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antifascismo

Memoria antifascita per Roberto Scialabba

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In questo redazionale abbiamo parlato con Andrea, del Comitato Organizzatore del Presidio in Memoria di Roberto Scialabba, per chiamare alla partecipazione del presidio antifascista, mercoledì 28 alle 17 a piazza S. Giovanni Bosco, in memoria del compagno assassinato dai NAR un 28 febbraio del 1978.

 

Valerio Verbano: 22 febbraio corteo via monte bianco

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Durata 21m 13s

Memoria fra passato e presente. Sentiamo la voce degli studenti e delle studenti di oggi che ci dicono per loro il significato di ricordare Valerio e le lotte. Inoltre ci raggiunge telefonicamente un compagno che aggiunge il legame con la lotta palestinese e che la giornata di domani comincerà alle 8 per impedire che Rocca ricordi un compagno ucciso dai fascisti.

22 febbraio 1980 - 22 febbraio 2024

Via Monte Bianco
ore 16.00 un fiore per Valerio, Carla e Sardo
ore 17.00 corteo cittadino
Lз Compagnз di Valerio

 

Di seguito i comunicati:

NESSUNA IPOCRISIA NESSUNA PACIFICAZIONE: ROCCA IL 22 22 FEBBRAIO ROMA ANTIFASCISTA NON TI VUOLE!
Nelle scorse ore abbiamo appreso la volontà del governatore della Regione Lazio Francesco Rocca di venire il 22 febbraio in via Monte Bianco a rendere omaggio a Valerio Verbano nell’anniversario del suo omicidio.
Non vogliamo che avvenga davanti ai nostri occhi un altro teatrino dove esponenti di centrosinistra e centrodestra si stringono le mani, per dichiarare poi frasi di circostanza sugli “anni di piombo”, una generica “condanna della violenza” e contro “l’odio politico”.
La destra “democratica”, mentre continua a promulgare leggi autoritarie e liberticide, mentre parla di sostituzione etnica e costruisce campi dove deportare i migranti, mentre cancella le già insufficienti forme di welfare e riempie le tasche dei padroni, vuole portare a termine il processo di pacificazione nazionale e con esso la sua piena e definitiva legittimazione.
Così i morti diventano tutti uguali, e nella narrazione della storia del dopoguerra scompaiono le responsabilità della destra postfascista nelle stragi di Stato e nei tentativi di golpe.
Purtroppo per loro però la nostra storia non è pacificata, e non vi sarà permesso di utilizzare la figura di Valerio Verbano per un mercimonio politico, per dire che “fascismo e antifascismo sono una cosa superata”.
Lз compagnз di Valerio
 
VALERIO VIVE
…LA RIVOLTA CONTINUA!
Diciannove anni, studente del Liceo Archimede e militante dell'autonomia, Valerio Verbano aveva costruito un dossier d'inchiesta sugli ambienti neofascisti e sui rapporti tra questi con gli apparati dello Stato.
Il 22 febbraio di 44 anni fa un commando neofascista faceva irruzione in casa di Valerio e, dopo aver sequestrato i genitori Sardo e Carla, gli tendeva un trappola per poi ucciderlo a colpi di pistola.
Quella di Valerio è una storia collettiva, iscritta nel dna dei movimenti sociali e antagonisti di Roma e di tutto il Paese. Una storia non pacificata, sulla quale nessuna "memoria condivisa" è possibile. È una storia di parte e partigiana. Non ci interessa più di tanto l'antifascismo dei giudici e delle leggi, tanto quello in grado di togliere materialmente sui territori agibilità ai fascisti. Un antifascismo iscritto nelle lotte transfemministe e per i diritti di tuttз , nelle battaglie per la libertà di movimento e contro il razzismo, per il reddito e nella lotta per la casa, per una vita degna.
La destra postfascista di Giorgia Meloni e quella sovranista di Matteo Salvini sta colpendo gli ultimi e i penultimi. Sfratti, disoccupazione, cancellazione del welfare residuo, una sanità sempre più privata. Per questo il nostro antifascismo non può che essere una lotta di classe e per la giustizia sociale.
Il 22 febbraio sarà quindi non un momento di ricordo, non una cerimonia, tantomeno un rito. Sarà invece il convergere di tante battaglie, una manifestazione viva e pulsante, aperta e attraversabile da tuttз. Sfileremo nei quartieri di Montesacro e Val Melaina con un grande serpentone antifascista aperto dallз studentз della città.
Ci saranno poi le bandiere della Palestina, contro il genocidio in corso a Gaza, contro l'apartheid e l'occupazione.
Il corteo urlerà la richiesta di liberazione di Ilaria Salis, militante antifascista in carcere in Ungheria per aver respinto l'avanzata dei gruppi neonazisti nell'Est Europa con la complicità delle istituzioni.
22 febbraio 1980 - 22 febbraio 2024
Via Monte Bianco
ore 16.00 un fiore per Valerio, Carla e Sardo
ore 17.00 corteo cittadino
Lз Compagnз di Valerio

