Insieme al giornalista Mauro Pompili, in comunicazione telefonica da Beirut, abbiamo commentato i borbardamenti che per più di dieci giorni ha portato avanti lo Stato sionista d'Israele contro la capitale libanese, e non solo, e abbiamo annalizzato il panorama politico libanese e cosa sta cercando l'Israele con questi attacchi.
Corrispondenza da Beirut con il giornalista Mauro Pompili nella quale viene approfondita la situazione del sud del paese: in un anno di "tregua" Israele ha continuato quotidianamente ha colpire e uccidere usando sempre la stessa giustificazione secondo la quale tutte le persone uccise sarebbero stati miliziani. Nelle ultime due settimane la situazione ha raggiunto livelli più gravi tanto che per la prima volta il presidente del Libano, Joseph Auon, ha allertato l'esercito. Particolarmente grave anche l'attacco alla base Unifil la cui presenza è evidentemente mal sopportata da Israele che non vuole testimoni.
In studio, con Elisa Gestri, giornalista free lance e fotoreporter, appena tornata da un viaggio in Libano e in Siria, riflettiamo innanzitutto sulle tregue insanguinate che sono state imposte sia in Libano che, più recentemente, a Gaza. In particolare, la tregua in Libano, garantita da Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita, viene costantemente violata dagli attacchi e dai bombardamenti quotidiani dell'IDF, che hanno provocato in media una trentina di morti al mese a partire dal 27 novembre 2024. Attualmente, la popolazione libanese vive in una situazione di autentico terrore, che paralizza tutti i settori della società, mentre Tom Barrack, emissario di Trump per la Siria e il Libano, nonché ambasciatore USA in Turchia, continua a agitare la minaccia di una nuova aggressione militare israeliana in caso di mancato disarmo di Hezbollah da parte dell'esercito libanese. In sostanza, tanto la tregua in Libano, quanto quella a Gaza, sembrano funzionali a permettere a Israele di portare avanti una guerra a bassa intensità, finalizzata alla costruzione della "grande Israele".
In Siria, invece, l' "affare" della ricostruzione del paese sta suscitando interessi sempre più vasti, anche italiani, nel totale disinteresse del problema del rispetto dei diritti umani da parte del regime siriano; nel settore costiero del paese, in cui è stanziata un'importante comunità alawita, ad esempio, sono ancora in corso epurazioni con sterminio di civili, soprattutto donne e bambini. Nel paese si respira, nel complesso, un clima di paura e diffidenza generalizzate.
Corrispondenza con un compagno del comitato per la Palestina di Udine, in piazza per A Udine scendono in piazza almeno 16.000 persone per il corteo indetto contro la vergogna della partita di calcio Italia-Israele che si svolge questa sera, 14 ottobre, nello stadio della città friulana, una città assediata dalle forze dell'ordine e invasa da migliaia di manifestanti.
Il documento sottoscritto da centinaia di realtà chiede:
alla FIFA di escludere Israele da ogni competizione, come già fatto con la Russia;
alla FIGC di non organizzare una partita che rappresenterebbe l’ennesima vergogna per il nostro calcio: i valori del calcio, come di ogni altro sport, non possono essere usati per ripulire l’immagine di Israele agli occhi del mondo.
Contemporaneamente in decine di città italiane si svolgono manifestazioni analoghe. Alla fine della corrispondenza un ascoltatore annuncia quella di Velletri.
Due corrispondenze con un compagno del Comitato per la Palestina di Udine, la prima a inizio manifestazione, la seconda intorno alle 20 quando il corteo aveva già raggiunto la piazza centrale della città
Michele Giorgio, Giornalista de Il manifesto e di Pagine Esteri, nel giorno in cui gli occhi in Italia sono tutti puntati sulla Global Sumud Flottilla, racconta come questa iniziativa internazionale e internazionalista accenda speranze sebbene flebili nei Territori.
Torniamo poi a parlare della crudeltà del genocidio in corso per chiarire, nonostante le fake news istituzionali, che a Gaza manca tutto, cibo, acqua, medicine, persino le strade su cui spostarsi e che in Cisgiordania prosegue l'apartheid e la pulizia etnica assassine dei coloni.
