Ascolta lo streaming di Radio Onda Rossa !

Il Rojava è sotto attacco da parte dello stato Turco

Data di trasmissione
Durata 6m 31s

Dopo l’attentato di Istanbul, che ha causato 6 morti numerosi feriti e caos e paura diffusi,  il governo centrale ha avviato una campagna politica trovando l’origine dell’attentato in Rojava , accusando quindi il pkk, le ypj, le ypg. Le prime dichiarazioni governative erano pura vendetta, come si riscontra nelle dichiarazioni del ministro dell’interno. Le fonti locali in Rojava  parlano di ingenti bombardamenti , civili uccisi , droni militari. Ankara invece parla di un’operazione legittima che sta puntualmente evitando i civili. Washington da tempo riteneva probabile un attacco turco di questa portata. L’attenzione va mantenuta alta sia perché è chiaramente un’azione militare legata alla politica interna della Repubblica turca e sia perché stanno uscendo le prime dichiarazioni degli arrestati dopo l’attentato, che senza sorprese sono strane e contraddittorie.

Ne parliamo con Murat Cinar, giornalista esperto di Turchia e Kurdistan.

 

In difesa di Kobane e della Rivoluzione del Rojava

Data di trasmissione

Nell’autunno 2014, l’ISIS ha attaccato la città di Kobane, la cui popolazione dal 2012 aveva scelto di autogovernarsi e aveva aderito alla Federazione Democratica del Rojava, una striscia di terra nel nord della Siria abitata principalmente da curdi che nel caos della guerra civile siriana aveva deciso di iniziare una rivoluzione secondo i principi del Confederalismo Democratico. Milioni di persone sono scese in piazza in tutto il mondo e supportato l’eroica resistenza delle forze di autodifesa (YPJ/YPG) e della popolazione civile fino alla liberazione della città conclusa il successivo 26 gennaio 2015 con la sconfitta dell’Isis. La resistenza di Kobane ha permesso che la rivoluzione del Rojava venisse conosciuta nel mondo attraverso le storie degli uomini e delle donne, che hanno resistito contro un nemico dell’umanità a costo delle vite di migliaia di giovani.

Oggi il Rojava è sottoposto a una minaccia esistenziale, dopo le invasioni turche del 2016, 2018 e 2019, Erdogan minaccia una nuova invasione su larga scala.

Ne parliamo con un compagno tornato da poco dal Rojava.

Presentazione di Rabbia proteggimi

Data di trasmissione
Durata 1h 3m 46s

Con l'autrice Maria Edgarda Marcucci presentiamo il libro Rabbia proteggimi dalla Val di Susa al Kurdistan storia di una condanna inspiegabile. La lotta internazianalista con le unità delle combattenti delle Ypj in Kurdistan, piuttosto che la manifestazione oceanica a Verona di Nonunadimeno contro il vertice patriarcale sulla famiglia sono solo alcune delle storie che Eddi ci racconta in questo libro appassionato ma di grande riflessione politica. Al centro la sua vicenda giudiziaria per cui le è stata data la Sorveglianza speciale non per essere andata a cambiattere in un paese straniero ma per esserci andata come militante. A prova che il femminismo mette ancora tanta paura.

12 febbraio a Roma e a Milano per la libertà di Ocalan

Data di trasmissione
Durata 27m 9s

12 febbraio di nuovo in piazza per chiedere la libertà di Ocalan, la fine del PKK nella lista nera dei terroristi e per una solidarietà alla rivoluzione del Rojava.

Dal sito di UIKI

Da 23 anni Abdullah Öcalan è stato imprigionato a seguito della cospirazione internazionale del 15 febbraio 1999. Per oltre dieci anni è stato l’unico prigioniero nell’isola fortezza di Imrali. Nonostante le condizioni indescrivibili del suo isolamento non ha mai smesso di sperare in una soluzione pacifica ai conflitti in Medio Oriente. Per diversi anni Öcalan è riuscito a negoziare  con il governo turco per raggiungere questo obiettivo. La stragrande maggioranza della popolazione curda vede Abdullah Öcalan come proprio rappresentante, e ciò è stato confermato dalla raccolta di firme di oltre 3,5 milioni di curdi nel 2005.

