennaio, allo scadere del cessate il fuoco, l'esercito israeliano ha rifiutato di ritirarsi dal sud del paese e forti ombre si addensano sul nuovo governo, presieduto da Joseph Aoun.

Aggiornamenti dal Libano

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Mandiamo in onda un audio dell'intervento tenuto dal giornalista Mauro Pompili, corrispondente dal Libano, domenica 12 gennaio nel corso di una partecipata iniziativa ad Albano Laziale dal titolo "Da Trump alla Siria. Quali prospettive per la resistenza palestinese?"

I hear your silence

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In questo redazionale abbiamo avuto come ospite nello studio di Via dei Volsci Daniela Sala, giornalista e parte del collettivo di giornalist* FADA, per parlare del progetto "I hear your silence", una fanzine (che includerà i testi dell’attivista Hasan Kilani e le foto di Daniela) che racconta le storie di attivist* queer in Libano, Tunisia e Giordania, realizzandone un ritratto intimo e collettivo che percorre geografie al margine dell’eteronormatività, popolate da identità sfaccettate e molteplici che non si rispecchiano nella narrazione orientalista di vittime oppresse, la cui unica speranza sarebbe in Occidente.

Da Trump alla Siria, quali prospettive per la resistenza palestinese?

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ASSEMBLEA PUBBLICA DOMENICA 12 GENNAIO - PALAZZINA VESPIGNANI ALBANO – ORE 10.30

Interviene l’Unione Democratica Arabo Palestinese

A poco più di un anno dal 7 ottobre 2023, la resistenza palestinese si trova ad affrontare uno scenario politico in rapido mutamento. In 15 mesi, Israele ha ucciso decine di migliaia di persone a Gaza e nel resto della Palestina, ma ha colpito anche in Libano, Yemen, Siria, Iraq e Iran.

L’esercito sionista è penetrato nel Sud del Libano e, nel corso delle ultime settimane, anche in Siria, dove ha approfittato della caduta di Assad per oltrepassare le Alture del Golan e giungere a non molti km da Damasco. Israele colpisce la Siria fin dal 2011 ma, in questi giorni, ha bombardato il paese con forza inusitata, fino a rivendicare di aver neutralizzato gran parte degli armamenti strategici siriani.

Sebbene il fronte libanese non sia stabilizzato e le conseguenze della nuova situazione siriana debbano ancora definirsi compiutamente, questi ultimi sviluppi sembrano rappresentare un duro colpo per il cosiddetto “Asse della Resistenza”, che pare uscirne indebolito a beneficio di altri attori regionali e internazionali.

L’Iran, grande ossessione di Israele e principale sostenitore dei gruppi palestinesi, appare dunque più esposto alle ritorsioni del sionismo e dell’imperialismo atlantico. Il prossimo insediamento di Trump negli Usa rappresenta un ulteriore campanello d’allarme in questo senso.

La prima presidenza Trump era stata caratterizzata dallo stralcio dell’intesa con l’Iran sul nucleare civile e dagli “Accordi di Abramo” tra Israele e una serie di paesi arabi (Emirati, Bahrein, Sudan, Marocco). Nelle intenzioni di Tel Aviv, quegli accordi erano funzionali a un rimodellamento complessivo dell’Asia occidentale, volto a favorire il consolidarsi di una rinnovata egemonia israeliana e ad annichilire le rivendicazioni palestinesi.

Benché molte cose siano cambiate da allora, questo è il principale obiettivo che Israele continua a perseguire anche oggi. Un obiettivo che lo Stato sionista non è ancora riuscito a raggiungere, nonostante il genocidio in atto.

Pur duramente colpite, infatti, le organizzazioni palestinesi continuano a combattere senza tregua, a Gaza e in tutta la Palestina. Come a Jenin, in Cisgiordania, dove affrontano, proprio in questi giorni, gli attacchi militari dell’Autorità Nazionale Palestinese, ansiosa di attestarsi come partner affidabile di Israele e USA per la gestione postbellica di Gaza.

I palestinesi e le palestinesi non hanno altra scelta se non quella di proseguire la lotta contro un progetto colonialista che vorrebbe negare la loro stessa esistenza. Da parte nostra, dobbiamo interrogarci su quale sia il modo migliore per continuare a costruire, nelle nuove condizioni politiche, il movimento di solidarietà con la loro resistenza popolare, a partire dai nostri territori.

CASTELLI ROMANI PER LA PALESTINA