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neoliberismo

La Parentesi di Elisabetta del 3/12/2014 "Dal regime disciplinare a quello del controllo"

Data di trasmissione
Durata 6m 14s

“Dal regime disciplinare a quello del controllo”

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Il patriarcato, così come si è innestato nel capitalismo è stato costretto dalle lotte femministe degli anni ’70 ad una mutazione e pertanto il concetto e la pratica del suo dominio si sono trasformati, dal regime disciplinare a quello del controllo.Di conseguenza questa nuova situazione implica grandi modificazioni sul terreno politico di concettualizzazione del patriarcato sia nella sua teoria che nella sua pratica.

Crollano, infatti, in questo passaggio, le sue caratteristiche precipue così come si manifestavano prima degli anni ’70, ed oggi si impone come cooptazione e promozione sociale di quelle componenti del genere storicamente oppresso che si prestano a perpetuare il dominio nei confronti di tutte le altre donne e degli oppressi tutti.

Tanto più grave è questo in quanto le condizioni socio-economiche ottocentesche in cui viene ricondotta la società, rendono ancora più penosa la condizione delle donne.

Il patriarcato, in questa stagione si è ridefinito accentuando le sue caratteristiche ma mascherandole dietro un emancipazionismo che si risolve in un controllo della vita a tutto campo e in un avvilimento della stessa divenuta merce.

Ma le patriarche ,quelle che hanno fatto propri i valori della società neoliberista e patriarcale, non si illudano, il loro potere è come quello dei soldi che sono dei buoni servitori ma dei cattivi padroni.

Disoccupazione, povertà, disperazione, costituiscono la trama dello sviluppo del modello neoliberista. Il movimento femminista non può più consistere nella semplice denuncia di questa situazione, non ci possiamo più muovere sulla base della percezione e della definizione delle nuove figure che perpetuano il patriarcato, tanto più che in questo momento si accentuano le forme di esclusione delle realtà alternative. Dobbiamo cominciare a delineare e a declinare alcune linee di ipotesi uscita o almeno a provarci tanto più necessarie dato che le patriarche, in cambio della loro intelligenza e della loro anima, hanno dato la capacità e/o possibilità di essere le “infiltrate” nel femminismo e fra le donne tutte.

E’ chiaro, perciò, che una azione politica efficace da parte del movimento femminista non può essere pensata se non a diretto contatto di un immaginario di uscita da questa società e si dispiega attraverso la difesa della più larga libertà intesa nel senso più compiuto e onnicomprensivo del termine.

Cominciare da un dibattito con un nuovo lessico politico che possa rappresentare un discorso costituente perché costruire un linguaggio non è un’operazione neutrale. E che non sia semplicemente descrittivo, ma che si distenda in maniera articolata per veicolare e far emergere le istanze di rottura che il movimento femminista ha costruito e costruisce contro l’ordine patriarcale, tanto più nel momento in cui le patriarche si mettono al servizio di una nuova, ma sempre vecchia, esigenza di governo e di governabilità capitalista e patriarcale.

Collegare le definizioni del nuovo lessico ad un’azione politica che accumuli esperienze e resistenze contro la ristrutturazione patriarcale nei rapporti di genere e delle relative relazioni di dominio.

Costruire un linguaggio nuovo, non quello stereotipato, manipolatorio, per rappresentare la nuova realtà, sprazzi consapevoli di una nuova società, questo è il nostro compito.

Il patriarcato, oggi, nella sua declinazione neoliberista sottopone e fa la guerra alla vita delle donne.

Sta a noi estrarre, generalizzare la potenzialità del movimento femminista nella prospettiva della nostra liberazione, percorso interrotto e bloccato dal tarlo socialdemocratico e dalla condizione di guerra ai diritti conquistati nella quale oggi viviamo.

Il patriarcato non può definirsi oggi se non a partire da questa continua attività anestetizzante e narcotica del dolore delle donne.

Da qui il senso della nostra militanza che si pone come esercizio immediato della lotta e della resistenza, che nasce dal rapporto tra teoria e azione, che emerge dalla definizione comune del riconoscimento del nemico, che ha la capacità di attraversare l’intero processo geopolitico e di vivere la lotta femminista come produttrice di trasformazione dell’orizzonte sociale.

Ora, con questa nuova realtà del lavoro che ha emancipato le donne e con la femminilizzazione del lavoro tutto, il neoliberismo ha sviluppato nuovi criteri politici di controllo sull’intera società. Il comando deve oggi estendersi con le modalità che aveva nell’ambito familiare e nella fabbrica all’intera società e la famiglia e la fabbrica divenute società rendono manifeste le contraddizioni , le miserie, la gerarchia, l’autoritarismo e l’ipocrisia che erano e sono loro proprie..

