Ascolta lo streaming di Radio Onda Rossa !

Bologna

Bologna: Ricercatori se protestate... sostituiti

Data di trasmissione
Durata 4m 51s

 Il senato accademico dell'ateneo bolognese ha deciso all'unanimità la sostituzione con docenti a contratto dei ricercatori che aderiscono al blocco della didattica contro le politiche del governo sull'università: con la riforma in attesa di essere approvata alla Camera scomparirebbe di fatto la figura del ricercatore assunto a tempo indeterminato. Entro le 13 di venerdì i ricercatori dovranno comunicare nero su bianco se terranno i corsi, a cui per legge non sono obbligati, e che peraltro svolgono gratuitamente. Pare che si voglia generalizzare il modello Pomigliano, i rettori emulando Marchionne si rendono corresponsabili della dismissione dell' università.

Ascolta la corrispondenza realizzata da ROR.

 

Sciopero della fame nei Cie di Milano, Roma, Torino, Bologna e Gradisca

Data di trasmissione

 

Mentre a Modena si svolge il corteo nazionale contro i Cie, due uomini rinchiusi nel Cie di via Corelli, a Milano, ci raccontano che oggi i reclusi e le recluse di tutte le sezioni (maschile, femminile e trans), hanno rifiutato il pranzo.

 

 

Vogliono protestare contro i sei mesi - che sono davvero troppi, specie per chi è già stata/o in carcere - e per reclamare l'assistenza sanitaria e delle condizioni di vita decenti.

 

Hanno deciso perciò di contribuire alla mobilitazione che è in corso per le strade di Modena, organizzando uno sciopero della fame di tre giorni e coordinandosi anche con i reclusi e le recluse delle altre città.

 

A Ponte Galeria i reclusi in sciopero della fame sono otto, tutti della sezione maschile.

 

Oggi hanno rifiutato il cibo anche i reclusi dei Cie di via Mattei a Bologna, di corso Brunelleschi a Torino e di Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia.

 

Sullo sciopero della fame nel Cie di Milano, si può ascoltare anche una corrispondenza raccolta da Macerie, la trasmissione di Radio Blackout: ascolta.

 

Sempre da Macerie, arrivano anche altre corrispondenze registrate nel corso della giornata di oggi:

- a Gradisca d'Isonzo (Gorizia), i reclusi inviano una petizione al direttore del centro: ascolta

- a Ponte Galeria (Roma), un altro recluso ha tentato il suicidio: ascolta

- e lo stesso è avvenuto anche a corso Brunelleschi (Torino): ascolta

 

 

 

 

 

Notizie dai Cie di Milano, Bologna, Torino e Roma

Data di trasmissione

 

MILANO - I detenuti del Cie di via Corelli hanno fatto sapere che ieri pomeriggio intorno alle 17.00 un ragazzo di 22 anni, Kabili, ha provato a impiccarsi con una corda ed è stato trasportato in codice rosso in ospedale.
I detenuti della sessione C, dove stava anche Kabili, dicono che quando è stato portato via le sue condizioni erano gravissime: aveva perso i sensi e della bocca uscivano dei liquidi. Si tratta di uno dei ragazzi che stanno facendo lo sciopero della fame, ma non sopportava più di stare rinchiuso in quel lager.
Gli altri reclusi continuano a chiedere sue notizie alla Croce rossa, che gestisce il Cie milanese, ma gli aguzzini si rifiutano di dare informazioni.
 
BOLOGNA - Il recluso del Cie di via Mattei che giovedì scorso si era cucito le labbra è stato deportato in Marocco, le prime notizie parlavano invece di un trasferimento al Cie di via Corelli a Milano. Parte dei rivoltosi del 24 maggio sono stati trasferiti a Milano e Bari mentre solo due o tre di loro sono rimasti a Bologna.
I reclusi dormono ancora in condizioni precarie perché le celle non sono state risistemate affatto, nonostante i gestori avessero assicurato loro che li avrebbero fatti rimanere all'aperto solo un giorno per poter fare i lavori.
I reclusi hanno spiegato inoltre che gli ultimi «bruciamenti» del 24 maggio sono stati fatti per protesta contro il mancato accoglimento delle richieste di trasferimento presentate dai reclusi.
I trasferimenti vengono richiesti perchè chiunque entri a Bologna e a Modena sa che non uscirà per nessuna ragione prima dei sei mesi e che in questi due Cie non viene concesso niente di niente.
Lo sciopero della fame continua, un ragazzo è dimagrito 10 chili ma proseguirà nella protesta. Anche lui chiede almeno il trasferimento.
 
