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I Nomi delle Cose

La Parentesi del 3/06/2015 "Cinque a due"

Data di trasmissione

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/06/04/la-parentesi-di-elisabetta-del-3062015/

 

“Cinque a due”

Immagine rimossa. Commentare l’esito delle recenti votazioni che hanno interessato sette regioni italiane e un cospicuo numero di comuni, presuppone partire  dalla campagna elettorale. Per la prima volta ambienti e singolarità  di sinistra  hanno dichiarato che il PD non andava votato perché sarebbe stata un’occasione per dare una lezione a Renzi, ridimensionarlo e, magari, liberarsene.

Potremmo dire meglio tardi che mai.

Invece questo proverbio non ci può consolare perché una lettura di questo tipo dimentica che Renzi è figlio legittimo del PD e che non c’è un PD cattivo rappresentato da Renzi e un PD buono che fa capo ai suoi oppositori interni. E’ il PD che ha il compito di naturalizzare in Italia il neoliberismo ed è stato scelto solo e soltanto perché secondo i suoi burattinai avrebbe delle capacità comunicative tali da poter far passare le scelte neoliberiste con il consenso degli elettori.

Da qui due constatazioni: la prima che Renzi non è l’erede della democrazia cristiana come invece viene detto da più parti, la seconda che non è affatto un “bla, bla, bla” ma, purtroppo, sta lavorando alacremente per realizzare i dettami delle multinazionali anglo-americane.

Pensare di personalizzare in  Renzi le scelte politiche attuali del suo Partito significa non rimuovere e non tagliare il cordone ombelicale che lega da anni il PD all’ideologia neoliberista perché il neoliberismo è un’ideologia nel senso più compiuto del termine e ha la pretesa di occupare con i suoi principi e le sue scelte la società tutta.

Nella campagna elettorale nessuno ha sposato la causa del ritorno al proporzionale e della reintroduzione dell’immunità parlamentare e i temi  di politica internazionale come, in particolare, le guerre “umanitarie”, le missioni all’estero, il ruolo della Nato e la presenza dell’Italia nella stessa, la funzione di Equitalia nel drenare le ricchezze degli italiani/e  da gettare nella fornace della macchina bellica, sono stati  completamente omessi.

Venendo al risultato, constatiamo che il PD rimane di gran lunga il partito di maggioranza e che il M5S, risposta interclassista al malessere del paese, non riesce a sfondare elettoralmente.

A ogni piè sospinto viene ricordato che Renzi ha giocato demagogicamente la carta degli 80 euro, ma la proposta del M5S di dare il reddito di cittadinanza in questo caso non ha funzionato neanche a livello demagogico elettorale.

Per non parlare della candidatura vincente di De Luca in Campania. Con disinvoltura e faccia tosta la regola della non presentabilità, cavallo di battaglia del PD,  è stata bypassata come, d’altra parte, passa sotto silenzio l’abuso dei decreti legge che, fatti da Berlusconi, avrebbero minato il potere e la centralità del Parlamento, mentre fatti in maniera molto più massiccia dal governo Renzi, vengono ignorati usando un bel po’ di memoria corta.

E che dire della retroattività delle leggi? un principio così osceno che avrebbe dovuto far insorgere chiunque, al di là della collocazione politica. E dei principi costituzionali scavalcati? da sempre c’è uno scollamento tra la costituzione scritta e  quella materiale, ma da quando ai vertici delle Istituzioni c’è stato Giorgio  Napolitano e si sono susseguiti presidenti del consiglio del PD, comunque si chiamino, si è passati alla violazione esplicita degli articoli della Costituzione. Un bel salto, a cominciare  dal finanziamento pubblico alle scuole private con il governo D’Alema.

Questa confermata maggioranza del PD avrà effetti negativi sugli italiani/e tutti/e e nessuno/a pensi di essere al riparo.

Gli italiani/e hanno confermato di essere un popolo fondamentalmente reazionario. Una parte degli italiani è esplicitamente di destra, un’altra grandissima parte è altrettanto di destra, per idee, prese di posizione e visione della vita e della società ma ha trovato il modo nel  PD, con i suoi discorsi falsamente ed esteriormente di sinistra ma fondamentalmente fascisti, che contrabbandano idee di destra con un linguaggio di sinistra, di avere un alibi. La parola “riforma” sintetizza più di ogni altra questa collocazione di pensiero.

