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Lettere ad Habib da Corelli e Gradisca

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pubblichiamo di seguito i comunicati di solidarietà che i detenuti e le detenute dei Cie di Gradisca e di Milano hanno diffuso ieri sera per sostenere la lotta di Habib, il recluso che da lunedì pomeriggio si trova sul tetto del Cie di Torino per resistere alla deportazione forzata

  

 

Comunicato di solidarietà dei detenuti del Cie di Gradisca d'Isonzo (Gorizia) - Sezione rossa
  
Caro Habib siamo tutti con te e facciamo tutto il possibile da Gradisca.
Stiamo lottando per combattere questa legge che non deve esistere, e facciamo il possibile.
Molti di noi siamo in sciopero della fame, non vogliamo avere niente a che fare col direttore e le guardie, noi non vogliamo niente da loro.
In tanti ci tagliamo ogni giorno come forma di protesta perché i cie devono essere rasi al suolo.
Sappiamo che sei li da più di trenta ore; non  ti preoccupare, tieni duro perché siamo molto vicino a te e sappiamo che la tua lotta è anche la nostra lotta.
Sappiamo che il cie di Brunelleschi è un cie che fa schifo.
Il tuo gesto è molto coraggioso, tieni duro, stiamo tutti lottando e pregando per te, speriamo che non ti succeda niente, non sei da solo.

Vogliamo anche ringraziare tutti quelli che da fuori ci stanno sostenendo per distruggere questi campi di concentramento.
E’ molto importante sentirvi vicini.
Ci aiutiamo a vicenda dando una mano a questo ragazzo.
  
  
Comunicato di solidarietà dei detenuti del Cie di Gradisca d'Isonzo (Gorizia) - Sezione blu
  
Ti auguriamo di resistere. Libertà per tutti e siamo tutti con te Habib e contiamo su di te grazie mille per questo tuo gesto ti auguriamo al più presto la libertà, a te e a tutti noi.
  
  
Comunicato dei detenuti del Cie di via Corelli (Milano) - Sezione C maschile e settore femminile
  
Caro fratello tunisino ti chiediamo di resistere e non mollare finché ottieni la libertà.
Quello che stai facendo tu lo stai facendo anche per tutti noi extracomunitari, sopratutto x gli algerini e i tunisini che stanno subendo questo nuovo decreto per facilitare le deportazione.  
Siamo sicuri che puoi resistere ancora, solo così potrai ottenere la libertà.
Siamo tutti con te nel bene e nel male. Anche noi abbiamo lottato e stiamo lottando per te e per tutti noi. Sabato abbiamo fatto la protesta e tre di noi sono già in libertà.

Noi non ci fermeremo qua finché non otterremo i nostri diritti di esseri umani  e finché non distruggeremo questi lager.
Ringraziamo tutti i solidali che li sotto stanno lottando per lui e per tutti noi.
Libertà per tutti.

 

Ancora sul tetto del Cie di corso Brunelleschi

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Ascolta il racconto di un compagno torinese, dal presidio che si sta svolgendo davanti al Cie di corso Brunelleschi, per sostenere la lotta di Habib, il recluso che oggi pomeriggio era salito sul tetto per opporsi alla deportazione forzata.

I solidali si sono dati appuntamento davanti al Cie già dal primo pomeriggio per supportarlo, mentre la sera il presidio è diventato "rumoroso", con musica e urla di libertà.

Habib è ancora sul tetto, nel pomeriggio gli sono state portate delle bevande, e non ha alcuna intenzione di scendere, anche perchè gli mancano solo tre giorni allo scadere dei sei mesi di permanenza nel Cie. Dunque se riesce a resistere fino a venerdì non potrà essere deportato e avrà conquistato la libertà: sarebbe una vittoria non solo per lui, ma un risultato concreto per tutto il movimento contro le deportazioni forzate.

Il presidio continuerà per tutta la notte e anche domani.

 

Nel corso della corrispondenza aggiornamenti anche dai Cie di via Corelli a Milano e di Gradisca d'isonzo (Gorizia).