TORINO - Dal Cie di corso Brunelleschi arriva la notizia che Debby e Priscilla – le due ragazze nigeriane che erano state trasferite a Torino il 12 febbraio scorso, dopo aver scontato sei mesi di carcere perché erano state arrestate, insieme a Joy, Hellen e Florence, per la rivolta dell'agosto scorso nel Cie di via Corelli a Milano – oggi sono state portate al Consolato nigeriano, per il riconoscimento che precede l'espulsione, prevista per giovedì prossimo.
 
ROMA - La notte scorsa un recluso algerino è salito sopra le sbarre della sua cella nel Cie di Ponte Galeria, si è tagliato in diverse parti del corpo, tra cui la gola, e poi ha tentato d'impiccarsi.
Verso le 22.00 un folto gruppo di reclusi della sezione maschile è salito sui tetti per protesta: credevano di essere a un passo dalla libertà, ma il Cie si è riempito di polizia e carabinieri con varie camionette e sono stati costretti a scendere.
Intanto una trentina di solidali si sono ritrovate/i davanti al Cie: con cori, urla e molto rumore si sono fatte/i sentire dai reclusi e dalle recluse, facendo riecheggiare la parola libertà al di sopra delle infami mura dell’oppressione.
Inoltre hanno convocato un concentramento per domani, mercoledì 16 giugno, alle 21.00 in via Tiburtina, davanti all'ingresso del Parco dei caduti del 19 luglio 1943, a San Lorenzo, per far sentire la propria solidarietà con le lotte dei reclusi e delle recluse e per diffondere in città una cronologia della settimana appena trascorsa a Ponte Galeria: vere e proprie cronache di ordinaria oppressione.

 

Nessuna quiete nel Cie di via Mattei dopo la protesta

Data di trasmissione

 

I reclusi delle celle andate in fiamme lunedì 24 maggio hanno passato la loro sesta notte fuori. Sono stanchi e si stanno ammalando ma resistono e sono entrati in sciopero della fame insieme a molti altri. Ringraziano per l'aiuto che ricevono e chiedono di tornare là sotto le mura. Il volantino che segue, verrà distribuito in città e sotto via Mattei nelle prossime ore.

 

 

