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Stati Uniti

USA: il covid e i nativi americani

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Native American

La scorsa settimana abbiamo parlato della drammatica situazione nelle comunità dei nativi americani con particolare attenzione a quello che sta succedendo nella riserva governata dalla tribù dei Navajo. 

In questi giorni, i media si sono concentrati sulle tensioni nate tra il governatore del Sud Dakota, Kristi Noem, e i Sioux. Da inizio Aprile I leader dei Sioux hanno stabilito numerosi checkpoint sulle vie di accesso alla riserva per cercare di arginare il diffondersi del virus nelle loro comunita’. Una decisione che sembra aver dato buoni risultati se si considera che nella riserva ad oggi sono stati registrati solamente tre casi di persone infette. 

Al contrario, lo stato del Sud Dakota ha registrato piu’ di 3.600 casi e almeno 39 decessi. Una differenza che puo’ essere spiegata con il fato che il Sud Dakota e’ uno degli otto stati americani che non hanno dichiarato il lockdown.

La scorsa settimana  Noem aveva dato un ultimatum di 48 ore per la rimozione di tutti i checkpoint, ma la communita’ Sioux si e’ rifiutata.

Nei gironi seguenti, il governatore e’ tornato su suoi passi anche perche’ i rapporti con le tribu’ dei nativi americani e’ prerogativa del governo federale in quanto le riserve sono territori autonomi. 

L’abbassamento dei toni e’ anche dovuto al fatto che i Sioux  e lo stato del Sud Dakota hanno un passato abbastanza burrascoso. Negli anni 70’s infatti proprio in questa riserva e’ stato arrestato il prigioniero politico Leonard Peltier accusato di aver ucciso due agenti dell’FBI proprio durante uno stand off tra rappresentanti dell’American Indian Movement e il governo federale.

 

College cercano di ottenere l'immunità 

Intanto continua il dibattito su come entrare nella fase 2 senza creare una ulteriore emergenza sanitaria.

La scorsa settimana durante una video conferenza, i rappresentanti di 14 college e universita’ americane hanno chiesto al vice presidente Mike Pence e alla ministra dell’educazione Betsy DeVos di passare una legge che garantisca una sorta di immunita’ contro qualisasi richiesta di danni da parte di studenti or lavoratori che si ammaleranno al momento della riapertura dei campus.

Dopo i produttori di carne quindi anche i presidi delle universita’ hanno cominciato a chiedere protezioni legali in cambio di una riapertura delle universita’ gia’ a fine agosto.

Come gia’ discusso nelle precedenti corrispondenze, la riapertura del paese e’ una priorita’ per Trump e il partito repubblicano. Entrambi infatti considerano una possibile ripresa economica l’unica strategia per poter vincere le elezioni presidenziali di fine novembre. 

Per questo motivo il rappresentante dei Repubblicani al Senato, Mitch McConnell ha gia’ dichiarato che nessun nuovo pacchetto di aiuti economici verra’ votato al senato se non include anche una qualche immunita’ legale per datori di lavoro, industriali e universita’.

In pratica il partito repubblicano stia usando l’approvazione dei pacchetti di aiuti economici come moneta di scambio per forzare i vari stati a riaprire. Ricordiamo infatti che secondo la costituzione Americana, gli stati e non il governo federale hanno il potere di ordinare la fine del lockdown. 

Ma come ha dichiarato in una recente conferenza stampa il leader dei repubblicani gli stati non possono da una parte ricevere gli aiuti federali e dall’altra rifiutarsi di allentare i lockdown.

Intanto sindacati e altre organizzazioni in difesa dei lavoratori e lavoratrici hanno criticato la posizione del partito repubblicano sottolineando come il vero problema sia la mancanza di linee guida x la riapertura da parte del governo federale.
 

Tesla

Ma i repubblicani non sono gli unici a sostenere che e’ arrivato il momento di riaprire tutto. La scorsa settimana Elon Musk, CEO of Tesla, la famosa marca di macchine elettriche, ha deciso di sfidare apertamente lo Stato della California e riaprire l’impianto vicino a San Francisco. 

