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lotte migranti

Da che parte stare: contro i lager di Stato

Data di trasmissione
Durata 27m 43s

La storia dei Centri di reclusione per immigrati (prima Cpt, poi Cie, ora Cpr) è una storia segnata da una conflittualità permanente di cui si sono fatti carico in prima persona i reclusi e che, di rivolta in rivolta, era giunta alcuni anni fa a compromettere seriamente la macchina della “detenzione amministrativa” e delle espulsioni. Negli ultimi mesi, mentre si procede al riallestimento di nuovi o rinnovati lager (“uno per ogni regione”, secondo i progetti che la Lega ha ereditato dal Pd), si sono verificate diverse esplosioni di rabbia in quei luoghi infami. Alcuni spunti di riflessione a partire da una chiacchierata con alcuni compagni e compagne di Torino.

 

Bologna, il CAS di via Mattei è una prigione: presidio 22 Febbraio

Data di trasmissione
Durata 14m 29s

Un testo scritto da chi vive nel Cas di Via Mattei (Bologna). Sabato 22 febbraio (ore 15 in Montagnola, lato piazza VIII agosto) saremo al loro fianco per supportare la loro protesta.
Alcune/i solidali

Siamo le persone che abitano nel CAS di via Mattei. Prima stavamo in altri centri gestiti da Lai Momo e non abbiamo capito perché ci hanno portato via da lì all’improvviso portandoci nel CASdi via Mattei senza spiegazioni. Perché ci hanno deportati lì dentro? Le cooperative, la prefettura e il governo hanno deciso al nostro posto dove e come dobbiamo vivere da quando siamo arrivati in Italia, e da novembre hanno deciso di buttarci qui. Ci sembra di essere stati gettati in prigione ed esclusi dalla società.

Per noi questo posto è una prigione ed una tortura mentale. Non ci sono cure mediche, il posto è sporco, 10 persone o più vivono in una stanza… A nessuno importa del nostro benessere. Non c’è la possibilità di cucinare in autonomia. Per entrare ed uscire dobbiamo usare il badge. Le condizioni igieniche fanno schifo e ci si ammala facilmente. Quando qualcuno si ammala, deve fare tutto da solo acquistando i farmaci. Ma come facciamo a comprare i farmaci se non possiamo lavorare? E come possiamo lavorare se non abbiamo i documenti? E chi ha il permesso di 6 mesi e sta lavorando ha dei contratti di 1 solo giorno. Immaginate se la persona non parla bene l’italiano, è tutto ancora più difficile. Ci sono operatori che affermano di lavorare per noi, però ci trattano come animali e sono proprio dei guardiani.
Questa non è vita, noi vogliamo libertà, documenti, e possibilità di decidere sulla nostra vita.

SE LA SCHIAVITÙ NON È ANCORA FINITA, DOBBIAMO DIRLO.

Da Foggia a San Ferdinando: la lotta nelle campagne

Data di trasmissione
Durata 31m 49s

Dopo gli ultimi fogli di via a carico di due compagne, in collegamento telefonico ci aggiorniamo sulla situazione di chi lavora nelle campagne del sud Italia.

 

FOGLI DI VIA E DENUNCE PER LE COMPAGNE FERMATE A SAN FERDINANDO: SIETE VOI AD AVERE PAURA

Le due compagne, finalmente rilasciate dopo un fermo di sei ore presso il commissariato di Gioia Tauro per il semplice fatto di trovarsi nei pressi della tendopoli, hanno entrambe ricevuto fogli di via di tre anni dal comune di San Ferdinando e una denuncia per interruzione di pubblico servizio. Lo scopo di queste brutali misure repressive e' ovviamente intimidatorio, finalizzato a controllare, isolare, e spaventare i lavoratori migranti di tutte le campagne e i solidali.

Ma ancora una volta è l'autorità a mostrarsi debole, tentando di stroncare sul nascere ciò che sa di non poter contenere né reprimere. Mentre le compagne erano trattenute in stato di fermo, le numerose macchine della polizia che costantemente piantonano la tendopoli sono state cacciate dagli insulti degli abitanti. La Lotta non verrà spezzata da due fogli di via, non sarà questo a intimorire chi vede i propri amici e i propri compagni morire di razzismo e sfruttamento.

Non vi sarà paura ma soltanto altra rabbia, ci vogliono deboli e silenziose, ci troveranno sempre più risolute.