Al Cie di via Mattei nessuna quiete dopo la protesta

Dopo l’incendio di lunedì 24 maggio che ha bruciato ben cinque celle del Centro di Identificazione ed Espulsione per immigrati di via Mattei a Bologna, la vita continua ad andare avanti per gli uomini e le donne rinchiusi là dentro. Ma la quiete non è tornata, al contrario di ciò che alcuni pennivendoli sinistronzi scrivono sui loro giornali. Non è tornata perché non c’è mai stata, perché la rabbia continua ad ardere ogni giorno, ogni minuto, nel cuore di chi è stato privato della libertà e costretto a vivere il suo tempo in un luogo che, pur travestito di plexiglas, non riesce comunque a sembrare qualcosa di diverso da quello che effettivamente è, una prigione per stranieri. È tornata al contrario la “normalità”, come ben si augurava la direttrice del Cie Anna Maria Lombardo pochi giorni fa in un articolo apparso su “L’Unità” dopo l’esplosione del caso della donna tunisina che si era cucita le labbra in segno di protesta in seguito al rigetto della richiesta d’asilo e gli inutili tentativi di farsi ascoltare dai giudici. Ricordiamo che per lei, come per tante donne vittime di tratta, il ritorno a casa significherebbe andare contro un grave rischio di morte. I parenti non le perdonano una gravidanza fuori dal matrimonio.
È tornata la “normalità” dei quotidiani maltrattamenti, delle abituali provocazioni sbirresche, degli ambigui e altalenanti comportamenti degli operatori della Misericordia che, a quanto ci raccontano, sembrano guidati solo dal loro dovere di secondini, assecondando senza nessuna pietà gli ordini ricevuti da poliziotti.
Una normalità che dal giorno della protesta li vede abbandonati fuori dalle loro celle, giorno e notte, per terra sotto la pioggia e il sole. Per i venti che occupavano le cinque camerate date alle fiamme sono ormai sei le notti passate all’aperto, con solo una coperta addosso, hanno freddo, si stanno ammalando e nessun medico li ha visitati. Molti di loro hanno iniziato uno sciopero della fame. Sono stremati, indeboliti e ieri una donna è stata portata via con l’ambulanza perché si era sentita male. Continuano a dirci che dai Cie di Bologna e Modena non si esce, che qui non concedono nulla. Solo in questi giorni 15 internati sono stati portati davanti al giudice di pace e per tutti è stata confermata la reclusione.
Durante il presidio di solidarietà di venerdì 28 maggio, si sentivano provenire da dentro delle urla strazianti, urlavano “libertà” e questa volta si sentivano anche molte voci femminili. È la rabbia che li fa resistere, non riescono a capire il perché di questa assurda detenzione, alcuni dicono che preferirebbero passarli in carcere questi sei mesi piuttosto che vivere l’inferno del Cie. Chiedono aiuto, hanno bisogno della nostra presenza solidale per non sentirsi soli e dicono che nonostante tutto continueranno a resistere.
Riferendosi all’indifferenza e alla mancanza di pietà degli operatori della Misericordia, uno di loro al telefono ci ha detto «e poi parlano tanto di Hitler…e questo razzismo cos’è allora?».
È il razzismo dilagante della politica di ignobili figuri che propagandano sentimenti di violenza contro gli immigrati per scatenare quella guerra tra poveri che da sempre garantisce il mantenimento del potere. È il razzismo dilagante di chi finge di non sapere nemmeno dell’esistenza di luoghi come i Cie in cui persone vengono rinchiuse perché non hanno un permesso di soggiorno, dei maltrattamenti gratuiti che vengono loro inflitti, degli interessi di chi li gestisce guadagnando fino a 75 euro ogni giorno per ciascun recluso, del meccanismo di sfruttamento che vi sta dietro che garantisce manodopera disponibile a tutto pur di aver di che mangiare, dei soprusi e degli stupri su donne che vengono mantenute così nel giro della prostituzione dentro e fuori le mura.
Anche quando viene affrontato l’argomento sui media, come è successo venerdì scorso su rai tre nella trasmissione di “forte denuncia” Mi manda raitre, nella quale è stata raccontata la vicenda della donna tunisina che si è cucita le labbra, la verità viene rappresentata sempre a metà. Solo un cenno brevissimo è stato fatto sulla rivolta in atto in questi giorni nel lager di via Mattei. Se da una parte svelano dall’altra nascondono e minimizzano, e scelgono la notizia che può far meno male alla democrazia che sostengono. Insomma dell’orrore dei Cie nessun giornalista e nessun politico si prende la responsabilità di parlare e i “bravi cittadini” voltano la testa dall’altra parte.
Questa gente continui pure a dormire sonni tranquilli, la rivolta li sorprenderà nel sonno perché la tenacia e il coraggio di chi non si arrende e cerca di riprendersi la libertà non si placano.
Le fiamme continueranno a divampare e le lotte fuori e dentro i Cie non si fermeranno né a Bologna né nel resto d’Italia e d’Europa.
Sempre al fianco dei ribelli che resistono.


Solidali con i reclusi


 

Aggiornamenti dal Cie di via Mattei a Bologna

Data di trasmissione

 

riceviamo, dai solidali bolognesi, un aggiornamento sulla situazione nel Cie di via Mattei a Bologna:

 

I reclusi del Cie di via Mattei continuano a essere confinati fuori giorno e notte, nonostante siano stati sostituiti i materassi bruciati lunedì scorso durante la protesta e nonostante la pioggia battente.
Sono in dieci a rifiutare il cibo, tutti sono stremati dagli stenti degli ultimi giorni. Nessun medico li ha visitati.
La donna tunisina che aveva compiuto l'estremo gesto del cucirsi le labbra, oggi è stata liberata senza alcun permesso di soggiorno. Ha rilasciato un'intervista al tgr dove diceva che era disperata e che avrebbe rifatto le pratiche per la richiesta dell'asilo politico, ma da clandestina.
Domani pomeriggio andremo sotto le mura a dar loro sostegno.