Bloccato e caricato il corteo per Ilaria e altre/e altr* antifa per i fatti ungheresi

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Due corrispondenze da corteo antifascista Dall'Ungheria alla Palestina Free Them All: al finaco di Gabri, Ilaria, Tobias e i/le compagn* sotto processo, detenut*, ricarcat*: il corteo è stato bloccato per circa due ore nei pressi dell'ambasciata dell'Ungheria e attaccato con una pesante carica. Quando sono le 17.30 il corteo è potuto finalmente ripartire per raggiungere come previsto, il corteo per la Palestina

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Il governo approva l'istituzione del museo delle foibe

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Il Consiglio dei ministri, su proposta della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, ieri ha approvato il disegno di legge che istituisce il museo che avrà il compito di "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati". Nessun storico, nessuna storica ne sapeva niente, il progetto si provila come l'ennesimo tassello di una propaganda che cresce da anni.

Ne parliamo con lo storico Eric Gobetti

 

 

 

 

Sull'udienza in Ungheria a Ilaria Salis

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Parliamo con il giurista Fabio  Marcelli sull'udienza che si è svolta lunedi in Ungheria.

Lunedì 29 gennaio si è tenuta al tribunale di Budapest la prima udienza del processo a carico di Ilaria Salis, Tobias Edelhoff e Anna Christina Mehwald, a cui abbiamo assistito come osservatori internazionali per il Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia e per l'Associazione europea dei giuristi e delle giuriste per la democrazia e i diritti umani nel mondo. Ilaria Salis, maestra e cittadina italiana detenuta in pessime condizioni dallo scorso 11 febbraio in un carcere di massima sicurezza, è stata tradotta in aula con i polsi e le caviglie bloccate da manette e con una sorta di guinzaglio che le cingeva la vita, impugnato da un’agente di polizia penitenziaria.  Gli imputati erano inoltre seduti lontano dai propri difensori e scortati da agenti in tuta mimetica e passamontagna nero che sono rimasti loro vicino per tutta la durata dell’udienza. Tali circostanze – in netto contrasto con i principi e le tutele previste dal diritto comunitario – oltre a configurare un trattamento degradante e lesivo della dignità, pongono gravi problemi in merito alla possibile influenza sull’imparzialità di giudizio, sulla violazione del diritto di difesa e sulla presunzione di innocenza.
Il reato contestato a Salis è lesioni potenzialmente mortali a fronte di referti medici che attestano lesioni guarite in un lasso di tempo che va dai 5 agli 8 giorni. La pena comminabile va da un minimo di 2 a un massimo di 24 anni, lasciando un eccessivo margine di discrezionalità al giudice. La competenza è, peraltro, affidata ad un giudice monocratico nonostante la pena irrogabile sia potenzialmente superiore ai 20 anni. Inoltre, il giudice che deciderà la causa ha già avuto accesso e conosciuto tutti gli atti dell’accusa, ha già emesso una sentenza di colpevolezza nei confronti del coimputato Edelhoff ed ha rigettato la richiesta di quest’ultimo di sostituzione della misura con altra meno afflittiva, esprimendosi così anche sulla necessità che rimanga in carcere nonostante la pena irrogata sia bassa, 3 anni, di cui uno interamente già scontato.
Nel nostro ordinamento, il reato contestato a Salis non sarebbe perseguibile per assenza della condizione di procedibilità, mancando la querela delle persone offese. In base alla pena irrogabile sarebbe di competenza collegiale e verrebbe deciso da giudici terzi e imparziali che non hanno accesso agli atti dell’accusa né possono essersi già pronunciati sulla colpevolezza di altri coimputati.
Il diritto di difesa di Salis è stato compromesso anche dal mancato accesso a tutto il materiale probatorio, non avendo avuto la possibilità di visionare i filmati indicati dall’accusa come prove né avendo avuto la disponibilità di tutti i documenti tradotti in lingua italiana.
Infine, fino ad oggi, è stata negata a Salis la possibilità di ottenere gli arresti domiciliari in Italia a fronte della sola esigenza cautelare del pericolo di fuga, non essendole contestato né il pericolo di inquinamento probatorio né quello di reiterazione del reato. Tale circostanza risulta essere particolarmente allarmante tradendo, di fatto, una completa sfiducia nelle istituzioni italiane. La misura ben potrebbe essere eseguita con l’ausilio del c.d. braccialetto elettronico che offrirebbe le più ampie garanzie di controllo, scongiurando il pericolo cui la misura è sottesa.
Ci auguriamo che le autorità diplomatiche e il Governo siano in tempi rapidi in grado di porre fine alle violazioni riscontrate, ristabilendo le garanzie e il rispetto dei diritti che dovrebbero essere riconosciuti a ogni cittadino e a ogni cittadina italiana ed europea.

