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Ancora morti di stato: per Chaka, per Bilal, per tutte le persone recluse

Data di trasmissione
Durata 27m 52s

Il 19 agosto Mohammed, Amadou, Abdourahmane e Chaka vengono arrestati per devastazione, saccheggio e sequestro di persona e portati nel carcere di Treviso. Il 7 novembre Chaka, 23 anni, viene trovato morto nel carcere di Verona.

Secondo le accuse, sono colpevoli di aver "capeggiato" le proteste che tra giugno e luglio hanno travolto il Cas ex caserma Serena di Treviso.

In un periodo in cui per molti il lockdown sembrava finito, le persone costrette a vivere dentro i luoghi di reclusione continuavano a restare ammassate, senza che venisse presa nessuna misura di tutela della loro salute.

Questo è il caso dell'ex caserma Serena di Treviso, adibita a Cas e gestita dalla cooperativa Nova Facility, dove ancora a giugno, più di 300 persone continuavano a vivere in spazi sovraffollati, senza che venisse loro fornita alcuna informazione sui contagi né alcuna protezione come mascherina e disinfettante. Molti di loro lavorano sfruttati in diversi settori della zona, dalla logistica all'agricoltura. Già da ben prima dell'emergenza Covid chi era costretto a vivere in quel luogo aveva denunciato le terribili condizioni di vita all'interno della struttura: le condizioni igieniche degradanti, le cure mediche assenti, le camere-dormitorio, la rigidissima disciplina con cui sono applicate le regole dell’accoglienza, la collaborazione tra operatori e polizia, il lavoro volontario all'interno del centro. Un luogo perfetto per la diffusione del Covid.

L'ex caserma Serena, infatti, nel giro di 2 mesi diventa un focolaio,e i contagiati passano da 1 a 244. E' proprio per questo che prima a giugno, poi a fine luglio e infine ad agosto si susseguono proteste da parte degli ospiti della struttura. Le ragioni sono molto chiare, nonostante le notizie sui giornali e le inchieste giudiziarie vogliano storpiarle in tutti i modi possibili: si protesta perché non viene fornita nessuna informazione sugli aspetti sanitari, né alcuna misura di tutela della salute, perché da un giorno all'altro viene comunicato a tutti l'isolamento, ma senza che venga data alcuna spiegazione. Solo dopo due giorni di vero e proprio sequestro degli ospiti si scopre che la ragione è il contagio di un operatore. Si protesta perché molti perdono il lavoro senza poter nemmeno comunicare coi propri padroni; perché vengono fatti a tutti i tamponi, ma poi positivi e negativi vengono rinchiusi insieme e quindi l'isolamento si rinnova continuamente. Si protesta perché chi lavora lì continua ad entrare e uscire, mentre i contagiati all'interno aumentano di giorno in giorno, ad alcuni vengono fatti anche 4 o 5 tamponi ma nessuno, tra operatori, personale sanitario e polizia, si interessa di fornire informazioni a chi dentro la caserma ci vive e di virus si sta ammalando. Ad alcuni è anche impedito di vedere l'esito del proprio tampone. Si protesta anche perché gli ospiti chiedono di parlare coi giornalisti per raccontare le loro condizioni, e polizia e operatori glielo impediscono.

Nel frattempo, già dopo le prime manifestazioni di giugno, la prefettura preannuncia 3 espulsioni e almeno una ventina di denunce pronte per quando finirà l’isolamento. L'annunciata repressione si avvera il 19 agosto, quando quattro persone che vivono dentro l'ex caserma vengono arrestate. Altre 8 risultano indagate. Le accuse sono pesanti, ed è molto chiaro che l'intento è punire Abdourahmane, Mohammed, Amadou e Chaka in modo esemplare, per dare un segnale a tutti gli altri. Per trovare dei colpevoli, dei capi, degli untori, per spostare la responsabilità dal Ministero dell'Interno, dalla Prefettura, dalla cooperativa e dal comune agli immigrati. Tutti e 4 vengono portati nel carcere di Treviso. Mohammed viene ricoverato in urgenza allo stomaco proprio per l'assenza di cure, Amadou si ammala di Covid in carcere.