 

Per ulteriori aggiornamenti: http://www.autistici.org/macerie/

 

Chi volesse dare una mano e non può raggiungere il presidio - ci dicono da Torino - può farsi sentire con i consolati tunisini di Milano, Genova, Roma, Napoli e Palermo... (di seguito tutti i contatti).

 

Ricordiamo infine che giovedì mattina si svolgerà a Roma il processo contro i reclusi accusati di essersi ribellati nel Cie di Ponte Galeria il 3 giugno scorso. Appuntamento alle 10.00 a piazzale Clodio per sostenere la loro lotta.

 

 

Consolato generale della Tunisia a Milano

Viale Bianca Maria n°18

Telefono : (+39) 068603060 / 068603068

Fax : (+39) 0686218204

E-mail : ambtun@tin.it

 

Consolato della Tunisia a Roma

Indirizzo : Via delle Egadi n°13, 00141, Roma, Italia.

Telefono : (+39) 0687183159 / 0687188060

Fax : (+39) 0687188002

E-mail : ctsictom@tin.it

 

Consolato della Tunisia a Palermo

Indirizzo : Piazza Ignazio Florio n°24, Palermo, Italia.

Telefono : (+39) 091321231/ 091321090

Fax : (+39) 0916111733

E-mail : constuni@imaginenet.fr

 

Consolato della Tunisia a Genova

Indirizzo : Via XX settembre 2/13, 16121, Genova, Italia.

Telefono : (+39) 0105702102 / 0105702091

Fax : (+39) 0105708117

E-mail : cotuge@tin.it

 

Consolato della Tunisia a Napoli

Indirizzo : Centro direzionale - Isola F10, 80134, Napoli, Italia.

Telefono : (+39) 0817345161 / 0817345171

Fax : (+39) 0817345163

E-mail : cotunap@tin.it

Gradisca brucia e fuga da via Corelli (Milano)

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Da qualche ora nel Cie di Gradisca d'Isonzo (Gorizia) è in corso una rivolta. I reclusi sono saliti sul tetto e la polizia ha cominciato un lancio di lacrimogeni che continua tutt'ora.
 
Dentro i detenuti hanno appiccato il fuoco e sembra che gran parte del Cie sia in fiamme. Più di 200 detenuti sono fuori in cortile e temono che uno di loro sia in fin di vita, soffocato non si sa bene se dal fumo del fuoco o dai lacrimogeni: dicono che ha il viso tutto bruciato. In infermeria ci sarebbero anche altri due feriti, che pare non possano più muoversi.
La croce rossa si è dileguata appena iniziata la rivolta e il centro sta tuttora bruciando.
 
Nel Cie di via Corelli a Milano, appena appresa la notizia, i reclusi si sono riuniti in assemblea nel cortile. In due hanno tentato la fuga ma sono stati ripresi subito fuori. Ora sono tutti in corridoio e stanno facendo una battitura.
 
Per aggiornamenti: http://www.autistici.org/macerie/?p=27845 

Sciopero della fame nei Cie di Milano, Roma, Torino, Bologna e Gradisca

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Mentre a Modena si svolge il corteo nazionale contro i Cie, due uomini rinchiusi nel Cie di via Corelli, a Milano, ci raccontano che oggi i reclusi e le recluse di tutte le sezioni (maschile, femminile e trans), hanno rifiutato il pranzo.

 

 

Vogliono protestare contro i sei mesi - che sono davvero troppi, specie per chi è già stata/o in carcere - e per reclamare l'assistenza sanitaria e delle condizioni di vita decenti.

 

Hanno deciso perciò di contribuire alla mobilitazione che è in corso per le strade di Modena, organizzando uno sciopero della fame di tre giorni e coordinandosi anche con i reclusi e le recluse delle altre città.

 

A Ponte Galeria i reclusi in sciopero della fame sono otto, tutti della sezione maschile.

 

Oggi hanno rifiutato il cibo anche i reclusi dei Cie di via Mattei a Bologna, di corso Brunelleschi a Torino e di Gradisca d'Isonzo, in provincia di Gorizia.