Il tessuto sociale ne è sconvolto, le figure della nostra oppressione si espandono a tutta la società. L’ipotesi keynesiana e socialdemocratica di emancipazionismo e di contrattualizzazione rivela il suo limite e, comunque, è stata accantonata se non rovesciata nei principi fondanti.

Pertanto un’azione politica efficace da parte del movimento femminista non può essere pensata se non ci poniamo a diretto contatto con l’esperienza e con un immaginario di uscita da questa società.

 

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/12/04/la-parentesi-di-elisabetta-del-3122014/

La Parentesi di Elisabetta del 12/11/2014 "Stravolgimento"

Data di trasmissione
Durata 5m 50s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/11/12/la-parentesi-di-elisabetta-del-12112014/

La Parentesi di Elisabetta del 12/11/2014

 
“Stravolgimento”

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Abbiamo parlato molte volte di come il neoliberismo abbia stravolto termini e significati. Una volta per sicurezza si intendeva una serena vecchiaia, la parola riforma era legata alla possibilità di un lento ma graduale miglioramento della società e della condizione di vita di tutte/i, sinistra significava attenzione agli strati sociali poveri e o comunque svantaggiati, la costituzione scritta e non sempre, anzi quasi mai quella materiale, era impregnata dei valori della Resistenza, la scuola pubblica, l’unica che la costituzione prevedeva che si finanziasse, era un ‘occasione per far accedere larghi strati della popolazione all’istruzione e, magari alla laurea, intesa come un’occasione di promozione sociale. Da qui il fenomeno dei laureati in prima generazione che non erano più bravi e più amanti dello studio dei genitori e dei nonni , ma che avevano avuto l’occasione, grazie alle lotte degli anni ’70, di accedere per la prima volta alla laurea.

La sicurezza, ora, è quella di un presunto cittadino/a intimorito/a chissà da chi e da che cosa, visto oltre tutto il crollo vertiginoso dei reati, le riforme sono un attacco a tutto campo ai diritti e alle conquiste del mondo del lavoro, la sinistra, chiariamo subito che parliamo di quella socialdemocratica, cioè il PD, oggi è quella che naturalizza in Italia gli interessi delle multinazionali in particolare quelle anglo-americane.

Ma c’è un altro campo dove è particolarmente eclatante lo stravolgimento dei termini e del senso delle aspettative e cioè quello della così detta “giustizia” . I poveri/e, gli sfruttati/e, le classi subalterne hanno sempre manifestato una profonda consapevolezza dell’ingiustizia di cui sono sempre stati vittime. E’ emblematica la dichiarazione di Caterina Picasso, arrestata a 73 anni Nella mia vita ho subito soltanto soprusi. Lo Stato mi ha maltrattata e io mi sono messa contro lo Stato…. ho la seconda elementare, quindi i difficili ragionamenti politici non li so fare, ma capire da che parte stare l’ ho sempre saputo“.  Oggi questo sentimento è stato trascinato in un rovesciamento sbalorditivo, in una difesa acritica quando non encomiastica, nei confronti della magistratura, portando alla neutralizzazione del suo ruolo e ad una mobilitazione mistificatoria sui problemi della così detta “giustizia” con la promozione di esponenti della magistratura a campioni della sinistra di cui parlavamo prima.

Si è persa di vista la consapevolezza che la magistratura è di parte, è al servizio del sistema e che la “giustizia” così come noi la conosciamo rimuove l’espropriazione dei diritti da parte della borghesia e si risolve soltanto nell’attenzione all’espropriazione dei beni da parte delle classi subalterne.

In definitiva i diritti non hanno nessuna rilevanza, ma guarda caso, ce l’hanno soltanto i beni e la produzione legislativa è solo e soltanto tesa a perpetuare il principio che tutto quello che intacca l’interesse, il monopolio dei poteri di una minoranza privilegiata, rientra nella fattispecie del reato e come tale può essere perseguito e tutto quello che è alterità, sia nelle forme più elementari che in quelle più propriamente politiche, viene represso.

Ma, cosa è reato e cosa non lo è, non l’ha detto dio, non è in natura, ma è frutto di scelte umane, non nel senso dell’essere umano, ma nel senso degli uomini che hanno il potere. Oggi, nella sua impudenza, il neoliberismo ha introdotto, inoltre, nel nostro diritto normato e materiale due concetti che sembrano marginali, ma che sono invece determinanti nello spostamento e nello stravolgimento del concetto stesso della così detta giustizia.

Il primo è il concetto di detenzione amministrativa, per cui non si va in carcere per quello che si è commesso, ma per quello che si è…. per la condizione sociale, per il modo di essere, per l’estrazione familiare, per l’etnia… questo e non altro sono le detenzioni nei Cie, veri e propri momenti di controllo sociale a tutto campo in cui si esplicita la pretesa del neoliberismo di incarcerare chi non è gradito/a.