La responsabilità principale dell’affermazione del neoliberismo in Italia è del Partito Democratico e di quei partitini della “così detta sinistra”, suoi reggicoda, che appena possono si alleano e fanno cordate come, del resto, in occasione di queste elezioni, come d’altra parte tutte quelle sigle, quelle associazioni vecchie o di nuovo conio che non sono altro che sostegno e foraggio del PD.

Ma c’è anche chi ha  avallato con le proprie scelte, con la propria collocazione e il proprio voto questo percorso. Una particolare responsabilità è di quella che, un tempo, si chiamava “ classe operaia” che, irretita dalle soluzioni corporative, dalle sirene dei sindacati, ha venduto la primogenitura per un piatto di lenticchie. E sta pagando caro e pagherà ancora di più. e, comunque, non sarà più circondata dall’aureola e dall’orgoglio della propria collocazione di classe. Gli operai /e saranno letti così come erano letti gli operai dell’ottocento: brutti, sporchi e animali da soma. E  i lavoratori italiani non pensino di scaricare questi giudizi sui migranti in una guerra fra poveri che fa solo il gioco del neoliberismo. Si prospetta una vita senza sicurezza lavorativa ed economica, non compreranno più, sia pure con sacrifici, la casa, anzi in molti casi si dovranno vendere quella che hanno. E’ doloroso dirlo, soprattutto per chi lotta contro l’oppressione di genere, ma ritornerà il fenomeno delle mogli dei lavoratori che andranno “a servizio”, in una riproposizione forte dei ruoli nelle classi subalterne.

L’altra categoria che in questo percorso ha una responsabilità diretta è quella dei laureati in prima generazione. E, in particolare, quelle/i che vengono chiamati “lavoratori cognitivi”. Presuntuosi/e. Hanno pensato che il merito fosse loro, non si sono domandati/e perché il padre e il nonno, la madre e la nonna non avevano studiato e loro invece sì. Questo è successo solo e soltanto grazie alle lotte degli anni ’70.

Non si facciano illusioni: oggi loro lavorano sotto il loro livello di studi, ma soprattutto  i loro figli non si laureeranno più, a meno di enormi sacrifici economici come del resto avviene già nei paesi a neoliberismo realizzato.

Le parole sono dure ma dette con affetto e partecipazione. Il medico pietoso uccide il paziente.

Per certi versi l’attuale situazione ricorda quella degli anni venti quando si affermò il fascismo che ruppe con il blocco sociale che aveva guidato il paese dall’unità d’Italia. Oggi è quanto mai attuale il pensiero e l’insegnamento di Gramsci che intendeva chiamare a raccolta tutte le classi e le frazioni di classe che volevano opporsi al fascismo, ma dovette fare i conti non solo con il nemico dichiarato ma con le correnti del marxismo determinista e con quelle che si ammantavano di purezza e che contribuirono, paradossalmente, del fascismo, all’avvento.

La nostra stagione che vede rotto il patto sociale che ha governato questo paese nel dopoguerra e ha gettato nell’incertezza, quando non nella povertà…lavoratori e lavoratrici, liberi professionisti, piccole e medie imprese… e ha promosso socialmente uno strato elitario della borghesia quella che potremmo definire iper-borghesia, borghesia transnazionale o borghesia imperialista, richiede una ricomposizione di classe di tutti quei ceti che intendono opporsi al neoliberismo.

Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe" del 27/05/2015 "Surrealpolitik"

Data di trasmissione
Durata 1m 11s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/30/surrealpolitik/

 

Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe,la rubrica di Denis ogni ultimo mercoledì del mese

  Surrealpolitik

C’è qualcosa di più dell’acqua
che mi scorre addosso
dalla testa al piano doccia
incandescente, magma
dei sorrisi a mezza bocca
che indosso come fossero lividi
poiché in fondo
lo sono

forse è l’utopia
ma non sono mai stato
un bravo utopista
non ci credo nelle isole lontane
dalle previsioni meteo felici –
forse è la lingua
che mi sbattono sempre
sul dente che duole
a sei miliardi di persone –
forse è questo assassinio
avvolto nel cellophane
che cercano di ficcarmi
in gola.

In ogni caso
pace e amore un cazzo,
questa cosiddetta pace
mi apre in due a manganellate.
Quest’ordine sociale è un castello di carte
e a me le carte fanno schifo.