In una serie di Tweet e una denuncia, Musk ha minacciato di trasferire l’impianto e gli oltre 100 mila posti di lavoro in un altro stato se la contea di Alameda non gli permettera’ di riaprire al piu’ presto.

In realta’ Musk non ha aspettato la risposta e come alcune fotografie satellitari dimostrano, gia’ lo scorso weekend il parcheggio dell’impianto risultava pieno di macchine a dimostrazione che la catena di montaggio era gia’ ripartita.

Ricordiamo che Musk aveva gia’ cercato di forzare la mano rifiutando di chiudere lo stabilimento ad inizio marzo quando le contee situate vicino a San Francisco avevano deciso di dichiarare il lockdown. Dopo varie trattative, Musk decise di farlo ma ormai era gia’ passata una settimana.

Un portavoce della contea ha detto che sono state aperte delle trattative con Tesla per cercare un compromesso. Il fatto che Musk abbia cancellato molti dei tweet di minaccia che aveva pubblicato sembra confermare che i colloqui siano effettivamente cominciati. 

Alcune indiscrezioni parlano di un piano di riapertura presentato dalla Tesla nella quali si descrivono le misure che verranno adottate per la salvaguardia dei lavoratori e lavoratrici. 

Il piano e’ stato accolto con freddezza dai sindacati. Il fatto e’ che gli operai dello stabilimento Californiano non erano al sicuro neanche prima dell’arrivo del virus. Infatti gia’ nel 2018 un’indagine giornalistica aveva rivelato come gli infortuni negli stabilimenti Tesal fossero ben piu’ numerosi di quelli ufficialmente dichiarati dalla casa automobilistica e al di sopra della media nazionale. Accuse che spinsero lo stato della California a convocare Elon Musk per chiedere chiarimenti.

Industrie sul confine messicano-americano forzate a rimanere aperte

Ma la questione della riapertura delle industrie non riguarda solamente le industrie negli Stati Uniti. 

Sin dall’inizio della crisi,  il governo Messicano ha ricevuto molte pressioni da parte degli Stati Uniti perche’ tenesse aperti i piu’ di 6 mila stabilimenti di proprieta’ di industriali americani situati vicino al confine con gli Stati Uniti. 

Molte di queste industrie hanno chiuso solamente per alcuni giorni senza peraltro introdurre alcune misura sanitaria d’emergenza per proteggere gli operai dal virus. 

Non sorprende quindi che molti di questi stabilimenti abbiano avuto un ruolo importante nella diffusione del virus nell’area di confine con il caso piu’ drammatico nello stabilimento tessile di proprieta’ dell’americana Lear Corp dove almeno 18 operai sono morti a cause del virus.

Come in altri paesi, anche in Messico sono autorizzati a rimanere aperti solamente gli stabilimenti che producono generi di prima necessità ma la maggior di questi stabilimenti hanno contratti per forniture militari per il Pentagono. 

Recentemente l’ambasciatore Americano in Messico ha pubblicato un tweet in cui sosteneva la necessita’ di trovare un modo di salvaguardare la salute dei lavoratori senza interrompere l’arrivo delle forniture negli Stati Uniti.

I leader dello stato messicano di Baja California, uno degli stati con il piu’ alto numero di industrie di proprieta’ americana,  hanno ribadito che gli stabilimenti che vogliono riaprire dovranno rispettare le direttive sanitarie date dal governo ma i sindacati hanno sottolineano come in Baja California, uno stato che si estende per piu’ di 70 mila chilometri quadrati, ci siano solamente 15 ispettori addetti ai controlli.


Situazione economica

Chiudiamo questa corrispondenza con un breve sguardo alla situazione economica negli Stati Uniti. 

Il numero di persone che hanno fatto domanda per l’assegno di disoccupazione ha ormai superato i 36 milioni. Mentre il capo della banca centrale americana, Jerome Powell ha confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che questa crisi economica sta colpendo maggiormente le fasce più deboli della società. 

Durante una conferenza stampa, Powell ha infatti sottolineato come il 40% delle famiglie con un reddito annuo inferiore ai 40 mila dollari hanno perso il lavoro.  