Il secondo è il concetto della pena di morte extra-legem per cui non si paga per il reato commesso, ma viene irrorata la pena di morte a discrezione, indipendentemente dal reato vero o presunto che sia. E’ questo, in definitiva, il senso dell’uccisione di Stefano Cucchi e di tanti altre e tanti altri come lui. Sapere chi ha ucciso materialmente Stefano Cucchi sarebbe importante soprattutto per i familiari, ma sicuramente sappiamo che è stato lo Stato, perché in quel momento lo custodiva, perché lo stesso Stato non ha “saputo” trovare i responsabili, perché, al di là delle belle parole e dei rituali democratici, questo Stato si arroga il diritto di vita e di morte.

 

Trasmissione del 29/10/2014 "Elefanti nella stanza...."

Data di trasmissione
Durata 1h 10m 52s
Puntata del 29/10/2014

 “QUELL* CHE NON HANNO  IL GENERE; MA HANNO LA CLASSE”/……..NUMERO SPECIALE

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Elefanti nella stanza : la discussione politica, che non c’è ma dovrebbe esserci su suicidio e disagio psichico…../ I giochi non sono finiti/L’unica via alla sopportazione è l’integrazione?”

Immagine rimossa.e oltre…..

(Photo prise sur un pont près de la Marne en banlieue…)

 

La Parentesi di Elisabetta del 29/10/2014 "I giochi non sono finiti"

Data di trasmissione
Durata 7m 46s
“I GIOCHI NON SONO FINITI”

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Nel discorso di chiusura alla Leopolda di Firenze, Matteo Renzi, presidente del consiglio e segretario del PD, ha dichiarato”…Di fronte al mondo che cambia, il posto fisso non c’è più…”.

Questa è una dichiarazione politica.

Il neoliberismo è un’ideologia onnicomprensiva che intende ridefinire a tutto campo i rapporti di forza tra Stati e multinazionali e con gli/le oppressi/e tutti/e.

In questi anni è stata ridisegnata tutta la società, il neoliberismo ha investito tutti gli aspetti della vita, da quelli del mondo del lavoro a quelli ludici e personali, dalla sfera della sessualità a quella sociale, dai rapporti con gli oppressi/e e tra gli oppressi/e.

E’ stato un lavoro lungo, di anni, un passo dopo l’altro.

Di fronte ad un simile attacco portato avanti con pervicacia, determinazione e perfidia e di cui si è fatta carico in primis la socialdemocrazia, gli oppressi/e si sono trovati indifesi/e e spiazzati/e. Non hanno ragionato con la loro testa, non hanno nemmeno seguito l’istinto, ma hanno ascoltato le sirene del PD e della CGIL, hanno dato spazio alla “meritocrazia”, alla gerarchia…si sono prestati alla guerra fra poveri, stigmatizzando il collega che non rendeva abbastanza, che non era ligio all’azienda, l’impiegata che portava i bambini a scuola o faceva la spesa nell’orario di lavoro, come se questo non fosse lavoro….

Ora sono basiti, muti, inermi, dotati/e di strumenti inadeguati per rispondere ad un attacco così violento che investe ilmondo del lavoro….l’istruzione….la sanità…lo stato sociale..e questo attacco non ha solo valenza economica, ma è anche un attacco all’idea e alla pratica di comunità.

Il tessuto sociale ne è sconvolto: lavoratori/trici, contadini/e, donne, addette/i ai servizi….popoli del terzo mondo…sono tutti dentro un comune progetto di sfruttamento, questo sì diventato globale.

Dentro questo processo siamo tuti/e poveri/e, siamo tutti/e nelle mani di un potere che ci infantilizza, che ci plasma per uno sfruttamento in tutti i momenti della nostra vita.

Ad un attacco politico a tutto campo, la risposta non può che essere sullo stesso piano.

Le lotte devono essere immediatamente politiche, gli spazi di mediazione, di contrattazione, di richiesta sono stati rimossi dal neoliberismo.

Per ora ha vinto, ci ha tolto la parola, cambiato i riferimenti, azzerato la memoria.

Questo mondo si è convertito ai valori nazisti attraverso lo Stato etico e il suo sviluppo secondo moduli di guerra.

Le dimensioni del neoliberismo tendono ad occupare tutti gli spazi e, addirittura, a non avere niente al di fuori di se stesse.

