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violenza

NUDM: dopo il 25 novembre, il 16 dicembre la marea è ancora in piazza

Data di trasmissione
Durata 56m 7s

Contro i pink washing, ovvero le vostre azioni dimostrative rivolte solo alla risonanza mediatica e a pulirvi la faccia dalla vostra violenza sistemica patriarcale. Vogliamo azioni concrete. Ripigliatevi le vostre panchine rosse, non  siamo vittime, né rassegnazione, né impotenza, né dolore morboso. Mai più zitte. Energie positive di trasformazione, continuità della marea incontenibile del 25 novembre. Con le scuole occupate,  quartieri e consultori in lotta, il 16 ritorniamo in piazza cercando di riprendere i nostri spazi dalle assemblee   alle mobilitazioni sempre più accoglienti e  attraversabili da persone neurodivergenti, disabili, persone di diverse età e di diversi bisogni.

Per Giulia: un minuto di rumore nelle scuole

Data di trasmissione

Puntata dedicata al contrasto alla violenza degli uomini contro le donne e alla violenza di genere

Corrispondenze dai licei Righi, Mamiani, Kant con il racconto della reazione rumorosa degli e delle studenti in risposta al femminicidio di Giulia Cecchettin e al minuto di silenzio istituzionale proposto dal Ministero del merito. Verso la manifestazione nazionale di sabato 25.

Dopo una riflessione sulla credibilità del piano preparato dal duo Valditara-Amadori (con breve profilo di quest'ultimo), parliamo del piano "Che fare? Contrastare le violenze di/del genere a scuola" con una formatrice della rete Educare alle differenze.

Resoconto assemblea contro la violenza ciseteropatriarcale

Data di trasmissione

Come compagne di Radiondarossa abbiamo partecipato all'assemblea contro la violenza ciseteropatriarcale che si è svolta giovedì 31 agosto a Roma. Assemblea partecipatissima da circa 300 donne, cerchiamo in questo audio di riproporvi i punti che sono stati toccati per eliminare la violenza patriarcale che sempre di più permea le nostre vite. 

Manifestazione violenza degli uomini sulle donne

Data di trasmissione
Durata 55m 9s
Durata 1h 0m 51s

Ascolta  le fasi preparatorie della imminente manifestazione nella trasmissione “È una calamità di cui ci rendiamo perfettamente conto” a cura del Coordinamento Lesbiche Romane del 20 Novembre 2007 (211ª puntata)

Di seguito anche la puntata del 27 Novembre 2007 (212ª puntata)

 
Manifesto per la ricomposizione di un percorso di lotta contro la violenza maschile sulle donne

La nostra analisi della violenza maschile sulle donne è radicale, nel senso che ne indaga le
radici, il percorso alle nostre spalle è lungo e approfondito, le nostre pratiche sono
conflittuali.
In Italia un giorno sì e uno no un uomo uccide una donna.
Il termine “femminicidio” indica ogni forma di violenza commessa da un uomo su una
donna in quanto donna: stupri, violenze e abusi fisici, molestie, persecuzioni, ecc.
La violenza degli uomini sulle donne è frutto della cultura e del sistema patriarcale.
Serve a mantenere le donne sottomesse ed a punire e a riappropriarsi delle lesbiche.
La violenza degli uomini sulle donne serve a perpetuare questo sistema di oppressione, il
patriarcato, che è perfettamente alleato degli altri sistemi economici (capitalismo, neo-
colonialismo) e con i dispositivi ideologici di oppressione (fascismo e razzismo).
Ci sono dei chiari e forti nessi tra la violenza privata e domestica sulle donne e la violenza
istituzionale e dello stato, sempre sulle donne.
La violenza sulle donne non ha colore, né passaporto, né classe, né età, ma ha un unico
genere: sono gli uomini a compierla.
L’assassino ha le chiavi di casa. I luoghi della violenza sono molti, ma gli uomini che la
commettono sono quasi sempre conosciuti: mariti, padri, fidanzati, ex fidanzati, ed altri
uomini conosciuti, datore di lavoro, professore, medico.
Per le donne la precarietà economica significa minor reddito e dipendenza economica dai
mariti. Femminilizzazione del lavoro, destrutturazione del mercato del lavoro, precarietà,
disoccupazione, peggioramento delle condizioni lavorative, misure anti crisi... spingono le
donne ai margini del mercato del lavoro e le obbligano a sopperire alla mancanza cronica
di servizi sociali.
I media esistono in quanto vendono i corpi delle donne. Sistema massmediatico e sistema
educativo perpetuano la cultura della violenza e i ruoli stereotipati di sottomissione delle
donne.
Nei Cie la polizia stupra. La violenza sulle donne è perpetrata sistematicamente dagli
uomini in armi e in divisa, nei commissariati, nei Cie, nelle carceri.
Gli uomini in divisa ricattano, sottomettono e torturano con abusi e violenze sessuali le
donne e soprattutto quelle senza documenti, rinchiuse, fermate in manifestazioni.
Gli uomini legalmente armati stuprano ed uccidono le donne perché possono farlo. Godono
di tutti i privilegi dell’appartenere alle istituzioni (esercito e forze dell’ordine) che agiscono
il monopolio della violenza da parte dello Stato: hanno le spalle coperte, sono impuniti e
sono addestrati per farlo.