 

Sullo sciopero della fame nel Cie di Milano, si può ascoltare anche una corrispondenza raccolta da Macerie, la trasmissione di Radio Blackout: ascolta.

 

Sempre da Macerie, arrivano anche altre corrispondenze registrate nel corso della giornata di oggi:

- a Gradisca d'Isonzo (Gorizia), i reclusi inviano una petizione al direttore del centro: ascolta

- a Ponte Galeria (Roma), un altro recluso ha tentato il suicidio: ascolta

- e lo stesso è avvenuto anche a corso Brunelleschi (Torino): ascolta

 

 

 

 

 

Corteo contro i Cie a Modena: fermati due pullman da Milano

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Una compagna del Comitato antirazzista milanese racconta che i due pullman provenienti da Milano sono stati fermati sulla tangenziale di Modena, dove erano diretti per partecipare al corteo nazionale contro i Cie.

 

Nonostante lo spiegamento di forze dell'ordine che volevano impedire loro di raggiungere la destinazione, alla fine intorno alle 16.00 sono riusciti ad arrivare alla stazione di Modena, da dove partirà il corteo.

 

Ci racconta anche che oggi nel Cie di via Corelli, a Milano, i reclusi e le recluse hanno rifiutato il pranzo: questo sciopero della fame è il loro modo per partecipare al corteo.

Notizie dai Cie di Milano, Bologna, Torino e Roma

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MILANO - I detenuti del Cie di via Corelli hanno fatto sapere che ieri pomeriggio intorno alle 17.00 un ragazzo di 22 anni, Kabili, ha provato a impiccarsi con una corda ed è stato trasportato in codice rosso in ospedale.
I detenuti della sessione C, dove stava anche Kabili, dicono che quando è stato portato via le sue condizioni erano gravissime: aveva perso i sensi e della bocca uscivano dei liquidi. Si tratta di uno dei ragazzi che stanno facendo lo sciopero della fame, ma non sopportava più di stare rinchiuso in quel lager.
Gli altri reclusi continuano a chiedere sue notizie alla Croce rossa, che gestisce il Cie milanese, ma gli aguzzini si rifiutano di dare informazioni.
 
BOLOGNA - Il recluso del Cie di via Mattei che giovedì scorso si era cucito le labbra è stato deportato in Marocco, le prime notizie parlavano invece di un trasferimento al Cie di via Corelli a Milano. Parte dei rivoltosi del 24 maggio sono stati trasferiti a Milano e Bari mentre solo due o tre di loro sono rimasti a Bologna.
I reclusi dormono ancora in condizioni precarie perché le celle non sono state risistemate affatto, nonostante i gestori avessero assicurato loro che li avrebbero fatti rimanere all'aperto solo un giorno per poter fare i lavori.
I reclusi hanno spiegato inoltre che gli ultimi «bruciamenti» del 24 maggio sono stati fatti per protesta contro il mancato accoglimento delle richieste di trasferimento presentate dai reclusi.
I trasferimenti vengono richiesti perchè chiunque entri a Bologna e a Modena sa che non uscirà per nessuna ragione prima dei sei mesi e che in questi due Cie non viene concesso niente di niente.
Lo sciopero della fame continua, un ragazzo è dimagrito 10 chili ma proseguirà nella protesta. Anche lui chiede almeno il trasferimento.
 
TORINO - Dal Cie di corso Brunelleschi arriva la notizia che Debby e Priscilla – le due ragazze nigeriane che erano state trasferite a Torino il 12 febbraio scorso, dopo aver scontato sei mesi di carcere perché erano state arrestate, insieme a Joy, Hellen e Florence, per la rivolta dell'agosto scorso nel Cie di via Corelli a Milano – oggi sono state portate al Consolato nigeriano, per il riconoscimento che precede l'espulsione, prevista per giovedì prossimo.
 