SOLIDARIETÀ ALLE COMPAGNE E A TUTTI I LAVORATORI E LE LAVORATRICI DELLA PIANA

Senza neri, senza pomodoro: sulla giornata di lotta del 2 settembre a Foggia

Data di trasmissione
Durata 22m 5s

In collegamento telefonico con un lavoratore, parliamo dello sciopero e della giornata di lotta del 2 Settembre.

Buon ascolto!

Di seguito il comunicato ripreso da: http://campagneinlotta.org/

HA VINTO IL CORAGGIO DEI LAVORATORI IN SCIOPERO: CHE PARTA DA FOGGIA UNA NUOVA STAGIONE DI LOTTE!

La giornata di ieri, 2 settembre, ha rappresentato un grande e importante momento di lotta, segnato dal protagonismo assoluto e dalla determinazione degli abitanti dei diversi insediamenti della Capitanata che lavorano in campagna e che ha visto anche il sostegno di persone solidali da tutta Italia.

Dagli insediamenti di Borgo Tretitoli (Cerignola), San Severo, Foggia e Borgo Mezzanone i lavoratori sono entrati in sciopero e alle 6:30 di mattina é partito un corteo spontaneo fino all’ingresso del CARA, il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Borgo Mezzanone, un obiettivo di grande importanza in quanto sede della Commissione Territoriale che decide l’esito delle richieste d’asilo e che risponde a queste con un’altissima percentuale di dinieghi. Oltre ad essere lo stesso CARA luogo di segregazione e abuso, presentato da più parti come alternativa al ghetto mentre non è altro che uno dei tasselli fondamentali del circuito che produce la precarietà e lo sfruttamento, che portano le persone a vivere proprio nei ghetti.

I lavoratori hanno chiesto un incontro immediato con Prefettura, Questura e organizzazioni datoriali (Confagricoltura, Coldiretti e CIA), inchiodando anche il padronato agricolo alle sue responsabilità nel sistema di sfruttamento delle campagne foggiane: contratti mai rispettati quando non del tutto assenti, nessuna garanzia di trasporto o alloggio a carico dei datori e una serie di inadempienze che impediscono il rinnovo del permesso di soggiorno costringendo le persone a comprare documenti falsi.
Davanti al loro ostinato silenzio e al rifiuto di presentarsi presso la sede della commissione per incontrare chi stava scioperando da ore in strada, mentre una parte delle persone e’ rimasta in presidio davanti al CARA bloccandone l’accesso per mezza giornata, l’altra parte dei manifestati ha deciso di spostarsi e bloccare la statale 544 che attraversa Borgo Mezzanone, con l’obiettivo di fare pressione sulle istituzioni ed ottenere ascolto. Il blocco e’ durato 10 ore, e ha dovuto fronteggiare le esplicite minacce, i ricatti e le violenze da parte della polizia, oltre che gli insulti a sfondo razzista degli abitanti del luogo.

Al suono di “SENZA NERI, SENZA POMODORO!” i lavoratori hanno bloccato il passaggio di numerosi camion carichi di pomodori, diretti alle aziende di trasformazione, ribadendo il loro ruolo, indispensabile all’ interno dell’intera filiera agroalimentare nazionale, ed esigendo documenti per tutti come condizione fondamentale per superare la situazione di violento sfruttamento.

Solo la forza, la determinazione e il grande coraggio dei manifestanti hanno permesso, dopo ore di insistenza, di ottenere un incontro in Prefettura con Questore, Prefetto, dirigente Ufficio Immigrazione e alcuni esponenti di Confagricoltura.
Dopo ore di contrattazione, il blocco a oltranza da parte dei manifestanti ha permesso di ottenere alcune importanti vittorie: l’accesso alla residenza agli abitanti di alcuni insediamenti, come l’Arena e Borgo Tre Titoli, fino ad allora negata, ma indispensabile per accedere ai servizi e rinnovare i documenti. La possibilità, per chi non ha il permesso di soggiorno, di effettuare una nuova domanda d’asilo e ottenere la regolarizzazione per condizioni di gravi sfruttamento.

Continueremo a vegliare, e a batterci, finché l’ultima persona senza documenti ottenga il permesso di soggiorno!
Malgrado queste vittorie, le istituzioni non hanno ceduto rispetto alla volontà di sgomberare i ghetti. Ma lo sgombero non è mai una soluzione: se non vogliono i ghetti, devono dare le case!