Gli uomini in armi e in divisa stuprano e uccidono le donne nei territori occupati: dai luoghi
del mondo in cui sono impegnati in missioni militari all’estero, a tutte le città italiane in cui
sono impegnati nelle operazioni di controllo del territorio e “strade sicure”.

Non è questa la sicurezza che vogliamo. Denunciamo la strumentalizzazione della violenza
maschile sulle donne per fini repressivi, razzisti e di controllo sociale.
Con l’aumento del controllo sociale diffuso le donne vengono ricacciate in famiglia e ciò
significa maggior esposizione alla violenza: le donne sono doppiamente controllate, dai
mariti e dallo Stato.
Parliamo di stupri di guerra e di guerra quotidiana degli uomini contro le donne. La
sistematicità della violenza degli uomini in divisa è la cartina tornasole della violenza degli
uomini sulle donne.
Gli uomini in divisa stuprano nei commissariati perché tutti gli uomini stuprano (picchiano,
ricattano sessualmente, ecc.) nelle famiglie.
Ci riguarda tutte. Un singolo stupro toglie potere a tutte noi, è una ferita per ognuna di
noi. Mentre accresce i privilegi di tutti gli uomini e aumenta la loro capacità di controllo
sulle donne, attraverso la paura.
Un singolo stupro limita la libertà di ognuna di noi. Per questo è importante la solidarietà
tra tutte le donne.
Guai a chi ci tocca.
Le donne sanno difendersi quotidianamente dalla violenza degli uomini.
Le pratiche di autodifesa femminista fanno parte dei nostri percorsi.
Autodifesa significa:
sapere che no significa no, nella vita quotidiana
riconoscere quando il proprio spazio vitale viene invaso
fidarsi del proprio istinto e riconoscere una situazione di pericolo
riconoscere che stiamo vivendo all’interno di una situazione di violenza
rivolgersi ad altre donne
autodifesa è il lavoro delle compagne dei centri antiviolenza, è autodifesa legale
autodifesa è un centro antiviolenza che si costituisce parte civile
Vogliamo fare un passo avanti: diciamo a tutte le donne che possono e devono difendersi!
mfla

 
 
 

due voci sulle violenze di Marzo nel carcere di Modena

Data di trasmissione
Durata 45m 59s

La prima voce è quella di un compagno passato per il carcere di Modena. Partiamo da Marzo per descrivere quanto è accaduto per arrivare all'esposto presentato da cinque detenuti per i matrattamenti ricevuti in due carceri diversi.

La seconda voce è quella di un parente che testimonia le violenze subite dal fratello in questa circostanza.

Campidoglio: Gemma Guerrini e la brutta mistificazione della violenza

Data di trasmissione
Durata 12m 42s

In Campidoglio si studia la violenza delle donne sugli uomini con l'obiettivo di «costituire un baluardo dei diritti maschili» .
“Sottotraccia ieri la Commissione del Comune di Roma sulle pari opportunità ha ritenuto necessario affrontare l’argomento della violenza subita dagli uomini per mano delle donne. Non essendoci, come è evidente, il supporto dei numeri di un fenomeno assai marginale e non sistemico, il dibattito è stato tutto ideologico ed ha avuto il chiaro intento di decostruire gli interventi di contrasto alla violenza sulle donne, introducendo elementi di equivalenza di ogni forma di violenza.
Lungi dal voler mortificare quegli uomini che hanno vissuto esperienze di violenza, vogliamo ricordare a chi ricopre ruoli istituzionali, dunque alla Presidente della Commissione del Campidoglio e alla Giunta Capitolina nel suo insieme, che nessun tentativo di mistificazione della realtà potrà passare senza che le associazioni femministe facciano sentire la propria voce.
Un fenomeno drammatico come quello della violenza sulle donne, con statistiche purtroppo costanti e trasversali tra gli strati della società, non merita di essere messo alla stregua di qualsivoglia comportamento deviante: la violenza sulle donne, i femminicidi, sono frutto di una cultura del possesso che appartiene a questa società e che da decenni le donne, in un lungo processo di emancipazione, stanno contrastando. Quando si registra una vittima (donna), uccisa dal suo compagno o ex, ogni 2 giorni, occorre scegliere da che parte stare, perché ogni ambiguità assume sapore di complicità. In questo momento storico, proprio mentre vi è il rischio di un depotenziamento della convenzione di Istanbul, con la Polonia e la Turchia che minacciano l’uscita, scivoloni come quello di ieri non sono ammessi. Il Campidoglio pensi dunque ai centri antiviolenza che ricostruiscono percorsi di uscita dalla violenza per centinaia di donne e pensi ad aprire case rifugio dove possono vivere per non morire per mano di uomini, compagni, padri e mariti, ne servono di più ne servono a centinaia.
Così in una nota le associazioni e le realtà che operano da anni al contrasto alla violenza di genere.