Dopo un mese circa - per ordine del Ministero dell'Interno- vengono trasferiti in 4 carceri diverse e messi in regime di 14bis (sorveglianza particolare). Il 7 novembre il più giovane di loro, Chaka, viene trovato morto nel carcere di Verona. Su di lui viene spesa qualche parola in qualche articolo di giornale, si parla di suicidio e poi, come per tantissime altre morti, cala il silenzio.

Le ragioni di questa protesta, la repressione che ne è seguita e la morte di Chaka sono un'espressione molto chiara di quanto è accaduto nell'ultimo anno e dell'ordine assassino a cui vogliono sottoporci. Se abbiamo conoscenza di questa storia è soltanto grazie al fatto che delle persone continuano a lottare. E per questo ora stanno pagando, rischiando di rimanere isolate e sole.

Dall'inizio della pandemia nei centri di accoglienza di tutta Italia si sono susseguite proteste scatenate da ragioni del tutto simili a quelle di Treviso: la mancanza di informazioni chiare, l'ammassare positivi e negativi insieme in una tendopoli, in un centro o su una nave, le quarantene continuamente rinnovate, la mancata tutela della salute. Le proteste, le fughe, gli scioperi della fame non si sono mai interrotti, contro uno Stato che nei mesi ha noleggiato 5 navi-prigione, ha inviato militari a presidiare i centri di accoglienza, ha stretto accordi di rimpatrio con la Tunisia, ha denunciato ed espulso centinaia di persone, avallato da fascisti e rappresentanti locali che gridavano all'untore, all'espulsione, agli sgomberi.

A marzo, in seguito alle lotte per i documenti che le persone immigrate soprattutto nelle campagne portano avanti con coraggio, lo stesso governo ha varato una sanatoria che ha coinvolto solo poche persone, lasciandone tantissime altre in condizione di irregolarità o semi-irregolarità. Eppure di questa sanatoria le istituzioni si sono fatte vanto, così come della modifica dei decreti sicurezza di Salvini (in realtà questi prevedono ancora misure per favorire la repressione dei reati commessi dentro i cpr, mentre è stata lasciata completamente intatta tutta la parte relativa alla criminalizzazione delle lotte in generale).

Così nelle carceri, dove dopo le rivolte di marzo e le morti, si è cercato di imporre in tutti i modi un muro di silenzio. Mentre le prigioni continuano ad essere focolai, i contagiati raddoppiano (come ad esempio il carcere di Vicenza dove tuttora è rinchiuso Amadou), e aumentano i morti di Covid tra i detenuti, sulle rivolte di marzo e sui 14 detenuti morti nelle galere di Modena, Bologna e Rieti si cerca in tutti i modi di far calare il silenzio; levando di torno le persone e mettendo a tacere in qualsiasi modo la voce dei detenuti e dei testimoni delle violenze e torture che si sono consumate in questi mesi nelle galere. Non a caso proprio le persone straniere che hanno partecipato alle rivolte di Modena sono state espulse.

Ma per quanto si voglia liquidare tutte queste morti, da quella di Salvatore Piscitelli a quella di Chaka Outtara, come dovute a overdose o suicidi, sono proprio le denunce, i racconti e le lotte di questi mesi ad aver permesso di non farne dei casi singoli. Per quanto si voglia dividere e isolare chi ha lottato nei campi, nei centri di accoglienza, nei cpr, sulle navi, nelle carceri con enorme coraggio in tutti questi mesi, i legami di solidarietà e di lotta non smettono di intrecciarsi.

La morte di Chaka, come quella di tanti altri, non deve essere dimenticata, perché quello di Chaka è un omicidio e gli assassini sono l'accoglienza, le leggi razziste che governano la vita delle persone immigrate, lo sfruttamento, il carcere.

Attualmente Mohammed e Amadou sono nelle carceri di Treviso e Vicenza, mentre Abdourahmane è agli arresti domiciliari. Invitiamo a scrivere loro e a far sentire la nostra vicinanza in tutti i modi possibili, perché continuare a lottare significa anche non lasciare solo nessun davanti alla repressione, e non lasciare che la morte di Chaka si aggiunga solo ad una lista ormai troppo lunga.

Per Chaka

Mohammed, Amadou e Abdou liberi! Tutti e tutte libere!

Sanatoria per tutti, repressione per nessuno!