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Il mito di furio jesi; fra Cultura di Destra e Cultura di Sinistra.

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Furio Jesi è un intellettuale degli anni '70 non molto conosciuto. È uno studioso dei miti e della "macchina mitologica", cioè del metodo con cui secondo lui si è venuta a costruire la cultura di destra. Riflette tanto dunque sulla cultura di destra, ma verso il 1979 (morirà giovane nel 1980) alla domanda se è possibile distinguere nell'Italia di quegli anni, una cultura di destra da una di sinistra, risponde così: " Ho qualche dubbio circa la possibilità di applicare oggi, in Italia, la distinzione fra destra e sinistra, non perchè in stratta io la ritenga infondata ma perchè non saprei bene quali esempi di sinistra citare (se la destra è quella che dicevo)". In questo spazio redazionale, con due ospiti studiosi e interessati, proviamo a riflettere su alcuni aspetti del pensiero di Jesi. Cominciamo con dei cenni biografici per poi addentrarci all'interno delle riflessioni jesiane, provando anche ad articolarle e declinarle al giorno d'oggi.  

I testi che vengono citati sono: 
C. Pavone, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza.
F. Jesi, Cultura di destra,

Riflessioni sull'Antifascismo verso il corteo di Milano

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In un primo audio, proviamo a ragionare con una compagna di Milano sulle derive autoritarie dei governi in Europa. In particolare, a partire dai fatti di Budapest che hanno coinvolto compagni e compagne, proviamo a declinare un contesto discriminatorio generale e sistemico.

 

Nella seconda parte, diamo spazio a riflessioni sulla base di quanto detto prima. In particolare, abbiamo parlato di repressione governativa, individuazione politica del nemico interno ed oggettivo, e delle politiche securitarie nei confronti delle lotte nei territori.

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Presidio antifascista all'Alberone

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"L’attuale governo di questo paese - che rappresenta, oltre la coltre di fumo della sua ideologia, i più schietti interessi della borghesia italiana (in linea di continuità con tutti i governi che l’hanno preceduto) - dopo più di un anno di politiche antiproletarie mostra qual è il vero volto del “patriottismo”: strumento di oppressione dei lavoratori e delle lavoratrici per permettere uno sfruttamento privo di ostacoli della forza-lavoro da parte del capitalismo italiano.

Per questo il 7 di gennaio  ha per noi un significato duplice, in una prospettiva rivoluzionaria, internazionalista e di classe: opposizione alle bande di neofascisti che infettano le nostre città con la loro ideologia e la loro prassi reazionaria e opposizione alle politiche economiche e sociali del governo Meloni, che al fascismo ed ai neofascisti dà spazio ufficioso e piattaforme politiche: i due aspetti, come sempre, sono condizioni necessarie e sufficienti l’una dell’altra.