In un periodo storico in cui la violenza istituzionale e la repressione verso chi lotta per un mondo più libero sono sempre più feroci e generalizzate e in cui si é sempre più spinti a stare chiusi in casa, impauriti e isolati, il coraggio, la determinazione e la rabbia dei lavoratori delle campagne deve essere stimolo ed esempio per chi in tutta Italia subisce condizioni di sfruttamento e precarietà.
E’ l’inizio di una nuova stagione di lotta, i lavoratori delle campagne continueranno a spingere per ottenere documenti per tutti, migliori condizioni di lavoro e di vita, senza farsi intimidire.
Ancora una volta e sempre più la loro lotta é la lotta di tutti noi.

San Severo: una voce contro l'apertura di un nuovo ghetto di stato

Data di trasmissione
Durata 8m 34s

In collegamento telefonico un lavoratore ci racconta della protesta contro il tentativo di trasferimento forzato da parte dello stato in un villaggio container.

“IO NON FACCIO L’ALBERGATORE, FACCIO IL PRESIDENTE”

“Se non volete venire, non siete obbligati, ma dovete lasciare l’Arena. Questa decisione non è revocabile”. Queste le parole del presidente della regione Puglia Michele Emiliano che provano che per gli immigrati che lavorano in questa provincia ci sono solo ghetti, tende o containers isolati, e dove chi ci vive è costantemente controllato. Questi campi di lavoro non servono ad altro che per il profitto di chi li gestisce e lo sfruttamento di chi è costretto a viverci. Il paternalismo di Emiliano conferma la volontà delle istituzioni: fare profitto, segregare e controllare.
NESSUNO VUOLE E DEVE VENIRE IN UN CONTAINER! CASE, CONTRATTI E DOCUMENTI PER TUTTI!

Aggiornamenti dal centro di espulsione di Torino

Data di trasmissione
Durata 15m 21s

In collegamento telefonico con una compagna un aggiornamento sul CPR di corso Brunelleschi a Torino.

UN FUOCO AL GIORNO...

L’aria rimane densa ed elettrica nel Cpr di corso Brunelleschi: venerdì durante il temporale un ragazzo ha approfittato della scarsa attenzione di charlie e delle forze dell’ordine per saltare sbarre e muri e conquistare la libertà.  

Per quanto i media ufficiali avvolgano in un’aurea di eccezionalità le proteste e gli incendi nel centro, bruciare materassi e i pochi suppellettili rimasti è ormai una pratica consueta, per richiamare l’attenzione e pretendere una risoluzione ai tanti problemi che ci sono dentro, solo in ultimo la mancanza del barbiere. Nei giorni scorsi invece i reclusi ci hanno raccontato di come mancassero dosi di shampoo sufficienti per lavarsi e acqua fresca per dissetarsi.

Gli incendi servono anche per comunicare direttamente con fuori, durante gli ultimi presidi infatti è successo più volte di vedere innalzarsi una colonna di fumo che ha fatto scaldare gli animi dei solidali accorsi e rilanciare le grida di sostegno. Il rogo si è ripetuto anche questo sabato quando le voci, la musica e il clangore delle battiture di uno sparuto presidio fuori dal centro, allestito nonostante la pioggia, hanno raggiunto le orecchie dei reclusi.

Ieri ci è arrivata la notizia che numerosi reclusi hanno gettato il cibo addosso agli operatori, forti del fatto di aver anche ricevuto il giorno prima una grossa mole di pacchi alimentari, raccolti a seguito di un appello lanciato per l’occasione da alcuni dei tanti solidali che si sono mobilitati dopo la morte di Faisal. Lontano da ogni forma di pietismo e assistenza umanitaria questo episodio sottolinea come una lotta possa acquisire maggiore forza nella congiuntura di sforzi tra dentro e fuori: rigettare il cibo della Sodexo senza perdere le energie e mantenendosi lucidi, ossia senza il ricatto della fame, e con la possibilità in prospettiva di organizzarlo per più giorni e in modo duraturo.

Continuando in questa carrellata attraverso il fine settimana, da sabato sera fino a tutto domenica un ragazzo è rimasto arrampicato sopra il tetto della sezione per resistere a una deportazione. In isolamento è trattenuto un ragazzo con forti problemi mentali, preoccupando molto altri reclusi che lo hanno visto senza vestiti.

fonte: https://www.autistici.org/macerie/