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antifascismo

Il governo approva l'istituzione del museo delle foibe

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Il Consiglio dei ministri, su proposta della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ieri ha approvato il disegno di legge che istituisce il museo che avrà il compito di "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati". Nessun storico, nessuna storica ne sapeva niente, il progetto si provila come l'ennesimo tassello di una propaganda che cresce da anni.

Ne parliamo con lo storico Eric Gobetti

 

 

 

 

Sull'udienza in Ungheria a Ilaria Salis

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Parliamo con il giurista Fabio  Marcelli sull'udienza che si è svolta lunedi in Ungheria.

Lunedì 29 gennaio si è tenuta al tribunale di Budapest la prima udienza del processo a carico di Ilaria Salis, Tobias Edelhoff e Anna Christina Mehwald, a cui abbiamo assistito come osservatori internazionali per il Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia e per l'Associazione europea dei giuristi e delle giuriste per la democrazia e i diritti umani nel mondo. Ilaria Salis, maestra e cittadina italiana detenuta in pessime condizioni dallo scorso 11 febbraio in un carcere di massima sicurezza, è stata tradotta in aula con i polsi e le caviglie bloccate da manette e con una sorta di guinzaglio che le cingeva la vita, impugnato da un’agente di polizia penitenziaria.  Gli imputati erano inoltre seduti lontano dai propri difensori e scortati da agenti in tuta mimetica e passamontagna nero che sono rimasti loro vicino per tutta la durata dell’udienza. Tali circostanze – in netto contrasto con i principi e le tutele previste dal diritto comunitario – oltre a configurare un trattamento degradante e lesivo della dignità, pongono gravi problemi in merito alla possibile influenza sull’imparzialità di giudizio, sulla violazione del diritto di difesa e sulla presunzione di innocenza.
Il reato contestato a Salis è lesioni potenzialmente mortali a fronte di referti medici che attestano lesioni guarite in un lasso di tempo che va dai 5 agli 8 giorni. La pena comminabile va da un minimo di 2 a un massimo di 24 anni, lasciando un eccessivo margine di discrezionalità al giudice. La competenza è, peraltro, affidata ad un giudice monocratico nonostante la pena irrogabile sia potenzialmente superiore ai 20 anni. Inoltre, il giudice che deciderà la causa ha già avuto accesso e conosciuto tutti gli atti dell’accusa, ha già emesso una sentenza di colpevolezza nei confronti del coimputato Edelhoff ed ha rigettato la richiesta di quest’ultimo di sostituzione della misura con altra meno afflittiva, esprimendosi così anche sulla necessità che rimanga in carcere nonostante la pena irrogata sia bassa, 3 anni, di cui uno interamente già scontato.
Nel nostro ordinamento, il reato contestato a Salis non sarebbe perseguibile per assenza della condizione di procedibilità, mancando la querela delle persone offese. In base alla pena irrogabile sarebbe di competenza collegiale e verrebbe deciso da giudici terzi e imparziali che non hanno accesso agli atti dell’accusa né possono essersi già pronunciati sulla colpevolezza di altri coimputati.
Il diritto di difesa di Salis è stato compromesso anche dal mancato accesso a tutto il materiale probatorio, non avendo avuto la possibilità di visionare i filmati indicati dall’accusa come prove né avendo avuto la disponibilità di tutti i documenti tradotti in lingua italiana.
Infine, fino ad oggi, è stata negata a Salis la possibilità di ottenere gli arresti domiciliari in Italia a fronte della sola esigenza cautelare del pericolo di fuga, non essendole contestato né il pericolo di inquinamento probatorio né quello di reiterazione del reato. Tale circostanza risulta essere particolarmente allarmante tradendo, di fatto, una completa sfiducia nelle istituzioni italiane. La misura ben potrebbe essere eseguita con l’ausilio del c.d. braccialetto elettronico che offrirebbe le più ampie garanzie di controllo, scongiurando il pericolo cui la misura è sottesa.
Ci auguriamo che le autorità diplomatiche e il Governo siano in tempi rapidi in grado di porre fine alle violazioni riscontrate, ristabilendo le garanzie e il rispetto dei diritti che dovrebbero essere riconosciuti a ogni cittadino e a ogni cittadina italiana ed europea.

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Il mito di furio jesi; fra Cultura di Destra e Cultura di Sinistra.