 

Trasmissione del 27/05/2015 " Strategie di controllo e repressione"

Data di trasmissione
Durata 1h 55m 36s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/29/podcast-della-trasmissione-del-27052015/

 

Puntata del 27/05/2015

“Rote Zora e la sua banda è una fiaba di una ragazzina terribile che rubava ai ricchi per dare ai poveri: Fare bande, muoversi al di fuori della legge sembra essere oggi una prerogativa dei maschi. Ma soprattutto per questo i mille vincoli privati e politici, con cui veniamo soffocate come ragazze e come donne, ci dovrebbero rendere in massa “bandite” per la conquista della nostra libertà e della nostra dignità di essere donna. Le leggi, il diritto e l’ordine sono fondamentalmente contro di noi, anche se, combattendo duramente, abbiamo strappato due o tre diritti che, comunque, dobbiamo difendere continuando a lottare. La lotta radicale femminista e l’obbedienza alle leggi sono due cose che fanno a pugni tra loro”

Intervista a ROTE ZORA www.senzacensura.orgImmagine rimossa.

“ Strategie di controllo e repressione”

1) Stimolanti e tranquillanti Immagine rimossa.

2)Ordine Pubblico e Pubblica Sicurezza Immagine rimossa.

3)Fuori l’Italia dalla Nato Immagine rimossa.

La Parentesi del 27/05/2015 "Oggi"

Data di trasmissione
Durata 6m 12s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/28/la-parentesi-di-elisab…

 

“Oggi”

Immagine rimossa. La peculiarità della nostra stagione che coincide con il neoliberismo è caratterizzata dal dato che il capitale è reale cioè totale e pertanto è un rapporto sociale globale che occupa tutto il territorio del vivere. Il movimento femminista è movimento di decolonizzazione del quotidiano patriarcale ed è un processo sociale che non può essere ristretto negli steccati dell’emancipazione. E’ un processo che non può essere arrestato né in punto né in una fase storica determinata e, per questo, è stato dato alle patriarche e alla socialdemocrazia il compito di deviarlo e rimandarlo.
Il fatto che il movimento femminista debba fare i conti con una lettura falsa e manipolata, con una promozione sociale personale, con una correità di chi questa promozione sociale l’ha ottenuta, non significa che  non abbia sempre un progetto sociale implicito.
Il patriarcato attraverso il suo Stato parcellizza nell’ambito di interessi parziali e corporativi l’esigenza di libertà che è di noi tutte e, con noi, di tutti i segmenti della società oppressi.
La sfida  è di realizzare un progetto antagonista che si misuri con la globalità dell’oppressione di genere e con la critica del vivere quotidiano perché il patriarcato, avendo sussunto oggi il neoliberismo, è diventato metabolismo sociale. Pertanto è nodale, in questa stagione, scontrarsi con il patriarcato inteso come rapporto sociale e di socializzare lo scontro e riannodare la solidarietà rivoluzionaria di noi tutte che passa, mai come ora, attraverso lo smascheramento dei ruoli e della collocazione delle soggettività colluse..
Il patriarcato è diventato più forte perché il movimento femminista non è stato in grado di smascherare e di opporsi a questo processo.
E’ necessario recuperare la critica al quotidiano, al quotidiano patriarcale, nella sua forma specifica in un mondo nel quale tutto è diventato merce.

Ciò che nel dominio formale occupava la sfera della produzione ora occupa tutta la sfera del vivere.
E, in questo contesto, le subalternità e le differenze devono confrontarsi con un codice , un unico codice totale e totalitario, in cui si stabiliscono ruoli, figure e funzioni e questo vale tanto di più per chi appartiene al genere oppresso.
Il movimento femminista è sintesi della critica alla quotidianità imposta dal patriarcato e di quella al capitale come dominio globale, è rottura con il neoliberismo patriarcale inteso come metabolismo sociale, è movimento di liberazione teso alla libertà di spazi, di tempi, di ricchezza, è un programma sociale di liberazione da questa società, dal mondo delle merci, dai ruoli assegnati, dai compiti assolti per autopromozione personale contro una società che ha realizzato la società patriarcale come seconda natura raggiungendo l’obiettivo di coinvolgere settori del genere oppresso nel processo di mantenere nell’oppressione la stragrande maggioranza degli oppressi/e tutti/e , veicolando una mmistificazione tale per cui un miglioramento personale viene spacciato per un miglioramento generale.
E’ la versione in campo femminile del teorema secondo cui questa sarebbe la società migliore e che comunque non ci sarebbero alternative e magari, per i più scettici e le più scettiche, la situazione in cui siamo immerse sarebbe un dato di fatto, un punto di non ritorno.
Occorre da subito dare espressione sistematica, organizzata, soggettivamente motivata ai principi e agli ideali del movimento femminista che lo stesso ha elaborato in modo diffuso, spontaneo, magari disorganico, ma avendo la chiarezza che la prospettiva è la distruzione, la rimozione di tutti i “ruoli sociali”, l’abolizione di tutte le classi e che la liberazione è il passaggio per la libertà.
Oggi per il movimento femminista è nodale riconoscere ed organizzare le proprie ragioni.
Oggi il neoliberismo e il patriarcato così come si è realizzato in questa stagione tendono ad affermarsi come seconda natura e pertanto portano alla morte in tutta la società, socializzano la morte nelle relazioni sociali, sentimentali e affettive.