Numeri di questo genere di non si vedevano dai tempi della depressione degli anni 30 e gli esperti cominciano a descrivere scenari catastrofici per il futuro del paese. 

Secondo uno studio pubblicato dalla Columbia University, gli Stati Uniti potrebbero registrare un aumento del numero dei senzatetto del 45% in un solo anno.

Non sorprende quindi che con settimane di ritardo il Congresso a maggioranza democratica abbia approvato un nuovo pacchetto di aiuti destinati proprio ad evitare una devastante crisi abitativa.

Il piano prevede lo stanziamento di oltre 100 miliardi di dollari in aiuti per le famiglie che hanno problemi a pagare l’affitto. Altri 11 miliardi sono stati invece stanziati per programmi in supporto delle persone che la cass l’hanno gia’ persa. 

Il partito Repubblicano ha gia’ detto pero’ che non approvera’ il piano proposto dai democratici sostenendo che ancora non si hanno i dati per valutare gli effetti dei primi due pacchetti approvati nelle scorse settimane e che quindi una nuova iniezione di fondi e’ prematura.

In realta’, come abbiamo gia’ detto in precedenza, i repubblicani vogliono usare l’approvazione di queste misure come moneta di scambio per forzare gli stati ad allentare i lockdown.

Il ricatto probabilmente funzionera’ perche’ gli stati hanno un estremo bisogno dei fondi federali. 

Entro il prossimo mese infatti gli stati dovranno approvare il bilancio per il prossimo anno e molti governatori hanno gia’ annunciato pesanti tagli per quello che riguarda l’educazione, sanita’ e servizi sociali.

Le prossime settimane ci diranno quindi come gli Stati Uniti pensano di uscire da questa crisi. Da una parte c’e’ l’arroganza di imprenditori come Elon Musk e Jeff Bezos e le strategie politiche dei repubblicani, dall’altra la disperazione di milioni di persone pronte a rischiare la propria vita per riuscire semplicemente a sopravvivere. 
 

Stati Uniti: a New York militarizzazione dei quartieri poveri

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Mentre il numero dei morti sta velocemente raggiungendo quota 70 mila, il virus e’ arrivato fin dentro la Casa Bianca costringendo alcuni membri della Task Force a mettersi in quarantena. Intanto alcuni media hanno rivelato come l'amministrazione Trump abbia ostacolato la pubblicazione di un documento creato dal Centers for Disease Control and Prevention. 

Il documento era stato scritto per aiutare i governatori e altri leader politici a decidere come e quando allentare le misure restrittive adottate per controllare la diffusione del virus. Trump ha sostenuto che il documento non era stato diffuso xche’ non era mai stato approvato dal direttore del dipartimento, ma i documenti ottenuti dalla stampa sembrano smentire questa versione dei fatti e mostrano come il documento fosse stato ripetutamente spedito alla Casa Bianca per l’approvazione finale. Questo e’ l’ultimo scandalo di una lunga serie che dimostra come Trump stia cercando di accelerare la riapertura dell’economia anche a costo di trasformare questa emergenza in una vera e propria strage. La riapertura dei diversi stati sta avvenendo un po’ a macchia di leopardo con gli Stati guidati da governatori Repubblicani decisi a riaprire anche se i dati dovrebbero suggerire una maggiore prudenza.

Intanto aumentano le critiche nei confronti dell’operato della polizia, in particolare a New York. Dall’inizio dell’emergenza il sindaco de Blasio ha dato alla polizia l’incarico di far rispettare il lockdown, come ampiamente previsto da numerosi attivisti, l’ordine si e’ trasformato in una nuova militarizzazione dei quartieri poveri e delle comunità di colore. Nelle ultime settimane numerosi video pubblicati online mostrano come i poliziotti si limitino a distribuire mascherine nei parchi situati nei quartieri bianchi mentre nei quartieri di colore siano impegnati in arresti spesso violenti. Secondo alcuni dati rilasciati dal distretto di polizia in Brooklyn, per esempio, tra il 12 marzo e il 4 maggio delle 40 persone arrestate, 35 erano afro-americane, 4 ispaniche e solamente una era bianca. 
Da sottolineare anche il fatto che un terzo degli arresti e’ stato effettuato a Brownsville, quartiere a maggioranza nera, mentre nessuno arresto e’ stato effettuato nel quartiere a maggioranza bianca di Park Slope. Dati simili si sono registrati in altre aree di New York. Il 93% dei 120 arresti fatti nell’ultimo mese e mezzo riguarda persone di colore.