Aggiornamenti dai Cie di Modena e Bologna

Data di trasmissione

da: http://noinonsiamocomplici.noblogs.org

 

Aggiornamenti dai Cie di Modena e Bologna - Altre violenze poliziesche contro donne immigrate

 

Najoua, la donna tunisina che nei giorni scorsi si era cucita la bocca nel Cie di Bologna riuscendo a rompere l'isolamento e ad attirare l'attenzione della stampa, è stata rilasciata ieri ma senza alcun permesso di soggiorno.

 

Intanto è stata fissata la visita specialistica per Joy, guarda caso il 9 giugno, cioè dopo l'incidente probatorio.

 

E a Joy è ispirato il dialogo teatrale che Alessandra Magrini (Attrice Contro) e Militant A degli Assalti Frontali presenteranno oggi a Roma durante l'assedio sonoro al Ministero dell'interno.

 

Ricordiamo il presidio che si terrà l'8 giugno dalle 14.30 a Milano, sotto il tribunale, contro i Cie e le deportazioni e in solidarietà con Joy ed Hellen che proprio quel giorno si troveranno faccia a faccia con l'ispettore capo del Cie di via Corelli Vittorio Addesso. Il quale non è affatto una "mela marcia", ma lo specchio di pratiche di abuso sessuale consolidate e ben occultate nei confronti delle donne immigrate da parte di uomini delle forze dell'ordine. Come dimostrano anche i poliziotti Adriano C. e Marco T. che, nella questura di Chiavari, forti della loro divisa e del loro potere violentavano prostitute immigrate sotto la minaccia di farle espellerle.

 

 

Sciopero della fame nel Cie di Bologna

Data di trasmissione

 

Dopo la protesta di lunedì 24 maggio, durante la quale sono stati bruciati materassi e materiale vario, 15 detenuti sono confinati fuori, nel cortile del Cie di via Mattei a Bologna.

 

Nella giornata di ieri la polizia ha perquisito le celle dei rivoltosi con i cani: non trovando nulla di meglio da fare, si sono ridotti a calpestare i loro effetti personali... così, per sfregio.

 

Ora le celle sono chiuse e i detenuti passano giorno e notte all'esterno.

 

Questa volta almeno hanno un materasso e il clima - quasi estivo - è dalla loro parte ma non si può certo dire che stiano bene: non possono provvedere alla loro igiene personale e alcuni tra loro accusano dolori allo stomaco.

 

Comunque in 10 sono in sciopero della fame.

Materassi bruciati nel Cie di Bologna

Data di trasmissione

da radio Città del capo:

 

Materassi bruciati per protesta al Cie


Bologna, 24 maggio 2010 - Materassi bruciati per protesta al Cie di via Mattei. E’ accaduto nel tardo pomeriggio quando oltre a bruciare i materassi gli immigrati detenuto hanno dato fuoco anche ad altre masserizie. Non ci sono stati feriti, sono intervenuti i vigili del fuoco chiamati poco prima delle 20 e un’ambulanza del 118.
 
La donna tunisina che si è cucita le labbra dopo il rigetto della domanda d’asilo continua la sua protesta, l’avvocata Roberta Zerbinati sta preparando i ricorsi contro l’espulsione.
 
Ascolta la legale

http://radio.rcdc.it/archives/materassi-brucitai-per-protesta-al-cie-52979/


 

Appello per un corteo contro i Cie il 19 giugno a Modena

Data di trasmissione

 

riceviamo e pubblichiamo l'appello per la costruzione di un corteo contro i Cie il 19 giugno a Modena

  

Modena 19 giugno 2010
Corteo contro i Centri di Identificazione ed Espulsione

 

All’interno di un percorso di lotta che parte da lontano e che si è andato intensificando negli ultimi mesi qui a Modena e a Bologna, in Italia e in generale in Europa, con scioperi della fame, rivolte, fughe dei reclusi, e presidi, presenze nelle città, azioni di sostegno dei solidali, promuoviamo un corteo a Modena per il 19 giugno 2010

Contro i Cie, perché sono i lager odierni in cui vengono rinchiusi gli immigrati senza le carte in regola per vivere nei paesi dei ricchi

