Nella prima metà della trasmissione approfondiamo, grazie a due corrispondenze da Parigi e da Berlino, la cappa di repressione nel modo occidentale ai movimenti di solidarietà con la Palestina: dai divieti di manifestare in Francia e Germania al divieto stesso di esporre simboli palestinesi nello UK. Ci concentriamo sia sulle dichiarazioni politiche e sulle linee editoriali delle maggiori emittenti europee, sia sulla composizione e le posizioni delle piazze in tutta Europa e negli Stati Uniti.
Nella seconda metà del redazionale, invece, ci facciamo aiutare da un compagno palestinese a tracciare un quadro della situazione in tutto il mondo arabo, le manifestazioni, le carovane popolari, le posizioni dei diversi gruppi armati e la situazione politica in Palestina, in Libano e in Egitto.
Lorenzo Orsetti - combattente rivoluzionario in Rojava - è stato ucciso da Daesh.
I media mainstream, ora che a morire è un italiano, scoprono che in Rojava e in Siria si combatte ancora. Pornografia dell'orrore, narrazioni giornalistiche che mettono insieme chi lotta per l'autodeterminazione e il fascismo dello stato islamico, leggi contro chi mette in pratica la solidarietà internazionalista.
A proposito di una frase esemplificativa riferita ai fascisti che ha fatto il giro del web, ovvero come la semplicità del linguaggio può costringere il sistema mass-mediatico a inseguire messaggi e contenuti che altrimenti verrebbero ignorati o travisati.
Il mondo si indigna sul furto di dati personali che ha permesso a Cambridge Analytica di fare propaganda elettorale mirata. Pochissimo viene però detto sulla pericolosità insita in un mezzo che, abbassando il livello del discorso pubblico, si dimostra ottimo per la propaganda.
Con una compagna di Rete Evasioni leggiamo e commentiamo il comunicato "Su local team e la complicità tra media e repressione". Quale il ruolo di questo "giornalismo" che si autoproclama oggettivo e senza filtri? Come relazionarsi con l'abitudine sempre più diffusa di fare foto e video "dall'interno"? Segnaliamo l'opuscolo "Corteo", uscito qualche anno fa ma ancora utile per approfondire queste tematiche.
una corrispondenza con un giornalista che ci racconta il contesto della guerra di Erdogan contro le popolazioni del kurdistan e le complicità internazionali
Molto partecipata la manifestazione sotto la sede de Il Messaggero indetta da Non Una Di Meno con il seguente volantino. Da li poi le donne sono andate in corteo fino a Piazza Barberini.
Dopo un'estate in cui ancora una volta la violenza maschile sulle donne è stata oggetto di campagne mediatiche razziste in cui i nostri corpi sono stati usati per giustificare politiche contro le persone migranti, le deportazioni e la costruzione di nuovi lager al di là del mediterraneo, siamo arrivate a settembre e vediamo comparire sui media anche la colpevolizzazione delle donne che subiscono stupri.
E' proprio di questi giorni la campagna lanciata da Il Messaggero che addirittura propone un "manuale" di comportamento per le donne.
Scomodata anche la docente Scaraffia che, senza vergogna, ha imputo alle femministe di aver spinto le giovani donne alla "libertà dal loro destino biologico" negando "l'idea che le donne avessero bisogno di protezione" maschile.
Per il resto la campagna consiste nella solita trita riproposizione di
politiche securitarie: telecamere, militarizzazione delle strade, "locali sentinella", taxi, lampioni. Se proprio volete due lampioni in più in città servirebbero!!!
In avvicinamento alla grande mobilitazione mondiale femminista del 28 settembre
GIOVEDI 21 settembre alle 18 - sotto la sede de Il Messaggero in via del Tritone 152 le donne scendono in strada per continuare a ribadire che
Le strade sicure le fanno le donne che l'attraversano con la solidarietà, il guardarsi a vincenda, l'autodeterminazione e l'autodifesa.
Invece di dettare regole alle donne per non essere stuprate, insegnate agli uomini a non stuprare.
La violenza sulle donne la fanno gli uomini non ha confini nè
passaporto nè classe.
Oggi e domani a Roma, in via Bissolati, sono stato organizzati dei presidi per protestare contro la richiesta del governo turco di sospendere le trasmissioni di diverse emittenti radiotelevisive curde.