Mai come oggi è importante una pratica storica, cosciente, organizzata della liberazione di noi tutte come conquista di una vita mai vissuta. Se non avessimo lottato in questi anni collettivamente e singolarmente, non avremmo la possibilità di leggere questo percorso, di affermare queste esigenze. Il movimento femminista è stato ed è un’allusione potente ad un’altra vita e la consapevolezza dei suoi limiti e del voluto stravolgimento da parte di alcune non rimuovono le sue potenzialità .
Oggi è necessario aprire il dibattito per definire i percorsi di liberazione e le gambe con  cui possono camminare, magari attraverso una rete soggettiva, coordinata e coerente, con la comprensione dei ruoli e della collocazione e rifiutando una sorellanza fittizia, falsa, formale e fuorviante.
Il movimento femminista in questo senso si misura con le contraddizioni prodotte dalla sua storia ma perché questa non diventi, ora e qui, la storia del patriarcato si deve riannodare ai bisogni del “genere” e alla sua aspettativa e al suo anelito di libertà.

 

Trasmissione del 20/05/2015 "Dal '68 alla<buona scuola>"

Data di trasmissione
Durata 1h 11m 2s
Puntata del 20/05/2015

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/21/podcast-della-trasmissione-del-20052015/

 

” La mancanza di Tutto, mi impedì di sentire la mancanza delle cose minori.Fosse stato lo scardinarsi di un mondo o l’estinguersi del sole, nulla era così importante da farmi alzare il capo,dal lavoro,per curiosità.” Emily Dickinson, Silenzi

 “ Dal ’68 alla <buona scuola>”

“La scuola è un nodo politico/Il salto della scocca/Selezione di classe, di genere, di razza….”

 

Immagine rimossa.

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La Parentesi del 20/05/2015 "Il salto della scocca"

Data di trasmissione
Durata 5m 29s
http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/21/la-parentesi-di-elisabetta-del-20052015/ Il salto della scocca”

Immagine rimossa.

