Per i/le compagni/e imputati del processo relativo allo scorso 15 ottobre, anch'essi accusati del reato di matrice fascista di devastazione e saccheggio, il Pm chiede il riesame e l'aggravamento delle misure cautelari.
Venerdì mattina si terrà l'udienza per il riesame.
Il Comitato cittadino di lotta per la casa lancia l'appuntamento per un presidio a piazzale Clodio il 20 luglio alle ore 9.00.
Per stare al fianco degli imputati per la manifestazione del 15 ottobre e ribadire il "NO ALLA DEVASTAZIONE DEI NOSTRI TERRITORI, NO AL SACCHEGGIO DEI NOSTRI SOLDI E DELLE NOSTRE VITE" e LIBERTA' PER TUTTI E TUTTE!
Radiondarossa invita le compagne e compagni di Roma a partecipare ad un saluto ad Alberto domenica 15 luglio a partire dalle 18 sotto rebibbia angolo via majetti. Per un appuntamento molto partecipato con un microfono aperto alla solidarietà e alla vicinanza ad Alberto e a chiunque si trovi chiuso dentro un carcere.
Suggestioni e commenti relativi alla sentenza della Corte di Cassazione del processo per devastazione e saccheggio.
La Cassazione ha condannato tutti i manifestanti per il reato di devastazione e saccheggio: cinque restano liberi in attesa del nuovo processo alla corte d'appello, per altri cinque si aprono le porte del carcere.
Non li lasceremo soli, Genova non finisce con questa condanna
Venerdì 13 Luglio 2012: a 10 manifestanti ancora sotto processo la
Corte di Cassazione ha confermato il reato di "devastazione e
saccheggio", tragica eredità del fascista Codice Rocco.
Per 2 di queste persone, ad 11 anni di distanza dai fatti
contestati, si sono aperte le porte del carcere.
Il reato di "devastazione e saccheggio" prevede una pena tra gli 8 e
i 15 anni.
Questo vuol dire che danneggiare degli immobili viene ritenuto di una
gravità quasi alla stregua di un omicidio preterintenzionale.
E' come se dare un calcio alla vetrina di una banca equivalesse ad
uccidere una persona.
Dal dopoguerra ad oggi, il reato di "devastazione e saccheggio" è
stato utilizzato in 20 occasioni, 11 delle quali dopo l'anno 2000.
Contro questa sproporzionata mostruosità giuridica è stata lanciata
la campagna http://www.10x100.it/, che in poco più di un mese ha
raccolto quasi 30 mila firme.
Uno dei condannati è Alberto, storico compagno della redazione di Radio Onda Rossa.
Per mandare lettere e telegrammi o anche soldi:
Marina Cugnaschi c/o Seconda Casa Di Reclusione Di Milano – Bollate - Via Cristina Belgioioso 120 - 20157 Milano (MI)
Per Fagiolino
Alberto Funaro c/o Casa di reclusione di Rebibbia - Via Bartolo Longo 72 - 00156 Roma
Per Gimmy:
Francesco Puglisi - Casa Circondariale di Roma Rebibbia - G9 – cella 12 – piano 2 – sezione A - Nuovo Complesso in Via Raffaele Majetti, 70 - 00156 Roma
Diverse iniziative si sono svolte ieri in alcune piazze italiane per chiedere l'annullamento delle condanne per devastazione e saccheggio su cui oggi, 13 luglio la Corte di Cassazione dovrà pronunciarsi.
Circa 30MILA sono le firme raccolte dalla campagna "Genova non è finita: dieci, nessuno, trecentomila"
Il 5 luglio a sostegno della campagna Genova non è finita: 10 per 100 anni di carcere ci sarà un concerto a piazza Trilussa a partire dalle 18.30. Marco Messina dei 99 Posse spiega i motivi che hanno spinto il gruppo partenopeo ad aderire alla campagna.
Ospite ai nostri microfoni, per raccontare la sua storia, uno dei dieci imputati del processo per devastazione e saccheggio, la cui sentenza sarà pronunciata il prossimo 13 luglio dalla Corte di Cassazione.
Durata 1° audio: 18':01''
Durata 2° audio: 14:14''
Per info sulla campagna 10x100, Genova non è finita:
Dibattito a Piazza dell'Immacolta, S.Lorenzo, 3 Luglio 2012, h. 19,30
Nel luglio del 2001 ci recammo a Genova in 300 mila per gridare ai potenti del G8 “un altro mondo è possibile”. Un mondo dove le scelte politiche non fossero dettate dalle banche e dagli speculatori e dove la voce dei molti non fosse zittita dall’arroganza dei pochi. Da una parte c’era il “movimento dei movimenti”, la più imponente ondata di mobilitazione collettiva – a livello mondiale, peraltro – dalla fine degli anni Settanta, la cifra distintiva della pluralità ne costituiva la forza e l’imponenza. Dall’altra i governi e il Potere economico, che a Genova trovarono il teatro ideale per la rappresentazione della tragedia, il cui finale doveva essere uno e uno solo: fare degli anni a venire un deserto dell’ opposizione sociale, per dare libero sfogo alla globalizzazione selvaggia, al neoliberismo rampante, alla finanza da rapina.
Dopo 11 anni da quelle giornate e in vista delle sentenze che andranno a chiudere i processi genovesi, vorremmo leggere quel G8 come un primo esperimento, un vero e proprio laboratorio del controllo della conflittualità sociale.
In questi 11 anni, in Italia e non solo, i governi hanno dato vita ad una sperimentazione continua degli apparati di controllo, costituita dal connubio indissolubile tra la le misure repressive attuate nelle piazze e i sottili meccanismi preventivi e punitivi che colpiscono determinate “categorie di persone” indesiderate. Un filo rosso che passa per i dispositivi penali rispolverati dai tempi bui della storia del nostro paese, come il reato di devastazione e saccheggio.
Dagli stadi alle piazze, passando per i CIE, veri e propri lager per migranti, questo reato, concepito dal codice penale fascista, il codice rocco, è stato recuperato per annichilire qualsiasi espressione del dissenso, uno spauracchio ingombrante, grazie al quale è più facile comminare pene enormi a chi si vuole colpire. Pene persino superiori a quelle previste per reati come l’omicidio.