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L'aborto. Una storia

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Con le storiche Alessandra Gissi e Paola Stelliferi presentiamo questo importantissimo volume sulla storia dell'aborto. Il libro, oltre ad essere di piacevole lettura è un volume importante per riportare al centro del discorso la storia del femminismo e del dibattito sul corpo e l'autodeterminazione che non inizia nè finisce con la legge 194 del 1978.

Il libro edito da Carocci fa parte della collana diretta da Michele Colucci, Nodi dell'italia repubblicana.

L'Ohio dice sì all'aborto e alla cannabis

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Durata 14m 15s

Nonostante dei sondaggi elettorali decisamente negativi l'Ohio, uno degli stati chiave per le prossime elezioni della Casa Bianca, ha votato in maniera affermativa su due referendum popolari che chiedevano di inserire il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza nella costituzione statale e di permettere l'uso ricreativo della cannabis e dei suoi derivati. Commentiamo il voto insieme a Mattia Diletti, ricercatore presso l'università di Roma III.

Di "stanze per l'ascolto" e propaganda anti abortista a Torino

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Durata 14m 11s

Con una compagna di Non Una di Meno Torino parliamo della cosiddetta “stanza per l'ascolto” aperta all'interno dell' ospedale ostetrico e ginecologico pubblico Sant'Anna di Torino per impedire l'accesso al diritto all'aborto con il sostegno dell’assessorato regionale alle Politiche sociali del Piemonte, guidato da Maurizio Marrone, in quota Fratelli d’Italia. Il nome non deve trarre in inganno: dietro si nasconde il Movimento per la Vita, associazione anti abortista di integralisti cattolici che dal 31 luglio stazionerà al Sant’Anna, con l'obiettivo di convincere le donne a non abortire.

Alternativa ora!

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Partiamo con il lancio dell'assemblea aperta contro il Pnrr prevista per il 15 giugno: corrispondenza con un genitore del Liceo Albertelli da cui tutto è partito.

Approfondiamo la vicenda dell'Amaldi e l'ostilità alla diffusione di Scomodo: corrispondenze con un docente del Liceo e con un redattore della rivista.

Riflessioni in studio sull'ora di religione cattolica: come avvalersi delle alternative (sito uuar)

 

"Culle per la vita" e movimenti antiabortisti

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Durata 39m 20s

La culla termica della clinica Mangiagalli - oggetto dell'attenzione feticista di telegiornali e rotocalchi negli ultimi giorni, è stata donata nel 2007 dal Movimento per la vita, movimento antiabortista ad oggi molto presente negli ospedali italiani. Con Elisabetta Canitano, ginecologa e presidente dell'Associazione Vita di Donna, partiamo da un fatto di cronaca per allargare il ragionamento sulla presenza dei movimenti prolife negli ospedali e nei consultori familiari.

Comitato Nazionale di Bioetica

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Durata 43m 14s

Nel mese in cui il Comitato Nazionale di Bioetica si è pronunciato sul caso di Alfredo Cospito e viene continuamente tirato in ballo sul tema dell'omogenitorialità, ci pare utile ricostruire le origini, la storia, la composizione e il ruolo di un organismo che dovrebbe fornire sostegno scientifico alle discussioni politiche ma che in realtà è ben posizionato in ambienti prolife e antiabortisti. 

USA: si è deciso l’esito di ben 132 referendum

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Come spesso accade, durante le elezioni americane i cittadini sono chiamati a votare anche su una serie di referendum che possono avere un importante impatto sulla società. Lo scorso 8 Novembre si e’ deciso l’esito di ben 132 referendum distribuiti in 37 stati. Alla fine del 2022 gli Americani si saranno espressi su ben 140 referendum.

In queste ultime elezioni, i media si sono soprattuto concentrati sui 5 referendum dedicati alla questione aborto. In tutti e cinque i casi, il voto ha confermato che la maggioranza dei votanti vuole mantenere l’accesso all’aborto legale. In Michigan, Vermont e California il diritto alla libertà riproduttiva e’ diventato costituzionale. Mentre in Montana e’ stata sconfitta la proposta di riconoscere lo statuto di persona al feto. Per finire, in Kentucky non e’ stato approvato un emendamento alla costituzione dello stato che avrebbe negato il diritto all’aborto. A questi cinque referendum bisogna aggiungere quello votato in Kansas lo scorso Agosto. Anche in quel caso, la proposta di approvare un emendamento alla costituzione che avrebbe proibito il riconoscimento di un diritto all’aborto e’ stata sonoramente sconfitta. 

Un’altra questione su cui spesso gli americani sono chiamati a votare nei referendum è quella della droga. Non e’ un caso che dei 19 stati in cui l’uso della mariuana a scopo ricreativo e’ legale, 13 l’abbiano legalizzato proprio attraverso questo tipo di referendum. Quest’anno si e’ votato in cinque stati, ma solo in Maryland e Missouri il referendum e’ stato approvato, mentre in Sud and Nord Dakota e Arkansas i no hanno prevalso. Sempre sulla questione droga, in Colorado e’ passato un referendum che decriminalizza alcune sostanze psichedeliche e approva la creazione di centri dove le persone possono essere assistite mentre assumono queste sostanze. Un simile referendum era stato approvato in Oregon nel 2020. 