Contro le deportazioni, chiamate spudoratamente rimpatri
Contro la funzione di questi centri, che è quella di tenere sotto minaccia della privazione della libertà individui da annientare e rendere quindi disponibili per lavori da schiavi
Contro chi li gestisce, perché lucra sulla miseria, come la Croce Rossa e la Misericordia che si presentano dissimulati sotto un’aurea caritatevole o le Cooperative della Lega Coop che si spacciano come promotrici della mutualità e della solidarietà
Contro tutte le aziende che si arricchiscono con appalti per fornire servizi all’interno come la Concerta spa e la Sodexo
Contro tutti gli uomini in divisa che, nell’adempimento del loro “dovere” di carcerieri, nei Cie massacrano e stuprano
Contro il Cie di Modena, gestito dalla Misericordia di Daniele Giovanardi che, attraverso i suoi metodi da piccolo dittatore fatti di propaganda da un lato e asservimenti, soprusi, divieti, restrizioni e isolamento praticati sui reclusi dall’altro, sperimenta un modello esemplare per altri Cie in Italia
Contro Frontex, l’agenzia che gestisce e organizza le deportazioni per i paesi europei e controlla le frontiere
Contro la propaganda razzista
Contro il silenzio complice dei “bravi cittadini”

Insieme a chi brucia i Centri di detenzione
Insieme ai rivoltosi di Rosarno
Insieme a chi non si arrende e lotta con i mezzi che ha a disposizione: rivolte, scioperi e fughe
Insieme a chi non gira la testa dall’altra parte

Fuori i reclusi dai Cie
Fuori i Cie dal mondo

Coordinamento per il 19 giugno

 

-------------------------------------------------------
 
Alcune considerazioni


 
Il circuito dello sfruttamento


 

I Cie, ex Cpt, sono luoghi di detenzione amministrativa sottoposta all’autorità di polizia quindi, da un punto di vista giuridico, propriamente equiparabili ai Lager nazisti. Istituiti dalla sinistra nel 1998 e condotti a compimento dalla destra, sono parte integrante e costituente di un meccanismo perfettamente oliato che alimenta il circuito dello sfruttamento. La politica razzista, con le sue leggi e la sua propaganda, incalza l’immigrato schiacciandolo nell’angolo per renderlo sfinito e umiliato schiavo, un pezzo utile da mettere a profitto nei tempi della produzione o in quelli del business del “divertimento” sessuale. Nei Cie vengono rinchiusi immigrati senza il permesso di soggiorno, ma non solo. Ci sono persone che hanno richiesto l’asilo politico, che hanno lavoro e carte in regola ma con vecchi decreti di espulsione sulle spalle, che hanno finito di scontare una pena in carcere e donne, tante donne, in molti casi vittime della tratta. Gente che è sfuggita da guerre, persecuzioni, maltrattamenti e prostituzione. E fame. Guerre e fame che il capitalismo occidentale produce per continuare indisturbato a dominare e a razziare il mondo.
Resi clandestini per la sventura di arrivare da paesi disgraziati, sotto la minaccia costante e continua di essere internati e deportati, di venire fermati per strada, negli autobus, nei treni e trattati come bestie, di venire separati dagli affetti più cari, di finire nuovamente nelle grinfie di sfruttatori e “protettori” senza scrupoli, vivono in balia della malvagità di chi esegue gli ordini del potere.
Il meccanismo dello sfruttamento per funzionare ha bisogno di un braccio armato fatto non solo di sbirri e militari, ma anche di controllori di autobus e treni che, solerti, scovano immigrati clandestini e li consegnano nelle mani delle autorità. Necessita di un ambiente predisposto ad accogliere tutte le possibili misure di controllo, militari nelle città compresi, quindi la propaganda razzista sostenuta dall’ossessione securitaria entra in campo per alimentare le paure eliminando il rischio che qualcuno solidarizzi o manifesti repulsione per metodi così spietati e disumani. È così che si forma un esercito di schiavi circondati da una massa grigia di esseri collusi, insensibili e meschini.