Uno degli esempi piu’ eclatanti di questa disparita’ si e’ verificato nel quartiere Chelsea, un quartiere popolato soprattutto da bianchi ricchi, dove la polizia ha fatto irruzione in un’abitazione dove si stava svolgendo una festa. Nonostante la polizia abbia rinvenuto ingenti quantita’ di mariuana, si e’ limitata a distribuire una serie di multe per il mancato rispetto del lockdown. Un altro caso che ha fatto scalpore riguarda un arresto effettuato da un agente fuori da un piccolo alimentari nel Lower East Side. Nel video catturato da un passante si vede l’agente Garcia prima discutere con un uomo e una donna di colore e poi aggredire fisicamente un passante. Il video mostra Garcia scagliare un pugno in faccia al passante e poi sedersi sulla schiena dell’uomo mentre un collega lo ammanetta. Al di la’ della brutalita’ dell’arresto, gli attivisti hanno sottolineato come l’agente Garcia non sia nuovo a certi atti diviolenza. Infatti e’ stato denunciato almeno alltre sette volte per comportamenti illegali costando alla citta’ di New York piu’ di 200 mila dollari in danni e spese processuali. L’agente Garcia non e’ un’eccezione e spese processuali di questo tipo gravano non poco sui bilanci dei diversi dipartimenti di polizia americani e, di conseguenza, sui bilanci delle citta’. 
Un rapporto pubblicato nel 2017 mostra come negli ultimi 30 anni le citta’ abbiano dirottato sempre maggiori quantita’ di soldi nelle tasche dei dipartimenti di polizia. Per esempio, un terzo del budget di citta’ come Chicago, Oakland e Minneapolis viene dato alla polizia. La stessa New York destina ogni anno quasi 5 miliardi di dollari alle forze dell’ordine.
Questi aumenti sono assolutamente ingiustificati considerando che i dati raccolti in questi ultimi decenni continuino a mostrare come le citta’ americane stia diventando sempre piu’ sicure. 


Anche questa settimana parliamo di Amazon. La scorsa settimana infatti Tim Bray, uno dei vice-presidenti ad Amazon, si e’ dimesso per protestare contro il comportamento dell’azienda durante quest’emergenza. In un post pubblicato sul suo blog personale, Bray racconta come gli avvenimenti delle ultime settimane lo abbiano convinto a prendere questa decisione. Nel post cita il caso dei due ingegneri, Emily Cunnigham e Maren Costa, licenziati per aver denunciato le pericolose condizioni di lavoro nei magazzini dell’azienda. Nel messaggio di denuncia non dimentica di nominare i quattro lavoratori finora licenziati da Amazon per aver organizzato le proteste che nelle scorse settimane hanno bloccato alcuni magazzini e definisce la decisione dell’azienda come un’azione “codarda” (nel post use il colortio termine “chichenshit”).
Le dimissioni di Bray arrivano nella stessa settimana in cui l’azienda ha annunciato di aver guadagnato qualcosa come 33 milioni di dollari all’ora nei primi tre mesi dell’anno 


Nelle precedenti corrispondenze abbiamo parlato di come questo virus abbia colpito soprattutto le comunità di colore. Nelle ultime settimane, i media americani hanno cominciato a parlare della devastazione che questa emergenza sta causando in particolare tra i nativi americani. E’ inutile sottolineare qui come la storia tra gli Stati Uniti e i nativi americani sia una storia di violenza e trattati non rispettati. Una storia che spiega come mai per esempio il numero per capita di persone infette nella Nazione dei Navajo sia inferiore solo a quello registrato a New York e New Jersey, le due aree più colpite dal virus. La nazione dei Navajo e’ un territorio di quasi 70 km quadrati che si estende tra gli stati dello Utah, Arizona e New Messico. Qui si sono registrati piu’ di 2700 casi con almeno 88 persone morte per il virus. I numeri dovrebbero essere ben peggiori se si considera che il 40% delle abitazioni e’ senza acqua corrente e alcune famiglie sono costrette a percorrere piu’ di 240 chilometri per fare la spesa.  A questo si aggiunge che gli aiuti dal governo federale sono stai inviati con piu’ di 6 settimane di ritardo e solo dopo una denuncia ufficiale presentata dai Navajo. 



