Con Marina Catucci, inviata negli USA per Il Manifesto, ci racconta cos'è successo la settimana scorsa negli USA dove si è tenuta una mobilitazione che ha visto oltre 7 milioni di cittadine/i partecipare alle oltre 2600 manifestazioni organizzate nel paese. L’evento ha rappresentato un importante banco di prova per valutare l’intensità della rabbia popolare nei confronti del secondo mandato del presidente, a pochi mesi da una precedente ondata di proteste, lo scorso giugno, che aveva già portato milioni di persone nelle strade.
In chiusura un racconto della rivolta contro l'operazione dell'ICE a Chinatown (New York) quando circa una trentina di agenti federali, mascherati e armati, hanno preso di mira i venditori ambulanti, e sono stati accolti da una piccola folla di newyorkesi accorsi in quell’isolato, dando vita a una vibrante protesta spontanea contro gli arresti.
A Roma, alla Casa di Quartiere di Quarticciolo, martedì 1\07 si terrà un dibattito con un professore dall'università di San Francisco e con compagni da Chicago per confrontarsi sulle rivolte di inizio giugno negli USA contro le deportazioni e il razzismo sistemico. In studio abbiamo avuto un ospite con cui abbiamo ripercorso quei momenti di rivolta e riflettuto sugli spazi di lotta che essi hanno aperto.
Nell’ultimo mese, diverse città statunitensi sono state attraversate da manifestazioni e rivolte contro i violenti blitz dell’l’ICE (Immigration and Customs Enforcement), l’agenzia federale responsabile delle deportazioni. Di fronte alle remigazioni forzate la risposta spontanea delle comunità è stata quella di ostacolare le retate, bloccare le deportazioni nei luoghi di lavoro e nei quartieri. Sotto lo slogan “Fuck ICE” le manifestazioni si sono diffuse in tutte le metropoli statunitensi, scendendo in strada con coraggio e determinazione, attaccando i centri di detenzione dei migranti e le stazioni di polizia. Nelle proteste, la questione migratoria si è intrecciata con la solidarietà alla Palestina e a un generale rifiuto di Trump e della retorica MAGA, restituendo la realtà di un paese tutt’altro che pacificato. Di tutta risposta l’amministrazione Trump ha continuato a mostrare il pugno duro, schierando la Guardia Nazionale per reprimere le proteste.
In questo ciclo di rivolte, come già accaduto in quelle successive all’omicidio di George Floyd e alla mobilitazione di Black Lives Matter, a emergere non è solo la rabbia verso il dominio del fascismo tardo capitalista, incarnato oggi da Trump, ma la spinta verso una trasformazione radicale del presente, che passa dall’abolizione della polizia all’autogestione delle comunità.
Per comprendere le rivendicazioni e le specificità di queste rivolte parleremo con James Martell (San Francisco State University) e *.
Ci vediamo Martedì 1 luglio alle ore 18 alla Casa di Quartiere di Quarticciolo (Via Trani 1)
ai microfoni di Radio Onda Rossa, la giornalista Lucia Magi, corrispondente per l'Ansa dagli Stati Uniti, ci aggiorna sull'evolversi della situazione in California, e in particolare a Los Angeles, dopo la grande manifestazione del No Kings day tenutasi lo scorso Sabato 15 Giugno.
Riflettiamo con lei sui possibili scenari futuri, mentre continuano le deportazioni di massa da parte della polizia dell'ICE.
Da venerdì 6 giugno, ogni giorno, nella città di Los Angeles scendono in strada migliaia di persone che protestano per i rastrellamenti, gli arresti, le deportazioni di persone che non hanno i documenti "in regola". Domenica si sono registrate le mobilitazioni più grandi, per sabato prossimo, 14 giugno, ne è prevista un'altra di grandi dimensioni. Sullo sfondo degli scontri tra Donald Trump e quindi il governo federale e il governatore della California, Gavin Newsom, e la sindaca di Los Angeles, Karen Bass, entrambi democratici, a scendere in piazza sono soprattutto i figli e le figlie con cittadinanza statunitense di persone nate fuori dagli Usa.
Vi proponiamo la corrispondenza da Los Angeles di Lucia Magi, giornalista dell'Ansa.
Meno di una settimana fa, Facebook ha chiuso molti profili di fascisti in Italia. Aldilà del dibattito su censura e antifascismo, vogliamo parlare di come è successo che la censura venga non solo svolta, ma addirittura demandata ai privati.
Ripercorriamo con questo pretesto una brevissima storia del web dal punto di vista della centralizzazione e della censura, cercando di trovare i motivi che hanno portato a questa nuova situazione.
In una corrispondenza presentiamo l'hackmeeting iberico: 20-21-22 a errekaleor (Gasteiz / Vitoria).
Ultima notizia: l'ICE limita l'accesso ad un numero verde di aiuto legale ai migranti detenuti dopo una puntata di Orange Is the New Black in cui questo numero verde veniva mostrato, guadagnando così notorietà.
Il raid ICE in Mississippi di qualche settimana fa aveva preso di mira lavoratori e lavoratrici di un'azienda della lavorazione della carne, un settore in cui è molto diffuso il lavoro di migranti latinxs senza documenti.
L'ICE non conferma né smentisce, ma è sempre più chiaro che il raid è stato motivato dal fatto che le lavoratrici di quella fabbrica avevano fatto causa al padrone per molestie sessuali. Ne parliamo con una compagna.
Una compagna ci racconta delle pratiche razziste messe in atto dall'ICE agenzia per il controllo delle frontiere e dell'immigrazione. Ci sono stati già vari casi negli Stati Uniti di persone con cittadinanza americana arrestate e detenute perchè sospettate di essere immigrate irregolarmente nonostante abbiano la cittadinanza americana.
La morte di Willem Van Spronsen, ucciso dalla polizia mentre tentava di sabotare i pullman impiegati dal Northwest Detention Center, una struttura di detenzione per migranti privata, è solo uno l'apice di una lotta che negli Usa sta mobilitandi centinaia di persone contro l'ICE.
L’Ice, United States Immigration and Customs Enforcement, è un'agenzia federale che è parte del Dipartimento della sicurezza interna degli Stati uniti ed è responsabile del controllo delle frontiere e dell’immigrazione, ha in programma di iniziare oggi in tutto il Paese veri e propri raid per arrestare migliaia di famiglie di migranti che hanno già ricevuto l’ordine di espulsione.
In corrispondenza con un compagno dagli Stati Uniti raccontiamo le numerose proteste partite dall'indignazione per la separazione di bambini e genitori immigrati, detenuti in centri differenti dopo la cattura in frontiera.
L'analisi parte dalla descrizione della frontiera e dei centri di detenzione ricavati da centri commerciali abbandonati, canili e altre strutture trasformate in prigioni.
Continuiamo descrivendo le mosse del governo e il contributo dei compagni e delle compagne in questa lotta.
Buon ascolto