Oltre 300 morti in Iraq, ma la protesta non si ferma
Nonostante le concessioni fatte dal governo e le uccisioni mirate dei militanti più esposti, la protesta delle nuove generazioni iraqene non si arresta
Nonostante le concessioni fatte dal governo e le uccisioni mirate dei militanti più esposti, la protesta delle nuove generazioni iraqene non si arresta
Continuano le proteste dei giovani iracheni contro la corruzione dei politici e le pessime condizioni di vita. I cecchini sono tornati a sparare dai tetti sulla folla provocando nella sola giornata di lunedì 18 morti.
Giovani e molte donne sono i protagonisti delle proteste svoltesi in Iraq. Nessuna forza politica è stata risparmiata dalle contestazioni. Polizia e cecchini hanno fatto più di cento morti tra i manifestanti.
Approfondimento su quanto sta accandendo nella regione del Kuristan iracheno con Luigi D'Alife, reporter e regista del documentario Binxet - Sotto il Confine.
Non cessano le proteste nel Kurdistan iracheno, dell’euforia del 25 settembre non resta nulla. L’entusiasmo per la vittoria del referendum sull’indipendenza voluto dal presidente Barzani si è dissipata sotto i colpi delle potenze vicine contrarie a qualsiasi secessione dall’Iraq, dell’embargo aereo e delle minacce. A galla sono tornati tutti i limiti del Governo regionale del Kurdistan, le disuguaglianze socio-economiche, la corruzione dilagante e il potere incentrato in poche mani incapaci di gestire la regione.
Ieri, dopo le proteste di lunedì, nuove manifestazioni hanno portato in piazza la rabbia di migliaia di persone, tra loro tanti dipendenti pubblici senza stipendo da mesi – alcuni da anni – ma anche cittadini stanchi della doppia autorità Puk-Kdp, i due principali partiti che da decenni si spartiscono fisicamente il Kurdistan iracheno e le sue ricchezze economiche.
Le richieste sono precise: non solo il pagamento degli stipendi in stand by da anni e non solo la fornitura di servizi essenziali, collassati sotto la crisi economica che da tre anni attanaglia Erbil, ma anche le dimissioni immediate dell’attuale governo. E non mancano i riferimenti più politici: la folla ha gridato slogan contro l’esecutivo responsabile di aver ceduto al governo centrale di Baghdad le zone contese, durante l’offensiva lanciata dalle forze irachene post-referendum e che ha permesso loro di riprendere aree che dal 2014 i peshmerga curdi controllavano. Sinjar, parti della provincia di Nineve, ma soprattutto la ricca Kirkuk, da decenni contesa tra curdi e arabi che ne rivendicano la proprietà.
Come avverrà la dispersione dell'ISIS, sconfitto in alcune zone del Medio Oriente? Qui un recente articolo di Negri sul tema.
Quali sono i nuovi scenari? Cosa ci dice la recente crisi del Libano?
Ne parliamo con Alberto Negri de "Il Sole 24 Ore".
[estratto da Vengo anch'io]
Il 7 ottobre ci sarà un corteo nazionale a Milano per chiedere la libertà di Ocalan, leader del movimento curdo del Pkk. Ne parliamo con la rappresentante di Uikionlus. Ma anche della consultazione referendaria che c'è stata nel kurdistan iracheno per l'indipendenza. Con un compagno invece commentiamo quanto sta succedendo in Siria dove continuano i combattimenti dei curdi contro Daesh e delle elezioni per i co-rappresentanti municipali dopo la proclamazione della costituente del federalismo democratico del nord della Siria.
Cosa succede in Siria e come leggere l'avvento di Donald Trump nella geopolitica del Medio Oriente? Qual è la situazione in Kurdistan?
Ne parliamo al telefono con Alberto Negri, corrispondente per il "Sole24Ore", e in studio con Marco Santopadre, giornalista di Contropiano.
[estratto da Vengo anch'io]
E' già da ieri che l'isis è entrato nel lato est della città di kobane. La difesa della città è molto grande. Oggi kobane è sotto pericolo di genocidio perchè l'isis sta entrando su tutti e tre i lati di kobane. Continuano le proteste dei curdi al parlamento europeo.
Un redazionale sulla situazione politica in medio oriente, partendo da quello che sta succedendo in Siria e che coinvolge il Libano e l'Iran.
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