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Furio Jesi è un intellettuale degli anni '70 non molto conosciuto. È uno studioso dei miti e della "macchina mitologica", cioè del metodo con cui secondo lui si è venuta a costruire la cultura di destra. Riflette tanto dunque sulla cultura di destra, ma verso il 1979 (morirà giovane nel 1980) alla domanda se è possibile distinguere nell'Italia di quegli anni, una cultura di destra da una di sinistra, risponde così: " Ho qualche dubbio circa la possibilità di applicare oggi, in Italia, la distinzione fra destra e sinistra, non perchè in stratta io la ritenga infondata ma perchè non saprei bene quali esempi di sinistra citare (se la destra è quella che dicevo)". In questo spazio redazionale, con due ospiti studiosi e interessati, proviamo a riflettere su alcuni aspetti del pensiero di Jesi. Cominciamo con dei cenni biografici per poi addentrarci all'interno delle riflessioni jesiane, provando anche ad articolarle e declinarle al giorno d'oggi.  

I testi che vengono citati sono: 
C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza.
F. Jesi, Cultura di destra,

Riflessioni sull'Antifascismo verso il corteo di Milano

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In un primo audio, proviamo a ragionare con una compagna di Milano sulle derive autoritarie dei governi in Europa. In particolare, a partire dai fatti di Budapest che hanno coinvolto compagni e compagne, proviamo a declinare un contesto discriminatorio generale e sistemico.

 

Nella seconda parte, diamo spazio a riflessioni sulla base di quanto detto prima. In particolare, abbiamo parlato di repressione governativa, individuazione politica del nemico interno ed oggettivo, e delle politiche securitarie nei confronti delle lotte nei territori.

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Presidio antifascista all'Alberone

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"L’attuale governo di questo paese - che rappresenta, oltre la coltre di fumo della sua ideologia, i più schietti interessi della borghesia italiana (in linea di continuità con tutti i governi che l’hanno preceduto) - dopo più di un anno di politiche antiproletarie mostra qual è il vero volto del “patriottismo”: strumento di oppressione dei lavoratori e delle lavoratrici per permettere uno sfruttamento privo di ostacoli della forza-lavoro da parte del capitalismo italiano.

Per questo il 7 di gennaio  ha per noi un significato duplice, in una prospettiva rivoluzionaria, internazionalista e di classe: opposizione alle bande di neofascisti che infettano le nostre città con la loro ideologia e la loro prassi reazionaria e opposizione alle politiche economiche e sociali del governo Meloni, che al fascismo ed ai neofascisti dà spazio ufficioso e piattaforme politiche: i due aspetti, come sempre, sono condizioni necessarie e sufficienti l’una dell’altra.

Inoltre, nel contesto dei rinati venti di guerra che soffiano negli ultimi due anni - sui quali questo governo soffia, in concomitanza con il ricompattarsi del blocco NATO - il nostro 7 gennaio vuol essere anche una chiamata per ribadire la nostra opposizione militante ad ogni politica bellica dei nostri governi occidentali, sovranisti e non: il sovranismo, il fascismo così come tutte le ideologie che sventola la borghesia hanno ragion d’essere come strumenti di addormentamento ideologico e giustificazione delle future carneficine in cui verrà sacrificato il proletariato sull’altare del profitto.

Lottare contro il capitalismo e il fascismo (che del capitalismo è il braccio armato non ufficiale) vuole dire esprimere il bisogno materiale di una rinascita delle condizioni che rendano una rottura possibile in Italia, in Europa e nel resto del mondo"

Aggiornamento antifa Budapest

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Durata 26m 16s

Di seguito ricondividiamo l'appello per il 13 gennaio

 

APPELLO PER UN CORTEO NAZIONALE ANTIFASCISTA A MILANO

13 GENNAIO 2024

Oltre al sempre più evidente inasprimento di politiche securitarie, misure di segregazione ed esclusione, meccanismi di controllo della popolazione, che negli ultimi decenni stanno caratterizzando la gestione del territorio definito Europa, assistiamo contestualmente al rafforzamento di posizioni di estrema destra. Gruppi neonazisti e neofascisti organizzati e con ampi margini di agibilità, fuori e dentro le istituzioni, proliferano sempre più.
Decenni di profonde crisi economiche e sociali, oltre ad aver messo in ginocchio la parte più povera e vulnerabilie della popolazione, hanno creato un terreno assai fertile alla propaganda di idee populiste, identitarie e fortemente reazionarie. Diverse forze politiche, più o meno istituzionali, stanno in questi anni raccogliendo i risultati di questa propaganda: dalla crescita del consenso registrata dai maggiori partiti di destra europei, come il Rassemblement National, la Lega e Fratelli d'Italia, l'AfD e Vox fino al successo delle manifestazioni di piazza fomentate dai fascisti. Il movimento per l'indipendenza della Macedonia in Grecia, l'infiltrazione dei fascisti in diverse piazze contro le restrizioni Covid-19, i recenti disordini in Spagna contro l'amnistia per i separatisti catalani o gli scontri razzisti scoppiati a Dublino sono solo alcuni degli esempi che ci vengono in mente.
In questo contesto di oppressione sempre più esplicita e invasiva e di brusco riassestamento del capitalismo globale, chi si organizza per resistere e combattere la violenza degli Stati, del capitale e quella dei loro cani da guardia di estrema destra si trova di fronte a una repressione sempre più estesa e aggressiva. In tempi cupi come quelli che viviamo, in cui i venti di guerra fischiano sempre più forti alle nostre orecchie, la repressione del nemico interno e la pacificazione sociale si manifestano come priorità di tutti i governi nazionali.