ROMA - La notte scorsa un recluso algerino è salito sopra le sbarre della sua cella nel Cie di Ponte Galeria, si è tagliato in diverse parti del corpo, tra cui la gola, e poi ha tentato d'impiccarsi.
Verso le 22.00 un folto gruppo di reclusi della sezione maschile è salito sui tetti per protesta: credevano di essere a un passo dalla libertà, ma il Cie si è riempito di polizia e carabinieri con varie camionette e sono stati costretti a scendere.
Intanto una trentina di solidali si sono ritrovate/i davanti al Cie: con cori, urla e molto rumore si sono fatte/i sentire dai reclusi e dalle recluse, facendo riecheggiare la parola libertà al di sopra delle infami mura dell’oppressione.
Inoltre hanno convocato un concentramento per domani, mercoledì 16 giugno, alle 21.00 in via Tiburtina, davanti all'ingresso del Parco dei caduti del 19 luglio 1943, a San Lorenzo, per far sentire la propria solidarietà con le lotte dei reclusi e delle recluse e per diffondere in città una cronologia della settimana appena trascorsa a Ponte Galeria: vere e proprie cronache di ordinaria oppressione.

 

Via Triboniano: nascondino, o guardie e ladri?

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riceviamo e pubblichiamo dal Comitato antirazzista milanese:

 

REPORT DELLA GIORNATA DEL 23 MAGGIO 2010 AL CAMPO ROM DI VIA TRIBONIANO

NASCONDINO, O GUARDIE E LADRI?


Domenica 23 maggio era prevista un’assemblea pubblica presso il campo di Via Triboniano. Convocata dagli abitanti del campo e dal Comitato antirazzista milanese, era intesa a fare un bilancio di quanto accaduto nei giorni precedenti e un’analisi collettiva della situazione apertasi dopo gli scontri di giovedì. I riflettori accesi intorno alla questione Triboniano, l’evidenza dell’arbitraria violenza nella gestione della piazza e lo sbugiardamento delle immancabili menzogne politico-poliziesche, facevano presupporre che l’assemblea sarebbe stata molto partecipata.  Lo sapevamo noi e i nostri amici, lo sapevano anche i nostri nemici.

Alla vigilia il vicesindaco De Corato annunciava che avrebbe fatto di tutto affinché tale assemblea non potesse avere luogo, contattando questura e prefettura in questa direzione.
Detto fatto: domenica nel primo pomeriggio la zona intorno al campo è interamente militarizzata con centinaia di agenti in antisommossa, agenti della polizia locale e drappelli di digos. Chi si avvicina viene fermato, identificato, allontanato. La barriera dell’esclusione etnica, della segregazione sociale e della partizione umana non deve essere infranta, nessuna discussione comune deve avvenire, nessuna solidarietà attiva deve potersi esprimere.

I dirigenti di piazza con tronfio autocompiacimento sono inizialmente convinti di aver fatto un buon lavoro: la barriera etnico-sociale è ribadita dallo sbarramento di scudi e caschi. Eppure, nel corso del pomeriggio, si accorgono che qualcosa non ha funzionato: scrutando coi binocoli l’interno del campo (ben sapendo di non essere affatto, loro, i benvenuti), vedono dei  movimenti, gente che fa capannello, discute, parla… Qualcosa evidentemente è andata storta: cominciano le prime timide incursioni della Polizia Locale alla ricerca di infiltrati e sobillatori. Entrano e non trovano nessuno. Escono e la gente ricompare. E così ripetutamente. Con sempre più affanno, cominciano a setacciare il campo con dispiegamenti più massicci di poliziotti, al seguito dei digos; vanno avanti e indietro, a destra e a manca, cercano anche dentro le baracche, ma non trovano niente e nessuno. I rom li guardano di sottecchi con indifferenza, li ignorano, non gli rivolgono nemmeno una parola. In cuor loro, sorridono al cospetto di tanta imbecillità.

Ebbene sì, noi nel campo c’eravamo. Eccome se c’eravamo. Abbiamo parlato tutto il pomeriggio con tanta gente, bevuto birre coi rom, condiviso riflessioni e valutazioni; abbiamo fatto anche una diretta radiofonica da dentro il campo, giusto per lo sfizio; e abbiamo giocato coi bambini, facendo disegni, lanciandoci la palla e soprattutto inventando una nuova versione del gioco “guardie e ladri”, quella con le sentinelle volanti: indovinate un po’, com’erano distribuite le parti? È vero: l’assemblea plenaria del campo, come era stata intesa
inizialmente, non c’è stata. E non c’è stata per un motivo ben preciso: se fossimo stati toccati all’interno del campo, sarebbe successo un macello e ieri non c’era volontà alcuna, da parte nostra (e “nostra”, qui, si riferisce a noi coi rom, ai rom con noi), di surriscaldare gli animi. Chi
stava proponendo “un intollerabile linguaggio della violenza” (De Corato) erano ancora una volta lorsignori.