Concludiamo questa corrispondenza con l’ennesima storia di violenza bianca nei confronti di un Afro-americano colpevole di essere semplicemente nero. UNa notizia che il virus ha fatto passare un po’ in secondo piano. Il 23 Febbraio, Gregory and Travis McMichael hanno ucciso il 25nne Ahmaud Arbery in un sobborgo in Georgia. I due uomini si sono giustificati sostenendo che fossero convinti che il giovane fosse colpevole di alcuni furti avvenuti nei giorni scorsi nel loro quartiere e per questo motivo si sono armati e hanno cominciato a seguire il Ahmaud il quale invece stava semplicemente completando la sua usuale corsa quotidiana. Dopo un breve litigio, I due uomini bianchi hanno sparato al giovane uccidendolo sul colpo. Secondo la loro testimonianza, l’uccisione del giovane sarebbe state un gesto di legittima difesa in quanto Ahmaud avrebbe attaccato uno dei due uomini per primo. Ma un video pubblicato su Internet alcuni giorni fa smentirebbe questa versione dei fatti. Solamente con la pubblicazione del video e con una grossa mobilitazione, la polizia ha deciso di arrestare i due uomini con l’accusa di omicidio. Numerosi attivisti hanno sottolineato come il fatto uno dei due assassinil fosse un ex poliziotto spiegherebbe come mai la polizia ci abbia messo cosi tanto ad arrestare i due uomini. 

Il virus sta trasformando gli Stati Uniti ma certo non lo sta facendo meno razzista.








 

California: continuano le mobilitazioni degli assistenti universitari

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Si allarga la mobilitazione degli assistenti universitari in California. Dopo il pugno duro della scorsa settimana, l'università fa alcuni passi indietro, per quanto ancora non si parli nemmeno di accogliere le richieste degli scioperanti. Al momento santa cruz è in sciopero da 2 settimane, tante le iniziative negli altri campus. A Santa Barbara occupato il rettorato contro la minaccia di licenziamento per chi sta scioperando a Santa Cruz.

Qui c'è una raccolta fondi per sostenere lo sciopero: https://ucsb4cola.org/donate-here/

California: la vertenza dei dottorandi e la repressione nell'ateneo

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Torniamo a parlare delle mobilitazioni degli studenti in California. Nell'ultima settimana molte cose sono successe: gli e le scioperanti a Santa Cruz sono state caricate dalla polizia, molti studenti hanno espresso solidarietà, l'università ha reagito con minacce di sospensione, proposte conciliatorie irricevibili e inviti alla delazione.

Link:

Qui c'è una raccolta fondi per sostenere lo sciopero: https://ucsb4cola.org/donate-here/

fra i suoni di roberto

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in studio il conte & karonte, negli anni '80 e '90 curatori di next*time - storica trasmissione di radio ondarossa. si ripercorrono e "risuonano" i "dischi" di quegli anni di cui roberto "patata" fu il principale promotore e divulgatore.

impossibile pubblicare la playlist, perché enfasi, ricordi, rinnovate emozioni, e l'immancabile caos, sopravanzano ogni ragionevolezza e proposito di pianificazione.

vi tocca di ascoltare tutta la puntata.

Stati Uniti: aggiornamenti

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Con un compagno dagli Stati Uniti, si fanno alcune riflessioni sulle conseguenze del temporaneo shutdown, sullo stato di emergenza che potrebbe essere dichiarato da Trump e potrebbe portare all'inizio della costruzione del muro lungo il confine con il Messico, sulle politiche securitarie contro le persone migranti.

Inoltre, facciamo un aggiornamento sulla sentenza dell'omicidio di Laquan McDonald.