In questo quadro generale, mentre l'Unione Europea sta valutando la possibilità di inserire i gruppi antifascisti nell'elenco di quelli indicati come terroristi, due compagni si trovano da febbraio 2023 in carcere in Ungheria. Entrambi sono coinvolti in un'inchiesta della polizia ungherese per degli attacchi subiti da alcuni neonazisti giunti a Budapest da tutta Europa durante il weekend del "Giorno dell'Onore". Ricorrenza in cui i nazisti commemorano l'annientamento della Wehrmacht tedesca avvenuto l'11 febbraio del '45 da parte dall'Armata Rossa durante l'assedio di Budapest.
Il castello accusatorio dei procuratori magiari non si limita però ai fatti accaduti a Budapest né ai giorni della commemorazione: nell'ambito di una sempre più fitta collaborazione tra Stati e polizie Europee, il tentativo degli inquirenti è quello di collegare le azioni avvenute in Ungheria ad un ben più ampio procedimento aperto in Germania a partire dal 2018: la cosiddetta inchiesta "AntifaOst" che vede imputati numerosi compagni e compagne tedesche accusate di aggressioni ai danni di esponenti di spicco del mondo neonazista tedesco. Il tentativo è quello di affermare l'esistenza di una fantomatica associazione criminale che avrebbe organizzato gli attacchi avvenuti in Ungheria.
Per questo motivo oltre a Ilaria e Tobias, detenuti a Budapest, la procura ungherese ha chiesto di spiccare 14 Mandati di Arresto Europei (MAE) nei confronti di altrettanti compagni tedeschi, italiani, albanesi e siriani. Molti di loro ad oggi non sono stati trovati.
Gabriele, un compagno di Milano, si trova, invece, agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni dal 22 novembre, a seguito dell'esecuzione di uno di questi MAE.
L'iter processuale che deciderà sulla sua estradizione dall'Italia all'Ungheria si concluderà verosimilmente nel mese di gennaio 2024, mese in cui a Budapest inizierà il processo contro Ilaria, Tobias e una terza compagna imputata insieme a loro. Sono accusati a vario titolo di aver preso parte agli attacchi e di essere membri o conoscere la supposta associazione che li avrebbe organizzati.

Il 13 gennaio scenderemo in strada non solo per  esprimere in maniera netta la nostra solidarietà e vicinanza ai prigionieri di Budapest così come a Gabriele e ai compagni che sono ricercati; vogliamo anche ribadire chiaramente che abbiamo scelto da che parte stare.
Abbiamo scelto di non delegare la lotta contro fascisti e nazisti a quegli apparati istituzionali democratici che non fanno altro che difenderli e legittimarli in nome di una millantata "libertà d'espressione". Siamo convinti che i fascisti vadano combattuti in maniera diretta, in questo momento storico più che mai. Rivendichiamo le pratiche militanti e crediamo necessario attuarle ad ogni latitudine per fermare i gruppi nazisti.
Anche nelle città italiane, se pur in maniera meno violenta che in altri contesti europei, i fascisti sono presenti e provano ad alzare la testa. Questi servi del capitale, finti ribelli utili solo a mantenere l'attuale l'ordine sociale, vanno fermati sul nascere!