A partire dalle lunghe discussioni svoltesi nel corso della giornata, alla luce degli eventi e di una riunione svoltasi in serata al Torchiera con alcuni rappresentanti del campo (con buona pace di quanto riportato oggi da Il Giornale), possiamo fare le seguenti valutazioni:

1) nei confronti delle promesse fatte dalla Moioli alla delegazione dei rom, convocata in tutta fretta venerdì sera in prefettura, nel campo è ampiamente diffuso un atteggiamento di scetticismo: la promessa di consegnare case a tutti entro settembre con una partecipazione del 50 % delle spese d’affitto per quattro anni da parte del comune, è tanto allettante quanto sospetta. Anzitutto perché fatta solo a voce e con l’esplicita richiesta di non renderla pubblica (mentre, allo stato attuale delle cose, l’unica cosa scritta resta l’ordinanza di sgombero entro il 30 giugno); in secondo luogo, perché a molti sembra un chiaro temporeggiamento per calmare gli animi oggi e poter colpire quest’estate, quando i bambini non vanno più a scuola e molti sono in vacanza; infine, perché si prevede di far rientrare la Casa della Carità in funzione di “mediazione”, e tutti nel campo conoscono molto bene le porcherie di cui sono capaci Don Colmegna e collaboratori. Questa sera (lunedì) ci sarà un altro incontro delegazione rom-comune-casa della carità di cui daremo conto prossimamente.

2) Risulta evidente, ancora una volta, il tentativo disperato di mantenere una separazione tra i rom e qualsivoglia individuo solidale: un tentativo fatto a colpi di calunnie, menzogne, demonizzazioni personali ed esibizioni muscolari. La logica del divide et impera non tramonta mai, e sembrano disposti a tutto per imporla. Registriamo comunque il fatto che, in un rovesciamento delle parti non privo di significato, abbiamo ricevuto per l’intera giornata la fattiva complicità attiva di tanti abitanti del campo.
 

3) Infine, se da un lato ritrovarsi a giocare a nascondino o a guardie e ladri è stato anche, a suo modo, divertente, dev’essere sottolineato e denunciato con forza il processo di “clandestinizzazione” coatto cui siamo stati sottoposti, inseguiti da una sorta di novella Gestapo all’interno di una zona rossa al quadrato, disegnata intorno a un campo di segregazione razziale: noi costretti comunque a divincolarci e nasconderci senza aver commesso alcun reato, altri accorsi a partecipare, bloccati a cento passi dall'ingresso d'un kampo. Ennesimo esempio dello stato d’eccezione permanente e di militarizzazione dei territori (da Pianura ... a L'Aquila...) cui stanno sottoponendo tutti, e che non può passare in silenzio. Di qui l’ipotesi di convocare a breve un’assemblea pubblica per discutere di questa situazione “gestional-repressiva”, sia nella sua natura intrinseca, sia nel suo significativo nesso con la specificità della lotta dei rom di Triboniano.   

Comitato antirazzista milanese
Milano, 24 maggio 2010

 

Sui fatti di via Triboniano a Milano

Data di trasmissione

riceviamo e pubblichiamo un comunicato del comitato antirazzista milanese che racconta quanto avvenuto ieri in via Triboniano a Milano:

  

 

Scriviamo questo comunicato sull'onda degli avvenimenti accaduti in via Triboniano nelle ultime ore per fornire l'esatta descrizione dei fatti dopo che un'autentica ridda di falsità alimentata da mass media e forze politiche ha cominciato a circolare.