Il secondo termine, espulsione, richiede a sua volta che venga predisposto un meccanismo di attuazione. Centri di detenzione per immigrati sono presenti in tutta Europa e nel 2004 è stata istituita Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne) che, tra le altre, ha la funzione di «fornire agli stati membri il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte». Non è facile nemmeno per gli stati deportare, ci vogliono accordi con i paesi terzi, tanto che spesso vediamo presidente del consiglio e ministri italiani correre smaniosi in giro per il mondo alla ricerca di accordi con Libia, Ghana ecc. Ma ora Frontex è pronta per il suo compito, ha a disposizione aerei charter noleggiati con pilota compreso per le deportazioni che rastrellano gente dai vari centri di detenzione facendo scali in diverse città europee. E si tratta di un intervento prezioso per il sistema rimpatri anche perché sugli aerei di linea troppo spesso i comandanti hanno dovuto far scendere i deportati, e la loro scorta, a causa delle proteste loro o di altri passeggeri, scioccati nel vedere gente in manette e maltrattata.

 

Le condizioni nei Cie e le lotte recenti


 
Chiunque segua le lotte contro i Cie sa che non passa giorno senza che arrivino notizie di soprusi e maltrattamenti, che i reclusi lamentano un disinteresse totale rispetto a qualunque genere di necessità, perfino di cure mediche anche in presenza di malattie o ferite gravi. Si sa che il cibo è pessimo, scarso, condito con psicofarmaci e a volte pure pieno di vermi o scarafaggi. Che gli internati non hanno alcun diritto e che per loro è praticamente impossibile uscire anche se hanno casa, lavoro, coniuge italiano e figli. Che le forme di protesta vengono spesso schiacciate dalla repressione e dai manganelli e che le pene per chi reagisce sono sempre alte. A volte arrivando persino alla morte, come nel caso di uno dei rivoltosi del Cie di Milano. Che gli operatori dei Cie e le guardie si rivolgono agli immigrati con violenza e disprezzo. Che i ricatti sessuali contro donne e trans sono quotidiani. Che gli stupri da parte delle guardie, e di chissà chi altro, sono un rischio costante e troppe volte una realtà. Che quando le violenze vengono denunciate, come nel caso di Joy e di Preziosa, le ritorsioni sono terribili e interminabili. Che i reclusi vengono spesso rispediti in paesi di cui non sanno più nulla e che in certi casi non sono neppure quelli di provenienza. Si potrebbe continuare all’infinito con esempi di soprusi e palesi ingiustizie, di esasperazioni che portano a pesantissime forme di autolesionismo fino ad arrivare in alcuni casi al suicidio.
Ma è anche vero che le tensioni e le ribellioni dentro tutti i centri di detenzione in Italia e in Europa intera non si placano. La gioia per le fiamme di Vincennes o di Lampedusa non si spegne e l’esempio recente di 84 donne in sciopero della fame a Yarl’s Wood in Inghilterra dà forza e speranza. Senza dimenticare l’indomabile sciopero della fame che ormai da marzo prosegue a staffetta, con il forte sostegno dei compagni fuori, al Cie di Milano.
In Italia, dall’approvazione del nuovo Pacchetto Sicurezza nel luglio 2009 con il quale è stato introdotto il reato di clandestinità e il prolungamento fino a sei mesi del periodo di detenzione nei Cie, le ondate di protesta, le lotte all’interno dei lager della democrazia e fuori non si sono mai fermate. In alcune occasioni la determinazione e la rabbia dei reclusi hanno portato a coraggiose rivolte e fughe, pensiamo alle rivolte dell’estate scorsa al Cie di via Corelli a Milano, a quella di Modena dove i reclusi hanno reso inagibili diversi padiglioni, alle continue fughe dal Cie di Torino, alla rivolta e al fuoco di Ponte Galeria a Roma, a Gradisca, ai tentativi di ribellione di Bari, all’incendio recente al Cie di Bologna.
All’esterno la lotta di tanti si è espressa e continua a esprimersi in Italia, a Parigi, in Belgio, ovunque e in molteplici forme, dai presidi, al sostegno agli scioperi della fame, alle iniziative in città per portare fuori la voce dei reclusi, a tante e ripetute azioni solidali contro i responsabili e gli speculatori che si ingrassano con l’affare Cie.
I Cie esistono ancora, certamente la lotta non ha ancora raggiunto un sufficiente livello di efficacia ma c’è, dentro e fuori.