Ocalan è un attore politico e il suo status ha anche dimensioni politiche più ampie. La società curda, così come gli analisti politici, lo considerano un leader nazionale e il rappresentante politico dei curdi. La prigione dell’isola di İmralı, gestita dallo stato turco, continua ad essere sottoposta ad uno status straordinario. Il continuo isolamento di Ocalan, che dura già da 23 anni, si basa su pratiche  considerate illegali sia dalla magistratura turca che dal sistema giuridico internazionale.

Le Nazioni Unite hanno la responsabilità di garantire che la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo si applichi e venga applicata anche per Ocalan. Il sistema İmralı può continuare ad esistere solo con il consenso, o almeno il totale disinteress di istituzioni internazionali come l’ONU.

Lo Stato turco sta attualmente sottoponendo Abdullah Öcalan a un regime di isolamento che non ha precedenti. Ogni visita dei suoi avvocati o dei suoi familiari è resa possibile solo attraverso lunghe lotte e mobilitazioni. Nel 2019, ad esempio, è stato possibile rompere l’isolmento attraverso lo sciopero della fame di migliaia di prigionieri politici nelle carceri turche e di esponenti della società civile durato diversi mesi.

Per la prima volta dopo molti anni gli è stato possibile entrare in contatto con i propri familiari e i propri avvocati. L’ultima breve telefonata tra Abdullah Öcalan e suo fratello è avvenuta nel marzo 2021, ma è stata improvvisamente interrotta. Il fatto che da allora non sia stato ricevuto un solo segno di vita fa temere per le sue condizioni di salute.

In tutto il paese le pratiche adottate sull’isola di Imrali sono state estese per ridurre al silenzio ogni voce di dissenso, ogni forma di opposizione che veda nella soluzione politica della questione curda una svolta per una trasformazione democratica di tutto il Medioriente. Attraverso Imrali lo Stato turco si sta sforzando non soltanto di isolare fisicamente Abdullah Öcalan come persona, ma di sopprimere i risultati democratici che sono emersi dalle sue idee.

Infatti il Confederalismo democratico introdotto da Abdullah Öcalan ha prodotto il risveglio della società in tutto il Kurdistan. I valori di uguaglianza di genere e di credo, per una società democratica ed ecologica, sono alla base di importanti processi di trasformazione democratica fondati sull’autogoverno come nel caso dell’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est e dell’autogoverno degli yazidi di Shengal.

Sia che si tratti della guerra di invasione del Kurdistan del sud (nord Iraq), sia che si tratti dell’invasione del Rojava e o delle politiche fasciste del governo dell’AKP contro il popolo curdo in Turchia, questo modello democratico e partecipativo è sottoposto a pesanti attacchi da parte della Turchia e delle forze della modernità capitalista.

Per questa ragione oggi è più che mai necessario far sentire la nostra voce. Rompere l’isolamento e la liberazione di Abdullah Öcalan significano dare una prospettiva di pace e di democrazia  a tutti i popoli del Medioriente.

Il tempo della libertà è arrivato: Invitiamo tutti i partiti, le organizzazioni sindacali, gli esponenti della società civile e del mondo della cultura a partecipare alla giornata di mobilitazione nazionale del sabato 12 febbraio 2022 a:

Roma: Piazza dell'Esquilino Ore 14:30

Milano: Largo Cairoli Ore 14:00

Hasakah attacco Isis alla prigione di Sina'a

Data di trasmissione

L’attacco realizzato dallo Stato islamico alla prigione di Sina’a, nel quartiere di Ghiweiran ad Hasakah, nord est siriano, tra giovedì 20  e venerdì 21 gennaio, è stato il più grave degli ultimi anni. Un attacco coordinato, tra dentro e fuori, tra i prigionieri islamisti detenuti dalle Forze democratiche siriane (Sdf) e le cellule ancora libere di operare.

Ne parliamo con Chiara Cruciati giornalista del Manifesto

Iraq: Shengal un laboratorio politico

Data di trasmissione

Nell’agosto 2014 iniziava la brutale occupazione dell’Isis. Sette anni dopo la comunità ezida usa l’autogoverno contro l’assedio degli Stati e gli ostacoli interni: «All’inizio l’interesse per il confederalismo democratico è stato acritico, più per sopravvivenza che per consapevolezza politica. Oggi quel modello è in fieri»

Ne parliamo con Chiara Cruciati giornalista del manifesto che così ne scriveva ad agosto 2021 dopo essere entrata a Shengal.