Per noi femministe il privato è politico ed ancora di più non si può distinguere il politico dal sociale. La libertà e la giustizia sociale sono legate in maniera assoluta e questo vale tanto di più oggi nella stagione neoliberista che ha posto sotto il dominio del capitale tutta la società ed ha elevato il mercato a natura mercificando la vita in tutti i suoi aspetti.
Oggi come non mai va messo al primo posto l’antagonismo in tutte le sue forme perché costituisce l’affermazione della libertà.
Il femminismo non è stata una scoperta dei/delle socialdemocratici/che, ma un’affermazione della lotta di genere nel momento che ha fatta sua la consapevolezza che la lotta di classe è produttrice di ogni trasformazione dell’orizzonte sociale.
Pertanto ha promosso un’innovazione della politica, profonda e a tutto campo. L’impegno femminista si è presentato come un insieme di connessioni linguistiche, ma partecipe di un’unica sintassi : la sconfitta del patriarcato e della società divisa in classi.
Oggi sappiamo che questo processo è stato interrotto ed è bloccato dalla pesantezza della scelta neoliberista e della conseguente così detta crisi, che non è casuale o non prevista, ma ne è un’articolazione fondante, e dalla convergente pressione delle patriarche. Tramite loro il femminismo è divenuto oggetto di appropriazione da parte del capitalismo e dello Stato.
Da qui il problema di come si possano definire e formare concretamente nuove pratiche di militanza femminista recuperando la polifonia di voci ma anche l’unità di intenti, chiarendo, quindi, chi sta da una parte e chi sta dall’altra.
Costruire un nuovo lessico, estendere e distendere in maniera piena le istanze di rottura che il movimento femminista costruisce contro l’ordine patriarcale e, come gli operai in fabbrica, sabotare la catena con il salto della scocca.
La necessità è spezzare la catena di riproduzione del pensiero e della pratica patriarcale e neoliberista.
E’ necessario sabotare la meritocrazia, la gerarchia, la disciplina, il controllo, le guerre umanitarie, la chiusura delle frontiere, la legalità…… opponendo differenza, singolarità, autorganizzazione, libertà, autorealizzazione, ricerca della felicità, quindi dare vita alla vita attraverso uno sciame di resistenze e di ribellioni in ogni istante della nostra quotidianità…sul posto di lavoro…a scuola…per la strada… negli uffici o nei negozi….negli stadi o nelle case… costruire un tessuto di disobbedienza e rifiutando di vivere alienate dalla nostra identità, di essere fantasmi di noi stesse.
Non cerchiamo fughe, paradisi lontani o comunità protette, non servirebbe a niente, noi siamo qui nel ventre della bestia, nel centro del neoliberismo ed è qui nel mondo occidentale che dobbiamo trovare la forza, la voglia, la capacità di opporci.
Il femminismo è una molteplicità di singolarità che si presenta come motore attivo del processo di libertà per noi e per tutti e per tutte.
Non c’è più spazio per confondere partecipazione, quote rosa, emancipazione, ragion pratiche, realismo con la resistenza, la ribellione, la ragione rivoluzionaria.
Il patriarcato investe la totalità dei rapporti sociali, dunque è costruzione delle relazioni sociali nel tempo e nello spazio, è dominio sulla vita, è riproduzione in ogni segmento dell’esistente e a fianco al tradizionale disciplinamento ha posto un sempre più invasivo controllo attraverso addirittura la produzione di soggettività a lui utili. Questo è il ruolo delle patriarche, delle socialdemocratiche.
Il presente accomuna difensori e detrattori delle quote rosa, così come americani e integralisti islamici. Gli uni e gli altri rinserrano la totalità della vita dentro il potere e consegnano allo stesso le chiavi di questo mondo ridotto a sistema.
Oggi la scommessa è la libertà ed essa è lavoro vivo, produzione di soggettività, è lì alla nostra portata come l’hanno creata la lotta femminista e le lotte antagoniste. E’ ricomposizione delle passioni delle singolarità, è manifestazione e realizzazione del desiderio. E le gambe con cui può camminare sono quelle del femminismo materialista che parte dal considerare la nostra condizione esistenziale non come innata, ma come prodotto sociale.
Noi viviamo nella solitudine, nella miseria, nella paura non perché sia un dato naturale, ma perché con la violenza fisica e con quella del pensiero siamo state ridotte a questa condizione che è comune a gran parte dell’umanità. Solo che a noi si aggiunge l’ulteriore giogo dell’oppressione di genere.
La libertà è un’esigenza, è l’unica strada percorribile e non è entità metafisica, ma potenza materiale.

 

Trasmissione del 13/05/2015 "Simboli, significati, lotte/A Giorgiana, la rivoluzione sarà di maggio e porterà il tuo nome"

Data di trasmissione
Durata 59m 56s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/14/podcast-della-trasmissione-del-13052015/

Immagine rimossa.“I Nomi delle Cose” Puntata del 13/05/2015  “ Simboli, significati, lotte”

“…..l’ipocrita ha due lacrime: una per farsi bello un’altra per lavarsi le mani
i sordi non sentono le loro stesse urla non ci riusciranno neanche domani.
Nel frattempo, se vuoi, c’è questo ombrello tienilo finché non senti caldo,
che arriva la primavera./” Simboli, significati, lotte/Per Giorgiana e per noi/ La nostra storia e la nostra memoria/L’illegalità delle lotte fonte del diritto”

 

Trasmissione del 6/05/2015 "Nel nome della madre"

Data di trasmissione
Durata 57m 58s
Immagine rimossa.“I Nomi delle Cose” Puntata del 6/05/2015  “ Nel nome della madre”

” I borghes* sono buon*, mangiamoceli! / Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe…/ Nel nome della madre”

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/08/podcast-della-trasmissione-del-6052015/