 
I Cie di Modena e Bologna


 
I Cie di Modena e Bologna sono strutture dalle quali, come ci hanno fatto sapere i reclusi, «tutti sanno che non si esce»; sono carceri speciali per immigrati le cui condizioni interne sono particolarmente dure e disumanizzanti, i regolamenti applicati totalmente arbitrari e funzionali alla castrazione di ogni forma di protesta, di rivendicazione di libertà e di comunicazione con l’esterno fin dal principio. Non si possono tenere i cellulari che vengono sequestrati all’entrata, tranquillanti vengono somministrati nel cibo a colazione, pranzo e cena, e abusi e violenze da parte di ispettori di polizia, ricatti e insulti sono all’ordine del giorno. Come se non bastasse in questi centri una buona percentuale di detenuti è persino in possesso del permesso di soggiorno. Chi viene internato nonostante sia “regolare” non è un malcapitato a caso e raro, bensì chiunque abbia avuto un decreto di espulsione anche se riferito a un periodo per il quale il reato è già stato indultato. Ma non importa «loro cliccano sui computer e se risulta qualcosa che non torna ti portano dentro anche se hai un lavoro o se pensavi di dover solo completare delle pratiche di regolarizzazione». Dai Cie di Modena e di Bologna non si esce, non solo per militari, sbarre e filo spinato, ma anche perché l’ampliamento del raggio di persone internabili e il prolungamento dei tempi di detenzione fruttano moltissimi soldi ai gestori di queste strutture, ovvero alla Confraternita delle Misericordie presieduta da Daniele Giovanardi. Questa associazione cattolica guadagna 75 euro al giorno per ogni recluso del Cie di Modena e 72 per quello di Bologna. Sarà per questo che alcuni reclusi ci dicono che non vengono nemmeno rimpatriati, anche quando lo vorrebbero?
Il 17 aprile, dopo mesi di silenzio imposto e di ribellioni stroncate, 50 reclusi tra uomini e donne del Cie di Bologna sono entrati in sciopero della fame e, successivamente, si sono rivoltati dando fuoco a parte della struttura, causando 50.000 euro di danni. Un bel regalo per chi ha scelto di fare dell’internamento degli immigrati un lucroso business!
Nei giorni successivi, i giornali locali interessati solo quando la notizia è eclatante e fa vendere ma mai nella quotidianità delle sopraffazioni patite da chi sta dentro questi infami luoghi, hanno diffuso la notizia di diversi episodi avvenuti tra Bologna e Modena in relazione a quello che definivano «il presunto sciopero della fame»: una quindicina di solidali sono entrati con volantini e megafono nel tribunale del giudice di pace a Bologna, il giorno dopo un gruppo di persone avrebbe spaccato i vetri della mensa universitaria di Bologna rifornita dalla Concerta Spa che porta i pasti anche al Cie e che circa un mese prima avrebbe subito danni a furgoni parcheggiati in una sua sede ritrovati con le gomme tagliate, infine il 2 maggio un gruppo di solidali ha scelto di interrompere la messa della domenica nel duomo di Modena per smascherare, con volantini e megafono, le responsabilità dei gestori del Cie della città e per rompere il silenzio. Un silenzio che per quanto riguarda il Cie modello di Modena, che per le peculiarità indicate sopra presumiamo sperimentale, è sempre stato totale. Giovanardi ha poi dato dei farneticanti a chi porta in diverse forme la solidarietà agli immigrati reclusi nel suo Cie, dove secondo lui sono trattati con tutti i riguardi e le misericordiose cure necessarie.

 


 
Per continuare opportunamente a farneticare indiciamo


 


Un Corteo contro i Cie e contro la Misericordia che gestisce quelli di Modena e Bologna.
Un corteo che miri a far conoscere alla città le nefandezze che quotidianamente avvengono dentro questi lager.
Un corteo contro la vergogna delle deportazioni
Un corteo comunicativo che punti il dito contro i responsabili di queste strutture.
Un corteo che non deleghi la propria difesa.
Un corteo contro i Cie per noi è un corteo contro l’organizzazione sociale che li ha concepiti e realizzati, non vogliamo bandiere di partiti o di sindacati.



 
Consapevoli che l’opposizione ai Cie non si esaurisce in scadenze e appuntamenti ma si alimenta giorno per giorno delle proteste e delle rivolte interne e dei contributi solidali di chi lotta al loro esterno, crediamo importante in questo momento lanciare un’iniziativa partecipata per ribadire la natura di questi centri e che i responsabili non sono entità astratte ma collaboratori e approfittatori concretamente esistenti e contro i quali è possibile indirizzare le nostre lotte.


