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Turchia

Sedat Peker, una vita al limite

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Durata 30m 52s

La settimana scorsa la procura di Ankara ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Sedat Peker, un boss mafioso turco che dal suo esilio nel Golfo Persico posta ormai da diversi mesi una serie di video, divenuti popolarissimi, in cui svela una serie di rivelazioni in merito a episodi di corruzione e malversazione che vedono come protagonisti esponenti di primo piano del regime di Erdogan, in primis il potentissimo ministro dell'interno Suleyman Soylu, contro cui si concentrano gli strali del latitante.

In esilio da oltre un anno, prima nei Balcani e poi nel Golfo Persico, passando per il Marocco, Sedat Peker è un ultranazionalista che ha ampiamente collaborato con l'attuale amministrazione turca, prima di cadere in disgrazia per ragioni non ancora chiarito. Conosce bene dunque quali sono le vere fondamenta del potere di Erdogan e della sua cricca.

Abbiamo chiesto al giornalista turco Murat Cinar di raccontarci le vita e le gesta di questo personaggio che sta tenendo con il fiato sospeso un intero paese.

L'ipocrisia del "sofa-gate" e la vera natura dei rapporti fra Europa e Turchia

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Durata 22m 27s

Il "sofa-gate" - le due sole sedie cioè riservate ad Erdogan e Michel, con la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen costretta a sedersi su un divano a latere, ha mostrato chiaramente come tematiche simboliche in seno all'Europa finiscano strumentalmente per sovvertire l'ordine gerarchico dei discorsi che davvero contano. Il vertice di Ankara serviva ad Unione Europea e Turchia per riprendere il dialogo su alcuni dossier vitali per l'agenda politica internazionale, tra cui la gestione dei rifugiati siriani Proprio in questo senso, dopo i 6 miliardi di euro già elargiti con l'accordo del 2016 da Bruxelles per la blindatura dei confini tra Grecia e Turchia, entrambe le parti in causa caldeggiano un rinnovo dei finanziamenti. Ne parliamo con il giornalista Murat Cinar con cui ci aggiorniamo anche sugli sviluppi delle rivolte universitarie di Bogazici e sulle condizioni carcerarie dei detenuti politici in Turchia.

Patriarcato, repressione e dittatura in Turchia

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Durata 20m 32s

La Turchia è uscita dalla Convenzione di Istanbul, il primo trattato internazionale sulla prevenzione e la lotta contro la violenza di genere e la violenza domestica. Il presidente turco Erdogan ha annunciato il ritiro sabato 20 marzo, scatenando le proteste nel paese di migliaia di donne turche che sono scese in piazza in diverse città. Secondo i conservatori il provvedimento minerebbe l’unità familiare, incoraggiando il divorzio e dando spazio alla comunità Lgbtqi+ per essere maggiormente accettata nella società. Dunque la Turchia si ritira dalla Convenzione di Istanbul, reprime il dissenso interno con carcere e torture - è notizia di pochi giorni fa che Ozturk Turkdogan, presidente della Ihd, l’organizzazione per i diritti umani più importante della Mezzaluna, è stato arrestato dalla polizia - ; mette al bando i partiti di opposizione e ne incarcera gli appartenenti – pochi giorni fa la polizia turca ha arrestato una decina di persone, fra le quali tre funzionari di primo piano del Partito Democratico dei Popoli, culmine di un procedimento in atto da anni con l’obiettivo di cancellare il terzo partito per importanza in ambito parlamentare- ; massacra  i curdi,  ha ricevuto 6 miliardi dall’UE per torturare e segregare migranti per conto nostro. Di tutto questo parliamo questa mattina con il giornalista Murat Cinar.

Le donne in piazza contro Erdogan

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Durata 4m 29s

Giovedì pomeriggio manifestazioni in diverse città d'Italia per protestare contro la decisione del governo turco di uscire dalla  Convenzione di Istanbul, il primo trattato internazionale sulla prevenzione e la lotta contro la violenza di genere e la violenza domestica. A Roma l'appuntamento è a partire dalle ore 16.00 a piazza indipendenza. La corrispondenza con l'avvocata Simonetta Crisci

Turchia: tra esercitazioni militari e repressione

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Durata 19m 33s

Dall’inizio dell’anno il mondo universitario turco è in rivolta. E’ iniziato tutto il 1° gennaio, quando Erdogan ha nominato Melih Bulu, un politico del suo stesso partito e accademico dal profilo discutibile, a rettore dell’Università del Bosforo di Istanbul, la più prestigiosa del paese. Una nomina controversa, anche perchè arrivata direttamente dal governo, scavalcando il principio di autonomia degli atenei. Non si è fatta attendere la risposta di studenti e studentesse, che a partire dal 4 gennaio hanno iniziato la loro protesta pacifica che da Istanbul si è estesa ad altre 35 città in tutto il paese. Agli studenti/studentesse si sono uniti i professori universitari, tutti concordi nel chiedere le dimissioni del nuovo rettore e nuove elezioni universitarie ma la repressione feroce dello stato turco non si è fatta attendere con arresti di centinaia di persone in tutto il paese.

In questi giorni inoltre nelle acque della Turchia, si svolge una delle più importanti esercitazioni militari:  Mavi Vatan 2021.  Secondo le informazioni diramate dal ministero della Difesa di Ankara, sono attualmente impiegati nelle manovre militari 87 mezzi navali, 27 aerei e 20 elicotteri, insieme alle forze anfibie che si eserciteranno in simulazioni di sbarco.

Su queste due questioni facciamo il punto con il giornalista Murat Cinar.

Turchia: repressione di Erdogan su universitar* e comunità LGBTQI

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Durata 14m 28s

Decine di giovani sono stati fermati dalla polizia turca in diverse manifestazioni a Istanbul, nell'ambito delle proteste in corso da un mese contro la nomina a rettore della prestigiosa Università del Bosforo di un docente vicino al presidente. La retata è stata preceduta da quattro arresti di studenti del movimento LGBTQI avvenuti nel fine settimana scorso: due studenti della Boğaziçi finiti in carcere e altri due agli arresti domiciliari per "insulto ai valori religiosi" per un’opera d’arte che raffigura simboli arcobaleno LGBTQI accanto all’immagine di un sacro sito islamico.  Ne parliamo con il giornalista Murat Cinar.

Aggiornamenti dalla Turchia: arresti politici, Covid e Nagorno Karabach

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Insieme a Murat Cinar, giornalista in bilico tra Italia e Turchia (come si autodefinisce), facciamo un aggiornamento sulla Turchia, dove in questi giorni le autorità turche hanno emesso mandati d’arresto per 82 curdi, tra cui un sindaco. Nel frattempo erdogan sostiene apertamente l'Azerbaijan nell'offensiva in Nagorno Karabach sia con milizia sia con le armi turche. Infine parliamo di Covid in Turchia.

Conflitto in Nagorno Karabach

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Da Luglio si è riacceso il decennale conflitto fra Armenia e Azerbaijan per il controllo della regione autonoma del Nagorno Karabach, che vedo sullo scacchiere l'interesse territoriale della Turchia che sta espandemdo la sua area di influenza, e da un altro alto la Russia storicamente legata al lato armeno del conflitto. Approfondiamo il tema grazie al contributo di Giovanni Savino, docente di storia contemporanea presso l'accademia dell'economia nazionale e del servizio pubblico a Mosca.