 

Iniziamo col dire che i rom di via Triboniano sono usciti dal campo poco dopo le 16 per raggiungere i mezzi pubblici e andare al presidio di Piazza della Scala di fronte a Palazzo Marino, sede del consiglio comunale.

 

Il presidio, deciso nell'assemblea pubblica tenutasi domenica 16 maggio, era stato comunicato alle autorità competenti (Questura di Milano) già lunedì mattina, prima via telefonica, avendone un riscontro positivo, di seguito via fax.

 

Dopo circa 500 metri di via barzaghi , che collega il campo rom al piazzale del cimitero maggiore, uno sbarramento di polizia e carabinieri ha fattivamente impedito ai rom di andare a prendere il tram 14, unico mezzo di comunicazione per raggiungere il centro città.

 

L'intento di ps e carabinieri, evidentemente istruiti dalle forze politiche che alimentano da tempo la SOLUZIONE FINALE per i rom di Triboniano, era quella di impedire in tutti i modi di raggiungere il presidio: era soprattutto di impedire di rendere pubblica la proposta politica che questi avevano formulato.

 

Fuori dai luoghi comuni sui rom parassiti e approfittatori, la richiesta era e resta molto chiara: tramite i fondi europei stanziati per le comunità rom e gestiti dal Comune ( fino ad ora utilizzati solo per funzione di controllo dei rom e per ingrassare la miserabile gestione caritatevole di alcune associazioni cattoliche) si chiede la concessione di aree abbandonate dentro il territorio del comune di Milano, autorecuperabili a costo zero, e garantendo la continuità scolastica ai bambini.

 

Una proposta troppo intelligente (e in fin dei conti persino moderata) per i razzisti che stanno nel consiglio comunale di milano e che si annidano anche tra tante associazioni, cattoliche e/o democratiche: tutti pronti ad alimentare la parossistica immagine dei rom disadattati, criminali e stupidi, manovrati da un gruppo di sobillatori di professione, cioè i compagni e le compagne del comitato antirazzista di milano.

 

Dopo l'opposizione agli sgomberi di giovedì scorso, tutti i mezzi di comunicazione hanno pompato a dismisura questa immagine, creando le condizioni per giustificare la rappresaglia di Polizia e Carabinieri, che oggi ha potuto scatenarsi con una gragnuola di colpi mirati a chi voleva andare a prendere un tram.

 

A tale violenza è stata opposta una resistenza straordinaria: all'attacco razzista e annientatore si è risposto con l'attacco a mani nude, pietre, bombole, barricate; per ben tre volte la polizia ha dovuto arretrare scomposta, e solo dopo aver lanciato decine di lacrimogeni e aver scagliato un blindato contro i rom, è riuscita a sfondare e a farsi largo.

 

Nel frattempo l'intera zona veniva isolata : i pochi, (troppo pochi) solidali accorsi che hanno avuto la dignità di non voltarsi dall'altra parte mentre veniva consumato l'ennesimo pogrom razzista, sono stati tenuti a più di un chilometro di distanza, mentre arrivavano ambulanze e decine di altri blindati, e già cominciava a girare la versione ufficiale: “una manifestazione non autorizzata è stata dispersa dai celerini che sono stati proditoriamente attaccati dai rom”.

 

Credono di fermare la lotta con manganellate e menzogne? Pare proprio di no.

 

I rom rilanciano. La lotta va avanti:

 

Domenica ore 15:00 assemblea cittadina al campo rom di via Tiboniano.

 

Comitato Antirazzista Milanese - 20 maggio 2010

 

 

Milano - Cariche al corteo al campo Rom di via Triboniano

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Durata

 
I Rom del campo di via Triboniano si erano mossi dal campo per raggiungere Palazzo Marino quando sono stati bloccati della polizia e caricati. Oggi ci sarebbe dovuta essere una loro manifestazione davanti al comune per chiedere il diritto a vivere dignitosamente e rivendicare il loro diritto a una casa. Ieri tutta la comunità presente al campo aveva deciso di fare questo corteo ma, prima che fosse possibile, un ingente schieramento di forze del disordine gli ha impedito anche di uscire dal campo.

 

Leggi il comunicato del Comitato antirazzista milanese