Inoltre, nel contesto dei rinati venti di guerra che soffiano negli ultimi due anni - sui quali questo governo soffia, in concomitanza con il ricompattarsi del blocco NATO - il nostro 7 gennaio vuol essere anche una chiamata per ribadire la nostra opposizione militante ad ogni politica bellica dei nostri governi occidentali, sovranisti e non: il sovranismo, il fascismo così come tutte le ideologie che sventola la borghesia hanno ragion d’essere come strumenti di addormentamento ideologico e giustificazione delle future carneficine in cui verrà sacrificato il proletariato sull’altare del profitto.

Lottare contro il capitalismo e il fascismo (che del capitalismo è il braccio armato non ufficiale) vuole dire esprimere il bisogno materiale di una rinascita delle condizioni che rendano una rottura possibile in Italia, in Europa e nel resto del mondo"

Aggiornamento antifa Budapest

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Durata 26m 16s

Di seguito ricondividiamo l'appello per il 13 gennaio

 

APPELLO PER UN CORTEO NAZIONALE ANTIFASCISTA A MILANO

13 GENNAIO 2024

Oltre al sempre più evidente inasprimento di politiche securitarie, misure di segregazione ed esclusione, meccanismi di controllo della popolazione, che negli ultimi decenni stanno caratterizzando la gestione del territorio definito Europa, assistiamo contestualmente al rafforzamento di posizioni di estrema destra. Gruppi neonazisti e neofascisti organizzati e con ampi margini di agibilità, fuori e dentro le istituzioni, proliferano sempre più.
Decenni di profonde crisi economiche e sociali, oltre ad aver messo in ginocchio la parte più povera e vulnerabilie della popolazione, hanno creato un terreno assai fertile alla propaganda di idee populiste, identitarie e fortemente reazionarie. Diverse forze politiche, più o meno istituzionali, stanno in questi anni raccogliendo i risultati di questa propaganda: dalla crescita del consenso registrata dai maggiori partiti di destra europei, come il Rassemblement National, la Lega e Fratelli d'Italia, l'AfD e Vox fino al successo delle manifestazioni di piazza fomentate dai fascisti. Il movimento per l'indipendenza della Macedonia in Grecia, l'infiltrazione dei fascisti in diverse piazze contro le restrizioni Covid-19, i recenti disordini in Spagna contro l'amnistia per i separatisti catalani o gli scontri razzisti scoppiati a Dublino sono solo alcuni degli esempi che ci vengono in mente.
In questo contesto di oppressione sempre più esplicita e invasiva e di brusco riassestamento del capitalismo globale, chi si organizza per resistere e combattere la violenza degli Stati, del capitale e quella dei loro cani da guardia di estrema destra si trova di fronte a una repressione sempre più estesa e aggressiva. In tempi cupi come quelli che viviamo, in cui i venti di guerra fischiano sempre più forti alle nostre orecchie, la repressione del nemico interno e la pacificazione sociale si manifestano come priorità di tutti i governi nazionali.

In questo quadro generale, mentre l'Unione Europea sta valutando la possibilità di inserire i gruppi antifascisti nell'elenco di quelli indicati come terroristi, due compagni si trovano da febbraio 2023 in carcere in Ungheria. Entrambi sono coinvolti in un'inchiesta della polizia ungherese per degli attacchi subiti da alcuni neonazisti giunti a Budapest da tutta Europa durante il weekend del "Giorno dell'Onore". Ricorrenza in cui i nazisti commemorano l'annientamento della Wehrmacht tedesca avvenuto l'11 febbraio del '45 da parte dall'Armata Rossa durante l'assedio di Budapest.
Il castello accusatorio dei procuratori magiari non si limita però ai fatti accaduti a Budapest né ai giorni della commemorazione: nell'ambito di una sempre più fitta collaborazione tra Stati e polizie Europee, il tentativo degli inquirenti è quello di collegare le azioni avvenute in Ungheria ad un ben più ampio procedimento aperto in Germania a partire dal 2018: la cosiddetta inchiesta "AntifaOst" che vede imputati numerosi compagni e compagne tedesche accusate di aggressioni ai danni di esponenti di spicco del mondo neonazista tedesco. Il tentativo è quello di affermare l'esistenza di una fantomatica associazione criminale che avrebbe organizzato gli attacchi avvenuti in Ungheria.
Per questo motivo oltre a Ilaria e Tobias, detenuti a Budapest, la procura ungherese ha chiesto di spiccare 14 Mandati di Arresto Europei (MAE) nei confronti di altrettanti compagni tedeschi, italiani, albanesi e siriani. Molti di loro ad oggi non sono stati trovati.
Gabriele, un compagno di Milano, si trova, invece, agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni dal 22 novembre, a seguito dell'esecuzione di uno di questi MAE.
L'iter processuale che deciderà sulla sua estradizione dall'Italia all'Ungheria si concluderà verosimilmente nel mese di gennaio 2024, mese in cui a Budapest inizierà il processo contro Ilaria, Tobias e una terza compagna imputata insieme a loro. Sono accusati a vario titolo di aver preso parte agli attacchi e di essere membri o conoscere la supposta associazione che li avrebbe organizzati.