“Nel nome della madre “

Toya Graham è il nome di una madre che durante le manifestazioni a Baltimora di cui tutte siamo a conoscenza, ha riconosciuto il figlio nei riots ed è scesa di corsa in strada, lo ha preso a ceffoni e lo ha trascinato per le orecchie a casa. Queste immagini hanno fatto il giro del mondo e sono state osannate a più non posso non solo dai media mainstream di tutte le colorazioni possibili, ma anche dalle prefiche della non violenza e dalle vestali della legalità del femminismo para-istituzionale ( che non sappiamo perché continuiamo a chiamare femminismo), chiarendo una volta per tutte, se ce ne fosse ancora bisogno, che per tutti/e queste soggette/i la violenza è qualcosa che viene tirata in ballo solo per condannare gli oppressi e le oppresse, mentre non viene nominata quando ad esercitarla è il sistema di potere, cosa che fa quotidianamente e in ogni istante della nostra vita. Nascondendosi dietro il paravento della non violenza portano avanti un appoggio sistematico alle politiche neoliberiste e si fanno sponsor di questa società che esplica una violenza inaudita a tutti i livelli e su tutti i fronti e strumentalizzando la vicenda di Toya Graham si scagliano contro la rabbia espressa dalla manifestazione NoExpo di Milano auspicando che ci siano più donne così e, in generale più persone così.

Ci chiediamo se le madri dei partigiani e delle partigiane avessero dovuto andare a prenderli e trascinarli a casa per le orecchie, facendo tra l’altro un’opera di delazione rendendoli pubblicamente riconoscibili e, chissà, se le madri delle combattenti del Rojava sono andate a prenderle per le orecchie e le hanno riportate a più miti consigli.
Fortunatamente ci sono stati articoli di donne e di collettivi femministi che hanno fatto discorsi completamente diversi e hanno analizzato la lettura distorta e mistificante che è stata portata avanti sulla storia della madre di Baltimora dato che lei stessa ha dichiarato di aver portato via il figlio perché non voleva vederlo ucciso dalla polizia.
Ma a noi sono venute in mente una serie di considerazioni sulla “madre”.
Non stiamo parlando della capacità fisica di mettere al mondo un essere umano, bensì del ruolo sociale che la figura della madre incarna.
Si, perché quello di madre è un vero e proprio ruolo sociale, la madre è catena di trasmissione dei valori dominanti, questo è quello che il potere patriarcale vuole da lei.
Nella famiglia capitalista mononucleare, i ruoli sono molto specifici e determinati: il padre rappresenta l’autorità, specchio della gerarchia di genere e di classe nella società, e media il rapporto tra il figlio/a e la società tutta, la madre è lo strumento che deve introiettare nei figli/e la scala dei valori vincente sia al femminile che al maschile. Non dimentichiamo, infatti, che le madri allevano anche i figli maschi. E la riuscita di questo lavoro di costruzione viene verificata nel rapporto con l’autorità paterna e quindi con la società.
Nell’attuale fase neoliberista, anche se c’è un tentativo molto forte di ricostituire le gerarchie classiche dell’autoritarismo a tutti i livelli, la differenziazione tra ruolo materno e paterno è più labile, le famiglie sono spesso monogenitoriali e spesso questo unico genitore è la madre che somma in sé quindi il compito di essere catena di trasmissione dei valori dominanti e mediatrice dei rapporti del figlio/a con la società.
E’ in questo senso che la madre di Baltimora percorre le strade più classiche del ruolo a lei assegnato: far rientrare il figlio nei ranghi che sono poi quelli imposti dalla scala valoriale dominante, ribadire la sua autorità contro ogni possibile tentativo di autodeterminazione anche a scapito della tutela del figlio stesso che in questo modo viene dato in pasto all’opinione pubblica e viene annullato come soggettività autonoma.
Ci vengono in mente le madri che denunciano per il “loro bene” i figli che si drogano o le figlie che si prostituiscono consegnandoli alla così detta legge e dandoli in pasto alla pubblica condanna. La violenza che è insita in queste azioni è senza confini.
Questi comportamenti “materni” sono così introiettati a tutti i livelli sociali dalle donne stesse da diventare nel comune sentire caratteristiche materne ed essere confusi con l’attenzione e l’affetto nei confronti della prole, addirittura dalla prole stessa che si aspetta che la madre li rimproveri e li faccia rientrare nei ranghi.
Allora, proprio perché questi valori sono così fortemente introiettati tanto da diventare assunzione inconscia cerchiamo di uccidere la madre che è in ognuna di noi.

Le coordinamente

La Parentesi del 6/05/2015"Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe..."

Data di trasmissione
Durata 4m 25s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/07/la-parentesi-di-elisabetta-del-6052015/

La Parentesi di Elisabetta del 6/05/2015
 

 

Immagine rimossa.

Ragazzi e ragazze “perbene” cancellano la scritta CARLO VIVE dai muri di Milano segnando una delle pagine più vergognose nella storia di questo paese.

“Compassione, pietà, ribrezzo, odio di classe….”