Il mondo è, mai come oggi, minuscolo, ma hanno tolto al genere umano la fede, la speranza, la carità e la voglia di lottare. Non a caso oggi la guerra non è più la continuazione della politica con altri mezzi, ma è diventata la base stessa della politica e, pertanto, rappresenta un nuovo ordine che si riflette nei rapporti interni e nelle regole stesse della cittadinanza. Da qui il controllo sempre più serrato, la militarizzazione di intere aree geografiche, l’invasività della polizia e della magistratura. L’immigrazione non è un problema in più che si aggiunge a quelli che già ci sono nei vari paesi dell’Europa occidentale, ma è il prodotto legittimo e programmato, non solo per la soppressione delle economie di autosussistenza nei paesi del terzo mondo, non solo per le guerre interetniche e interconfessionali promosse volutamente, ma anche perché è funzionale dal punto di vista economico : disponibilità di manodopera a costo minimo, pressione sugli altri lavoratori attraverso il ricatto della facile alternativa e sostituzione, sfruttamento nel lavoro di cura a livelli di semischiavitù, come nel caso delle badanti e delle domestiche.

Il capitale, nella sua caratteristica principale che è quella autoespansiva,,è arrivato alla stagione neoliberista e, questa, non è tanto una tendenza quanto una necessità per garantire la propria sopravvivenza.

Per questo è necessario analizzare le modalità con cui si sviluppa e si presenta, per poterlo contrastare.

Ogni segmento della società che si confronta, sia pure da punti di vista differenti, con il sistema, nel momento in cui reclama democrazia e uguaglianza, deve fare i conti con il carattere antidemocratico di questa società.

La ripresa delle lotte sociali oggi diviene il passaggio fondamentale, tanto più in questa stagione in cui il capitale diventa sempre più parassitario e non accetta più nulla delle richieste dei cittadini/e, ma risponde con la repressione.

Ma dove c’è repressione c’è resistenza e dove c’è resistenza nasce una nuova cultura.

E, quest’ultima, smaschera la storia addomesticata e si riannoda al valore sovversivo delle lotte degli anni ’70.

E’ questo il senso del nostro impegno: costruire momenti di resistenza e di antagonismo, rimuovere un concetto di libertà tutto chiuso nell’ordinamento capitalistico e patriarcale così come oggi lo si conosce, un concetto di libertà ridotto ad emancipazionismo, a rituali vuoti e ripetitivi che si traducono in un asservimento volontario e che, perciò, diventa un concetto morto, mentre la libertà è un processo espansivo.

Per noi la liberazione significa liberare la libertà.

La libertà è un sottrarsi ai limiti dentro gli orizzonti che sono stabiliti dal capitale e dal neoliberismo, è produzione di soggettività, è un’alternativa alla colonizzazione neoliberista e patriarcale della vita, è capacità di rompere, in maniera autonoma e autofondante, con il comando.

Noi viviamo nella solitudine, nella miseria, nella paura e, invece, vogliamo vivere la nostra condizione esistenziale.

Per questo la libertà non è un desiderio o un auspicio, ma è necessaria come l’aria per vivere, è ribellione, rifiuto, è forza di dire no.

E’ una libertà che riesce a rappresentarsi nella sfera del linguaggio, nella sfera della comunicazione, nelle relazioni interpersonali, che è altro rispetto alla metabolizzazione dei valori capitalistici e patriarcali della società.

La libertà è un fondamento materiale, è lì come l’hanno creata la lotta di classe e la lotta di genere.

E’ lavoro vivo, non è concepita in termini di dono, ma di costruzione.

 

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/10/30/la-parentesi-di-elisabetta-del-29102014/

Femminismo e antimperialismo

Data di trasmissione
Durata 59m 56s
 
I NOMI DELLE COSE

la trasmissione della coordinamenta femminista e lesbica

tutti i mercoledì dalle 20.00 alle 21.00

sugli 87.9 di Radio Onda Rossa

Durante l’estate rimanderemo, sempre nel nostro orario,

le trax che possono essere di base per un confronto, raggruppate per argomenti.

Femminismo e antimperialismo/ 27 agosto 2014

trax del 26/03/2014

Immagine rimossa.

 

Immagine rimossa.http://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/08/27/femminismo-e-antimperialismo/

 

 

"Te la farò pagare. Le classi sociali nell'esperienza trans e autonomia dei corpi."

Data di trasmissione
Durata 10m 18s
“Te la farò pagare. Le classi sociali nell’esperienza trans e autonomia dei corpi."

Da “I Nomi delle Cose”

Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe,la rubrica di Denis ogni ultimo mercoledì del mese trax del 29/01/2014

Immagine rimossa. "...La lotta  contro gli ingranaggi dell’oppressione di e del genere
nelle nostre vite, è una forma di sabotaggio della macchina del
capitale: materializziamola, festeggiamola."

 

e se volete leggere

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2014/01/30/te-la-faro-pagare-le-classi-sociali-nellesperienza-trans-e-autonomia-dei-corpi/