Il 13 gennaio scenderemo in strada non solo per  esprimere in maniera netta la nostra solidarietà e vicinanza ai prigionieri di Budapest così come a Gabriele e ai compagni che sono ricercati; vogliamo anche ribadire chiaramente che abbiamo scelto da che parte stare.
Abbiamo scelto di non delegare la lotta contro fascisti e nazisti a quegli apparati istituzionali democratici che non fanno altro che difenderli e legittimarli in nome di una millantata "libertà d'espressione". Siamo convinti che i fascisti vadano combattuti in maniera diretta, in questo momento storico più che mai. Rivendichiamo le pratiche militanti e crediamo necessario attuarle ad ogni latitudine per fermare i gruppi nazisti.
Anche nelle città italiane, se pur in maniera meno violenta che in altri contesti europei, i fascisti sono presenti e provano ad alzare la testa. Questi servi del capitale, finti ribelli utili solo a mantenere l'attuale l'ordine sociale, vanno fermati sul nascere!

Ogni giorno nelle nostre lotte, nei nostri percorsi, scegliamo di stare con chi si oppone ai padroni, chi è sfruttato, chi subisce la repressione, chi resiste alle guerre imperialiste e decide di rispondere, con chi non delega la propria libertà.
Scegliamo di schierarci contro i confini, che vengono controllati militarmente e chiusi impedendo a chi fugge dalla miseria di trovare un luogo più sicuro e di fatto mettendo a rischio la loro vita. 
Gli stessi confini che quotidianamente uccidono chi emigra sono, da sempre, terreno di repressione politica e controllo capillare del territorio. Di recente si sono affinati strumenti amministrativi, più veloci e, nella forma, “spoliticizzati”. Per fare solo qualche esempio, pensiamo ai compagni italiani trattenuti a Parigi e rimpatriati i primi di giugno in occasione della commemorazione di Clement Meric, o alle decine di compagni e compagne bloccate in frontiera con un'interdizione ad entrare nel territorio francese per la manifestazione No Tav in Val Maurienne a fine giugno, o ancora alle interdizioni apparentemente "a vita" di entrare in Francia notificate in seguito alla grande giornata di lotta contro il mega bacino di Saint Soline del 25 marzo. Se da una parte questi esempi ci mostrano un controllo del dissenso politico sempre più pesante e una collaborazione tra polizie Europee molto stretta, contestualmente assistiamo ad un utilizzo di strumenti come i MAE sempre più spregiudicato ed "efficace".
 Non ci faremo piegare dalla repressione, e non rinunceremo a spostarci in contesti di lotta anche lontani da dove stiamo tutti i giorni.
Siamo per l'agire in prima persona, non delegando le nostre lotte alle istituzioni e allo Stato che accolgono tutto ciò che rientra nel loro canone di democrazia e pacificazione tentando di ripulirsi la faccia con belle parole che solo parole rimangono. 
È possibile un mondo libero da fascismi e fascisti, sta a noi costruirlo.

LIBERTA PER ILARIA, TOBIAS E GABRIELE!

SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE INQUISITE E LATITANTI!

LIBERTÀ PER TUTTI E TUTTE!

Compagni e compagne di Milano

Immagine rimossa.

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