Il primo maggio, sugli schermi televisivi, in ogni canale possibile, sono passate le immagini dell’inaugurazione dell’ Expò 2015 a Milano. Te le trovavi davanti dovunque, anche se cercavi semplicemente le previsioni del tempo. Non c’era scampo.

Vedere quelle immagini ed essere colta da una stretta allo stomaco è stato tutt’uno.

Ho avuto pietà per quelle bambine e quei bambini che cantavano l’inno di Mameli con una mano sul cuore, gettate/i in pasto alla propaganda da genitori  senza scrupoli, al servizio di chi sta costruendo  per loro un futuro di miseria.

Ho avuto compassione, mista a conati di vomito, per quei lavoratori in fila con la bandiera italiana piegata in mano, con il casco e la pettorina da cantiere…un anziano…una donna…un nero…un nepalese…rappresentanti ognuno di una modalità specifica di oppressione e sfruttamento accomunata da quella del lavoro. Servi felici? Schiavi rassegnati? Sciocchi strumentalizzati? Non so, ma una cosa è certa: erano l’incarnazione di un asservimento volontario che è tradimento della propria classe, del proprio genere, della propria razza, intese come categorie politiche e non certo naturali.

Vergogna e rabbia per loro, ribrezzo per tutte le immagini del potere che si susseguivano all’ingresso, in platea, sul palco…magistrati…politici…poliziotti..prelati…presidenti…giornalisti..deputati…industriali…personalità straniere… penose manifestazioni canore….. una sagra di paese per la santificazione delle multinazionali e un inno all’arroganza della borghesia.

Al centro di tutto, l’ “albero della vita”, simbolo ipocrita dell’altrettanto ipocrita titolazione dell’Expò ”Nutrire il pianeta” che altro non sta a significare se non distruzione, rapina, predazione delle risorse umane e naturali, guerre neocoloniali, sfruttamento, militarizzazione…uno scenario di morte in cui si muovevano scheletri con l’ermellino come nella Camera dei Lord de “La classe dirigente”.

La vita vera stava altrove,  era fuori, nelle strade di Milano, in tutte quelle e in tutti quelli che non accettano, che non ci stanno, che vogliono riprendersi tutto…le case..le strade..le scuole..gli ospedali..i tempi e i modi della vita e del desiderio.

Milano il primo maggio era divisa in due: la morte abitava dentro l’Expò, la vita stava fuori e troverà mille e mille modi di manifestarsi e di dimostrarlo ancora anche contro quei fantasmi, quella parvenza di umani che sono usciti dalle tane quando la manifestazione è finita e si sono messi a ”pulire Milano”.

Mi hanno ricordato la marcia dei colletti bianchi della Fiat nel 1980 e, allo stesso tempo, la maggioranza silenziosa, perbenista e reazionaria che ha mandato al potere il fascismo negli anni venti.  La sintesi tra  politicamente corretto e ipocrisia della socialdemocrazia riformista con i valori neoliberisti ha prodotto ombre di esseri umani che hanno perso qualsiasi dignità e consapevolezza e che si beano di una schiavitù volontaria. Pulite, pulite, pulite bene, togliete le tracce dei migranti affogati, dei cie, dei lavoratori caduti dalle impalcature, di chi dorme sotto i ponti, di chi non ha casa, pulite come pulivate le tracce dei campi di concentramento, pulite come quando denunciavate i partigiani…continuate a pulire bene, forse i padroni del mondo vi getteranno qualche osso spolpato come ricompensa.

 

Trasmissione del 29/04/2015 "Nutrire le multinazionali e distruggere il pianeta"

Data di trasmissione
Durata 1h 3m 2s

http://coordinamenta.noblogs.org/post/2015/05/03/podcast-della-trasmissione-del-29042015/

Puntata del 29/04/2015  “ Nutrire le multinazionali e distruggere il pianeta”

Immagine rimossa.

fotomontaggio: l’albero della vita a piazzale Loreto

 La vittoria del Vietnam/Marte a* marzian*/ Yankee go home!/ Il primo maggio e l’Expò: dall’arroganza del neoliberismo alla fascistizzazione dello Stato/Nutrire le multinazionali e distruggere il pianeta strumentalizzandotutto lo strumentalizzabile/Quell* che non hanno il genere, ma hanno la classe/Il calendario è bugiardo”

“I fili e le fila”   Immagine rimossa.        