Quest’anno sempre in Oregon e’ stato approvato un nuovo referendum che in pratica decriminalizza l’uso personale di qualsiasi droga, incluso eroina e cocaina. Mentre la vendita di queste sostanze è ancora punita con il carcere, le persone sorprese con modiche quantità di stupefacenti rischiano una multa massima di 100 dollari o la visita ad uno dei centri contro la dipendenza. Questi centri verranno in parte finanziati dalle tasse sulla vendita di mariuana - legale sin dal 2014 -. 

Ovviamente non tutti i referendum proposti hanno degli intenti per così dire progressisti. Per esempio in Iowa e’ stato approvato un emendamento alla costituzione che riconosce il diritto a possedere un’arma da fuoco. Mentre in Nebraska e Ohio sono stati passati due referendum che introdurranno nuove regole sull’accesso al voto, chiaramente mirate a limitare il voto delle persone di colore.

Un voto che non ha ottenuto molta pubblicita’ ne’ nei media americani ne’ tantomeno in quelli italiani e’ stato quello che ha portato all’eliminazione di qualsiasi riferimento alla schiavitu’ o lavori forzati come forma di punizione dalla costituzione di 4 stati. Questa non e’ stata la prima volta che si e’ votato su questo argomento. Già nel 2018 in Colorado era stato approvato un simile referendum, mentre in Nebraska e Utah era stato approvato nel 2020. 

La presenza nelle costituzioni di alcuni stati americani di un riferimento alla possibilita’ di forzare qualcuno a lavorare contro la propria volonta’ puo’ essere spiegata con il fatto che questa eccezione e’ contenuta tutt’ora nel 13esimo emendamento della costituzione americana. Approvato nel 1865, subito dopo la fine della Guerra Civile, questo emendamento oltre a segnare la fine - almeno sulla carta - della schiavitu’ negli Stati Uniti, ha anche introdotto un’eccezione contemplando la reintroduzione di questa pratica nel caso di persone condannate per un crimine. Fu proprio grazie a questa eccezione che negli stati del sud la schiavitu’ fu reintrodotta grazie all’approvazione di alcune leggi (le cosiddette Black Codes) che miravano a creare una larga popolazione carceraria di colore che poi poteva essere costretta a lavorare nei campi di quelle stesse persone che prima della guerra civile li avevano costretti in schiavitu’.

Prima del voto di Novembre, si poteva trovare un simile linguaggio nelle costituzioni di ben 20 stati. Nello stato del Vermont questa eccezione va persino oltre. La sua costituzione infatti contempla la possibilita’ di costringere qualcuno alla schiavitu’ anche per il pagamento di un debito o di una multa.

Se da una parte e’ molto difficile ignorare il significato simbolico di questa vittoria, dall’altra non e’ ancora chiaro che tipo di implicazioni avra’ per tutte quelle persone che ogni giorno sono costrette a lavorare in condizioni disumane nelle carceri americane. Come molti esperti hanno sottolineato, le giustificazioni legali con cui gli stati americani forzano le persone incarcerate a lavorare, raramente fanno riferimento a questi emendamenti. Certo e’ che proprio quest’anno il parlamento californiano si e’ opposto all’approvazione di un simile referendum proprio per paura di dover poi garantire alle persone incarcerate lo stipendio minimo che ad oggi in California e’ di 15 dollari all’ora. Per far capire che tipo di contributo economico la popolazione carceraria da’ a questo stato, ricordiamo per esempio che circa il 30% dei pompieri che ogni anno cerca di contenere i devastanti incendi californiani sono persone incarcerate pagate poco più di 37 centesimi all’ora. 

Più in generale, secondo un recente documento pubblicato dall’American Civil Liberties Union, la popolazione carceraria americana produce ogni anno beni per un valore superiore ai 2 miliardi di dollari e garantisce servizi e manutenzione nelle prigioni per un valore annuo di circa 9 miliardi. 

Questi profitti sono garantiti mantenendo la paga media tra i 13 e i 52 centesimi all’ora, con stati come il Texas, la Florida e la Georgia in cui lo stipendio minimo per una persona che lavora in carcere e’ di zero dollari all’ora. E’ chiaro allora che se una persona e’ costretta a lavorare in queste condizioni, la distinzione tra lavoro e schiavitu’ e’ minima. 




 

  

 

  


 

Aborto. La regione Piemonte approva fondo da 400 mila di euro per attività associazioni pro vita

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Durata 19m 47s

La Regione Piemonte finanzia con 400 mila euro i progetti delle associazioni pro-vita che metteranno in campo soluzioni di sostegno alle donne incinte per scoraggiare l’aborto legato a cause di disagio economico e sociale. Il via libera al fondo “Vita nascente” è arrivato con l’approvazione di un emendamento al Bilancio di previsione 2022-24 della Regione presentato dall'assessore Fdi alle Politiche sociali Maurizio Marrone, lo stesso assessore che nel 2021 aveva ottenuto che tra i requisiti per entrare negli elenchi delle organizzazioni ed associazioni che possono operare nei servizi di tutela materno-infantile delle Asl, tra cui i consultori, fosse prevista “la presenza nello statuto della finalità di tutela della vita fin dal concepimento”. Ne parliano con una compagna di Non Una Di Meno Torino con cui parliamo anche dei contributi femministi e transfemministi al Climate Social Camp di Torino.