Ogni giorno nelle nostre lotte, nei nostri percorsi, scegliamo di stare con chi si oppone ai padroni, chi è sfruttato, chi subisce la repressione, chi resiste alle guerre imperialiste e decide di rispondere, con chi non delega la propria libertà.
Scegliamo di schierarci contro i confini, che vengono controllati militarmente e chiusi impedendo a chi fugge dalla miseria di trovare un luogo più sicuro e di fatto mettendo a rischio la loro vita. 
Gli stessi confini che quotidianamente uccidono chi emigra sono, da sempre, terreno di repressione politica e controllo capillare del territorio. Di recente si sono affinati strumenti amministrativi, più veloci e, nella forma, “spoliticizzati”. Per fare solo qualche esempio, pensiamo ai compagni italiani trattenuti a Parigi e rimpatriati i primi di giugno in occasione della commemorazione di Clement Meric, o alle decine di compagni e compagne bloccate in frontiera con un'interdizione ad entrare nel territorio francese per la manifestazione No Tav in Val Maurienne a fine giugno, o ancora alle interdizioni apparentemente "a vita" di entrare in Francia notificate in seguito alla grande giornata di lotta contro il mega bacino di Saint Soline del 25 marzo. Se da una parte questi esempi ci mostrano un controllo del dissenso politico sempre più pesante e una collaborazione tra polizie Europee molto stretta, contestualmente assistiamo ad un utilizzo di strumenti come i MAE sempre più spregiudicato ed "efficace".
 Non ci faremo piegare dalla repressione, e non rinunceremo a spostarci in contesti di lotta anche lontani da dove stiamo tutti i giorni.
Siamo per l'agire in prima persona, non delegando le nostre lotte alle istituzioni e allo Stato che accolgono tutto ciò che rientra nel loro canone di democrazia e pacificazione tentando di ripulirsi la faccia con belle parole che solo parole rimangono. 
È possibile un mondo libero da fascismi e fascisti, sta a noi costruirlo.

LIBERTA PER ILARIA, TOBIAS E GABRIELE!

SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE INQUISITE E LATITANTI!

LIBERTÀ PER TUTTI E TUTTE!

Compagni e compagne di Milano

Immagine rimossa.

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Atene antifascista

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Durata 13m 25s

Un compagno di Atene  racconta quanto accaduto in questi giorni nella città greca, invasa da un raduno internazionale di fascisti. A questo raduno diverse persone nel tempo hanno provato a contrapporsi nelle strade e nelle piazze. I gruppi fascisti, difesi dalla polizia, hanno fatto un agguato agli/alle antifascisti/e nella metro. Il compagno oltre a farci un quadro del clima che ha accompagnato questi giorni di lotta ad Atene, ricorda come la lotta antifascista è la lotta al fianco del popolo palestinese.

Studenti in lotta: Palestina libera. No ai fascisti nelle scuole

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La trasmissione si apre con una corrispondenza dalla Sapienza dove si è svolta una manifestazione sotto il Rettorato che in seduta straordinaria discuteva una mozione schierata a fianco di Israele.

In seguito si è parlato delle dichiarazioni di Valditara che minaccia galera e ispezioni nelle scuole di Milano che hanno visto studenti esprimere solidarietà al popolo palestinese, schiacciando tutta la politica a pro o contro Hamas.

Infine sentiamo un compagno del collettivo del Righi, ultimo di una serie di Licei romani colpiti da scritte e presenze fasciste: al Righi i fascisti sono arrivati alle minacce scritte contro uno studente del collettivo.

 

Giorgio Marincola uno di noi

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Durata 29m 39s

Giorgio Marincola uno di noi: la lotta contro il fascismo e il razzismo continua.

Il centenario della nascita di Giorgio Marincola è un’occasione importante per affermare ancora una volta che il fascismo e il razzismo devono essere definitivamente cancellati dalla storia.La vita di Giorgio rappresenta in modo significativo la forza dell’antifascismo come strumento per combattere ogni forma di discriminazione e sfruttamento. Nato in Somalia nel 1923 da padre italiano e madre somala, successivamente partito per l’Italia, Giorgio inizia a respirare fin dagli anni della scuola un’aria diversa da quella del regime instaurato da Mussolini e dei Savoia, venendo a contatto nella città di Roma con figure destinate a diventare centrali nella Resistenza, come Pilo Albertelli, suo professore di liceo. Studente appassionato e curioso, ragazzo vivace e generoso, è impegnato già nell’autunno 1943 nella lotta partigiana. Combatte a Roma nelle file del Partito d’Azione, sostiene le formazioni partigiane nella zona del Viterbese, liberata la Capitale decide di continuare a combattere arruolandosi con gli Alleati per poter sconfiggere i fascisti e i nazisti ancora presenti nell’Italia settentrionale. Viene ucciso in una delle ultime stragi naziste, in Trentino, il 4 maggio 1945.

Marincola è stato un cittadino italiano di origine africana. La sua storia, le sue scelte, le sue battaglie rappresentano oggi un punto di riferimento imprescindibile per tutte e tutti coloro che ogni giorno si rifiutano di accettare di vivere in un mondo dove il patriarcato, la discriminazione razziale, lo sfruttamento, rimangono fondamenta sociali. L’Europa, il Mediterraneo e l’Italia sono attraversati ormai da tempo da conflitti che ne mettono in discussione i confini e le leggi autoritarie. Un fiume di persone che quotidianamente porta avanti una battaglia spesso silenziosa e poco visibile, in uno scenario dominato da sopraffazione e violenze.