 

Per scrivere loro:


Mohammed Traore

Via S. Bona Nuova 5/b

31100 Treviso (TV)

 

Amadou Toure

Via B. Dalla Scola 150

36100 Vicenza (VI)

Case, documenti e contratti di lavoro: la lotta delle persone del CARA di Borgo Mezzanone a Foggia

Data di trasmissione
Durata 20m 30s
Durata 9m 8s

Non ci fermano sgomberi né repressione! Case, documenti e contratti subito!

Oggi per le strade di Foggia ha avuto luogo un grande momento di lotta, che ha dimostrato a tutti, ancora una volta, con quanto coraggio e determinazione e i lavoratori e le lavoratrici delle campagne continuino a battersi per ottenere case normali, documenti, contratti di lavoro.
Le minacce e intimidazioni di ieri da parte delle forze di polizia nei confronti degli abitanti del CARA di Borgo Mezzanone, anziché intimorire chi vive lì, hanno dato vita ad una lungo pomeriggio di resistenza e all’organizzazione di una grande mobilitazione oggi: dalle 11 di questa mattina gli abitanti del CARA e della pista adiacente hanno tenuto un presidio davanti alla prefettura di Foggia, determinato e rumoroso, che ha urlato a gran voce la volontà di porre fine a qualsiasi forma di sgombero, e per chiedere ancora una volta permessi di soggiorno per tutti: la legge stesse infatti rende irregolari le persone costringendole all’impossibilità di accedere ad un affitto di casa o ad un contratto regolare di lavoro.
Una delegazione è stata ricevuta dal prefetto, che ha ribadito l’ impossibilità di impedire l’esecuzione dello sgombero, trattandosi un ordine che arriva dal governo. La settimana prossima quindi torneranno a sgomberare il CARA, offrendo come unica alternativa per chi ha il documento il trasferimento in non ben identificati centri di accoglienza (non si sa se della zona o sparsi nel territorio nazionale) e lasciando ovviamente per strada chi si trova ad essere irregolare. Il prefetto dichiara inoltre che in 5 mesi il governo darà il via ad una sanatoria che permetterà di ottenere permessi di soggiorno e sbloccare situazioni di stallo presso le questure: notizia da verificare ma che sarebbe il risultato certamente anche di anni di lotte e pressioni affinché tutti possano essere regolarizzati.
Ormai da un anno si susseguono sulla pista adiacente al CARA operazioni di sgombero di alcune aree, a volte anche molto estese, alle quali gli abitanti già in passato, come a luglio 2019, hanno risposto con una forte resistenza: operazioni fortemente volute dal governo Salvini ma che l’attuale governo prosegue volentieri con solerzia. L’accelerata sullo sgombero del CARA ha sicuramente a che vedere con l’arrivo dei finanziamenti per il Contratto Istituzionale di Sviluppo di capitanata, piano di finanziamenti straordinari destinati al “ rilancio e allo sviluppo della Capitanata”, di cui è responsabile l’amministrazione provinciale. E’ stato sottoscritto infatti il 19 febbraio l’atto che regolamenta le modalità di trasferimento e di gestione delle risorse finanziarie per gli interventi contemplati dal CIS Capitanata, tra cui vengono citati la “bonifica e valorizzazione del campo di Borgo Mezzanone, per un importo di 3.446.000 euro (https://www.immediato.net/…/partono-i-cantieri-del-cis-cap…/). Come un copione che si ripete in tante diverse zone di questo paese, valorizzare un territorio e favorirne lo sviluppo fa il pari con politiche di “pulizia” sociale ed etnica: i poveri, peggio ancora se neri, che vivono nelle baracche e sono spesso descritti, dalle istituzioni razziste e dai media a queste asserviti, fonte di “degrado”, devono essere assolutamente rimossi da quel luogo.
Questione ancor più grave se si pensa al momento di emergenza i cui ci troviamo: il governo, mentre attua misure da quarantena collettiva, ritiene che chi vive nei ghetti non solo non debba essere tutelato, ma possa essere esposto con violenza ed in maniera studiata ad una situazione di estrema vulnerabilità e precarietà, come quella di rimanere senza una casa. Questa situazione esporrebbe certamente tutta la popolazione del luogo al pericolo sanitario in corso: dovremmo esplodere di rabbia contro queste decisioni scellerate delle istituzioni, italiani e immigrati insieme, visto che è chiara la colpa di chi sta mettendo a repentaglio la salute di tutti!
Saremo come sempre al fianco di questi lavoratori e lavoratrici che da anni lottano e resistono. Non ci lasceremo intimorire né dai tentativi di sgombero né dalla repressione che ci vuole impedire di dare solidarietà, di stringerci, di continuare a lottare.
L’IMMIGRAZIONE NON E’UN CRIMINE! LA SOLIDARIETA’ NON E’ UN REATO!
CASE, DOCUMENTI E CONTRATTI PER TUTTI, SUBITO!