 


 
Coordinamento per il 19 giugno
 

Report del presidio al Cie di Bologna del 10 maggio 2010

Data di trasmissione
Durata 4m 46s

 

La voce di un recluso del Cie di Bologna - raccolta da Macerie, la trasmissione di Radio Blackout di Torino - descrive le condizioni di vita dentro al Cie gestito dalla Misericordia.

 

Leggi Fare del bene, l'articolo di Macerie sulla situazione nei Cie di Modena e Bologna.

 

Di seguito il report del presidio che si è svolto ieri davanti al Cie di via Mattei a Bologna:

 

Ieri, 10 maggio 2010, un gruppo di solidali con i reclusi del Cie di via Mattei a Bologna si è ritrovato sotto le mura per un Presidio con musica e interventi.

 

La risposta è stata immediata, con battiture e urla. Nella prima telefonata ci hanno raccontato di un grande dispiegamento di forze di polizia all’interno già da alcune ore ma erano contenti della nostra presenza e ci ringraziavano collettivamente, con tante voci che si sovrapponevano per riuscire a comunicare tutti insieme.

 

Confermano, non su richiesta nostra, che nel cibo mettono cose per addormentarli al mattino, a mezzogiorno e alla sera, che i sedativi li danno facilmente a chi li richiede ma i farmaci, anche quelli salva vita, no. Il cibo resta immangiabile e da fuori non si può fare entrare nulla. Ci sono ora 60 uomini e 30 donne internati nel Centro. I maltrattamenti sono quotidiani e nessuno ascolta i loro bisogni.

 

Dallo steso numero di cellulare ci è arrivata un’altra telefonata molto interessante di un ragazzo che è in Italia da 4 anni, molto preparato su questioni legali. Ci ha raccontato che ora anche a Bologna i cellulari vengono requisiti in entrata, come a Modena, e che ne hanno “salvati” solo 4 o 5 che utilizzano insieme. Dice anche che oramai tutti sanno che dai Cie di Bologna e di Modena non si esce, non c’è tentativo che riesca, e non sta parlando di fughe. Parla di altri Cie dai quali, con ricorsi o certificati medici, qualche possibilità di venire rilasciato c’è, ma da Bologna e Modena mai.

 

Questo lo mandiamo a dire, ovviamente farneticando (come da dichiarazione rilasciata dal “buon samaritano” Giovanardi su tutti i media possibili e immaginabili rispetto gli autori delle ultime, ripetute, iniziative contro la Misericordia e la Concerta, che fornisce i pasti nei suoi due Cie), a Giovanardi, che sostiene che al Cie di  Modena si stia bene e si resta “solo” 59 giorni, e alla sua banda di svergognati profittatori della miseria altrui.

 

Lo stesso ragazzo ci ha spiegato come mai nei Cie siano reclusi anche immigrati che hanno le carte in regola. Già da tempo ci avevano dato questa notizia, cioè che vengono rinchiusi anche quelli che hanno il permesso di soggiorno, ma la nostra spiegazione era che ovviamente i potenti e i loro servi fanno sempre quello che pare a loro e che non c’è mai da stupirsi troppo. Invece il meccanismo per incastrare anche i regolari esiste ed è questo: «Succedono cose strane – ripete più volte - vengono fermate persone che hanno il lavoro, che hanno i permessi ma se, quando cliccano sui loro computer, trovano traccia di un decreto di espulsione, anche del 2004 o 2005 già sotto indulto, li portano nel Cie. Hanno preso tanta gente con lavoro regolare, l’altro giorno anche una badante che era andata in questura per chiedere spiegazioni su qualcosa che non capiva, l’hanno mandata all’ufficio stranieri e da là portata al Cie proprio per un vecchio decreto di espulsione, indultato. Qui è pieno di cinesi in queste condizioni e anche di altri che non credevano di avere una situazione a rischio perché in possesso di permessi legali. Gli avvocati non riescono a difenderci ma so di una che è riuscita a far cancellare un vecchio decreto di espulsione».

 

Raccontiamo questo passaggio perché pensiamo possa essere utile da diffondere anche in altre città, qui a Bologna e a Modena lo faremo nei prossimi giorni con presenze in città.

 

Solidali con i reclusi