Vogliamo per questo ricordare il pensiero e le azioni di Giorgio Marincola e il suo generoso contributo alla lotta di Liberazione, in relazione con tutte quelle resistenze piccole e grandi che oggi mettono in discussione questo ordine sociale. A partire dalle scuole, primo luogo in cui gli studenti ed in particolare quelli di seconda generazione si scontrano con un clima oppressivo, che premia ed alimenta la prevaricazione sull’altro. Una scuola che non è un ascensore sociale e che non permette una reale emancipazione, lasciando indietro minoranze e alimentando il concetto che esistano studenti, ed in futuro cittadini, di serie A e di serie B, una scuola che per questo diventa sempre più una gabbia.

Il modello scolastico specchio di una società basata sulle disuguaglianze, che convive con la responsabilità di vere e proprie condanne a morte per tutti gli immigrati che attraversano mari e territori ostili per raggiungere l’Europa. Vite che come cento anni fa vengono lasciate in bilico tra il disinteresse e l’odio, la strumentalizzazione politica e gli interessi affaristici. L’attuale governo Meloni, come i precedenti negli ultimi 30 anni, rafforza i dispositivi repressivi e liberticidi, rinchiude e respinge i corpi, senza affrontare la contraddizione della cittadinanza, la piaga del caporalato e dell’ipersfruttamento dai campi agricoli ai capannoni della logistica.

Nel nome di Giorgio Marincola ci muoveremo in corteo dalla sua casa romana, nel quartiere di Casal Bertone, dove verrà deposta una corona di fiori e rilanciata la campagna per intitolargli la futura fermata della Metro C, la metro dei nostri quartieri, che ora viene chiamata con il nome ‘Amba Aradam’, simbolo atroce dell’imperialismo tricolore.

Attraverseremo un territorio dove sono vive e attive le lotte, delle seconde generazioni e dei migranti, per la casa contro la rendita, per l’ambiente e contro la speculazione edilizia, per la salute e i diritti sociali. Un territorio antifascista che resiste, che si è sviluppato attorno a quella che per un periodo è stata la fabbrica più grande di Roma, la SNIA Viscosa.

Il 1923 è anche l’anno in cui la fabbrica inizia la produzione, il 5 settembre di cento anni fa si aprono per la prima volta i cancelli a migliaia di lavoratori, per la maggior parte donne e immigrati, manodopera a basso costo sfruttata dal capitalismo industriale di inizio secolo. Un opificio considerato fiore all’occhiello del regime fascista, ma che fu teatro di rivendicazioni, scioperi, cospirazione, sabotaggi, occupazioni. Un luogo oggi simbolo delle lotte ambientali, ora parzialmente parco riconosciuto come Monumento Naturale, ma dove continua la vertenza contro la cementificazione e per il completo esproprio. Il corteo raggiungerà il CSOA exSNnia, confluendo all’interno del programma di Eat Up!, che da anni racconta i conflitti nei territori attraverso il cibo di strada del mondo, per chiudere con una grande serata artistica.

Per discutere di questi temi, condividere il programma delle iniziative che ci accompagneranno all’anniversario del Centenario, aderire alla piattaforma e raccogliere idee e proposte per dare respiro a questo percorso, ci vediamo in assemblea cittadina mercoledì 13 settembre alle ore 17:30 presso i Magazzini Popolari di Casal Bertone in via Baldassarre Orero, 61.

L’antifascismo ha mille colori e il 23 settembre li porteremo tutti in piazza. Una giornata che ci vedrà connessi con l’assemblea nazionale di “Ci vuole un reddito” e il corteo promosso dal Movimento per l’abitare a Roma Sud, perché la lotta è una!

Promuovono e invitano alla partecipazione: Black Lives Matter Roma, CSOA Ex-Snia, Rete G2 – Seconde Generazioni, Melitea, gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma &Lazio, associazione culturale Somaliyey Toosa, collettivo studentesco del liceo classico Pilo Albertelli, Coordinamento ANPI V Municipio, ActionAid Italia, Collettivo “Razza Partigiana”, Dans la rue – Antifa vandal, Azione Antifascista Rome Est, CdQ Casal Bertone, Magazzini Popolari Casal Bertone, Palestra Popolare Casal Bertone.

Ne parliamo dai microfoni della Radio con una compagna ed un compagno di Black Lives Matter Roma.