Ennesimo sgombero a Borgo Mezzanone

Data di trasmissione
Durata 7m

Di nuovo decine di ruspe e centinaia di uomini delle forze dell'ordine hanno invaso il ghetto che si trova dietro il CARA di Borgo Mezzanone (FG) per buttare giù abitazioni e attività commerciali. Circa 40 le demolizioni, decine di persone rimaste senza casa.

"Appena le forze dell'ordine hanno cominciato le demolizioni la risposta degli abitanti del ghetto non si è fatta attendere e in molti sono saliti sui tetti degli edifici e delle baracche e opponendosi alla celere che ha risposto con violente cariche e il lancio di decine di lacrimogeni. Questa resistenza ha evitato l'abbattimento dei bagni, ma purtroppo molte persone oggi hanno perso la casa e quel poco che avevano. “ [Fonte Campagne In Lotta]


Un lavoratore ci ha raccontato gli eventi della mattinata.

Durata 7' ca. 

Bulldozer a Borgo Mezzanone

Data di trasmissione

Questa mattina, mercoledì 20 febbraio, stanno sgomberando il megaghetto di Borgo Mezzanone, nel foggiano, dove abitano persone che lavorano nelle campagne.L'operazione portata avanti con decine di agenti e bulldozer, con il cinismo del caso, si chiama Low and Humanity.

L'audio è un primo aggiornamento

1 maggio internazionalista al Cara di Mineo

Data di trasmissione
Durata 11m 16s

Primo maggio internazionalista davanti al Cara di Mineo, presidio antirazzista dalla mattina davanti al centro, poi pranzo sociale davanti all'ingresso e incontro interetnico a cui hanno partecipato un centinaia di migranti.

La denuncia  della Rete Antirazzista catanese del fatto che nel centro, sovraffollato, sono rinchiusi sia "scafisti" che sopravvissuti/e alla strage del 18 aprile e altri naufragi.

Approfondimento sul caporalato, lo sfruttamento della forza lavoro e il reclutamento davanti al Cara

Lampedusa: venti di guerra - parole di propaganda

Data di trasmissione
Durata 13m 10s
Durata 6m 43s

Una corrispondenza con un compagno del collettivo Askavusa di Lampedusa (https://askavusa.wordpress.com) per parlare dei e delle migranti sull'isola e delle campagne di propaganda agite sulla loro pelle.

 

Una seconda corrispondenza poi con un compagno della Rete Antirazzista catanese per allargare il discorso ad altre zone della Sicilia.

Genocidio nel Mediterraneo. I mandanti?

Data di trasmissione
Durata 11m 2s
Durata 10m 59s
Durata 11m 4s

Negli ultimi giorni si susseguono le notizie di morti e dispersi nel canale di Sicilia, ormai una strage quotidiana da anni.

Ne parliamo

con Alberto di Borderline Sicilia (sicilia.ogg), http://siciliamigranti.blogspot.it/

con Alfonso della Rete Antirazzista catanese (sicilia2.ogg).

Infine l'intervento di un ascoltatore che era a bordo di una della navi militari dell'operazione Mare nostrum come traduttore e operatore ingaggiato da Unhcr (sicilia3.ogg)

MAI PIU' CIE. L'assemblea di ieri verso la manifestazione del 15 febbraio

Data di trasmissione
Durata 13m 23s
Durata 13m
Durata 7m 43s

Tre corrispondenze, una compagna della radio che fa il resoconto dell'assemblea di ieri 5 febbraio al Cinema Palazzo per la costruzione della manifestazione di sabato 15 febbraio, un contributo di Luca del Coordinamento di Lotta per la casa e infine Irene di BPM che presenta l'iniziativa organizzata questa sera a Metropoliz, via Prenestina 913, in preparazione della manifestazione del 15.