Michele Giorgio chiarisce anche che il cosiddetto piano di pace di Trump, è un finto piano che sembra proposto per venire rifiutato da parte palestinese in modo che Israele possa "finire il suo lavoro"
Nella giornata di sciopero generale in solidarietà alla Palestina, parliamo con varie realtà che in giro per l'Italia stanno bloccando i porti, scioperando e manifestando per denunciare il trasferimento di armi Israele. Ne parliamo in collegamento telefonico con:
Da maggio è iniziata a circolare la notizia che sarebbe stata attivata una tratta aerea Tel Aviv - Olbia per portare militari israeliani impegnati nel genocidio di Gaza in vacanza in Sardegna per permettere la loro "decompressione". Il progetto si è realizzato a partire da agosto e ad oggi il paese di Santa Teresa Gallura si trova a veder militari e personale di industrie collegate muoversi per le loro strade, scortati dalla polizia di Stato. Ospitiamo di Collettivo Lungoni che ha organizzato diversi presidi davanti al resort Mangia's che ospita i soldati dell'IDF che ci raccontano quanto accade.
Nel frattempo almeno dieci compagne e compagni di Aforas sono stati raggiunti da fogli di via da Olbia per aver partecipato a manifestazioni in aeroporto
Con Anna Bolena torniamo a parlare di Germania e degli ultimi sviluppi politici in merito al riarmo e al genocidio a Gaza. Sul piano istituzionale infatti il governo Mertz sta procedendo a un forte incremento dell'industria bellica parlando di riconversione del settore dell'automotive e di altri settori industriali in crisi, si parla inoltre in modo sempre più concreto di ripristino della leva obbligatoria.
Negli ultimi tempi, inoltre, il cancelliere, sebbene in modo assai poco credibile ha annunciato l'interruzione della vendita di armi a Israele (la Germania è il secondo fornitore al mondo di armi a Israele dopo gli Usa), questo è bastato a far scattare la componente antideutsch de* antifa che chiedono ancora armi a Israele, sebbene con minor presa rispetto al passato sul testo del movimento.
Nella foto uno striscione antideutsch che chiede ancora armi per Israele
Il 20 luglio handala, imbarcazione della Freedom Flotilla Coalition, è partita da Gallipoli alla volta di Gaza, sentiamo oggi un compagno dell'equipaggio mentre la nave è in acque internazionali a sud di Creta. L'imbarcazione, che ha subito alla partenza un tentativo di boicottaggio fortunatamente scoperto dall'equipaggio, si aspetta di poter arrivare nella zona dove Israele potrebbe decidere di intervenire sabato mattina dopo le 12. L'quipaggio è composto da 21 persone tra cui attivist* di vari paesi (7 dagli Usa), infermier*, europarlamentare di France Insoumise.La missione si svolge a poche settimane dall’attacco illegale di Israele alla Madleen, un’altra nave della Freedom Flotilla sequestrata illegalmente da Israele in acque internazionali. Dodici civili disarmati – tra cui un membro del Parlamento Europeo, un medico, giornalisti e difensori dei diritti umani – sono stati sequestrati da un commando israeliano e portati con la forza in Israele, dove sono stati interrogati, maltrattati e poi deportati. Il loro “crimine”? Tentare di portare cibo, medicine e solidarietà ai palestinesi sotto assedio.
La nave prende il nome da Handala, il personaggio dei fumetti palestinese: un bambino rifugiato a piedi nudi che volta le spalle all’ingiustizia e che ha giurato di non voltarsi finché la Palestina non sarà libera. Questa imbarcazione porta con sé il suo spirito e quello di ogni bambino di Gaza a cui sono stati negati sicurezza, dignità e gioia. Nel 2023 e 2024, la Handala ha navigato nei porti d’Europa e del Regno Unito, rompendo il blocco mediatico, coinvolgendo il pubblico e costruendo solidarietà con eventi stampa, installazioni artistiche e attività di educazione politica in ogni porto visitato.
I bambini e le bambine di Gaza – che rappresentano oltre la metà della popolazione – vivono sotto un assedio brutale da tutta la vita. Dal mese di ottobre 2023, più di 50.000 bambini sono stati uccisi o feriti, decine di migliaia sono orfani, e quasi un milione è stato sfollato con la forza, senza più una casa. Ora affrontano fame, malattie e traumi che pochi di noi possono immaginare.