Tre fili si intrecciano nello scenario dell’Expò 2015

-L’idea di esposizione universale. Che cos’è un’esposizione universale? non è altro che l’esaltazione della nazione in cui si svolge l’evento: in questo si coniugano due aspetti che caratterizzano questa società: il principio fascista della grandezza della patria e della sua immagine all’estero a cui tutti/e devono collaborare ( infatti è tutto un tagliare nastri e convocare  conferenze stampa)  e l’arroganza della borghesia  in un periodo vincente come questo neoliberista. Non è un caso che le esposizioni universali siano nate nella stagione della rivoluzione industriale. Da una parte quelle di questi anni sono epigoni di una modalità di propaganda ormai superata, dall’altra però ribadiscono una stagione di predominio forte, quello delle multinazionali e dell’iper-borghesia;

-la nuova dimensione del lavoro che il neoliberismo ha imposto per cui ha la sfrontatezza di aprire l’Expò 2015 a Milano il primo maggio quasi a dichiarare finita qualsiasi possibilità di rivendicazione di lotta di classe. Sono emblematiche le modalità con cui sono stati chiamati al lavoro tutti gli strati di addetti/e: dai/dalle giovani che dovrebbero lavorare gratis solo per la possibilità di mettere la partecipazione in curriculum, agli operai che muoiono per condizioni, modi,tempi, turni ottocenteschi, alla chiamata alle armi dei lavoratori e delle lavoratrici dei servizi pubblici come quello dei trasporti del Comune di Milano, entrati/e in sciopero il 30 aprile proprio per protestare contro il superlavoro che  dovrebbero sobbarcarsi senza neppure il riconoscimento dello straordinario o del turno festivo e che quindi  dovrebbero regalare durante il periodo dell’expò……..d’altra parte  non è altro che ” Il principio che l’organizzazione sindacale non deve basarsi sul criterio dell’irriducibile contrasto di interessi tra industriali e operai, ma ispirarsi alla necessità di stringere sempre più cordiali rapporti tra i singoli datori di lavoro e lavoratori e fra le loro organizzazioni sindacali…” (Patto di Palazzo Chigi tra Confindustria e Confederazione Generale  delle Corporazioni fasciste-21 dicembre 1923)

Le caratteristiche fasciste proprie del neoliberismo sono evidenti anche in quello che sta succedendo in parlamento: il governo Renzi emanazione diretta delle multinazionali anglo-americane, ha posto la fiducia sulla legge elettorale, un altro passo importante verso uno Stato autoritario.

-la strumentalizzazione delle oppressioni attuate dal neoliberismo e della sua stessa politica di rapina.  Sul fronte interno i territori vengono devastati, vengono programmati accordi economici e trattati di così detto libero scambio, come quello  del TTIP con gli USA, che decreteranno la fine di ogni autonomia dei governi nazionali in qualsiasi ambito economico, agroalimentare compreso, e sul fronte esterno il neocolonialismo attua una rapina sistematica di risorse, ricchezze, territori e esseri umani.. e, in questo panorama devastante, sotto gli occhi di tutti e tutte,  l’ Expò ha la faccia tosta di titolarsi  “Nutrire il pianeta”. La borghesia imperialista transnazionale, con i governatorati locali, compreso quello italiano, affama, distrugge, inquina, devasta ,uccide su scala industriale però  si pone come faro di civiltà strumentalizzando direttamente le oppressioni e le violenze che esercita e parlando impunemente di antirazzismo, guerre umanitarie, diritti umani, sicurezza sul lavoro, femminicidi, antifascismo, differenze sessuali…..

Anche la nostra oppressione di genere diventa così perpetuazione del dominio.
La femminilizzazione del lavoro non è altro che la trasposizione della modalità del lavoro di cura a tutto il mondo del lavoro, il nostro asservimento deve diventare la modalità del lavoro per tutti . Noi veniamo chiamate direttamente a partecipare alla nostra strumentalizzazione, oppressione, impoverimento e  a ribadire noi stesse qual’ è il ruolo che ci dovrebbe competere all’interno della nazione e della patria.

E così all’interno dell’Expò c’è “WE-Women” chiaramente rigorosamente in inglese, tanto per ribadire una sudditanza se mai ce ne fosse bisogno, e poi WOMEN FOR WATER e poi il Casato Petronilla e il Filo della Rosa e le ricette per la vita……siete spaventate? Suvvia, allora proprio non avete capito qual è il vostro ruolo!

Viene ribadito ed enfatizzato il rapporto donna-nutrimento-terra, memoria e donne attraverso il racconto delle nonne e il recupero della tradizione, concetto alquanto fascista che vede la donna come depositaria dei valori sacri della patria che legano con un filo ROSA la tradizione alla nuova donna imprenditrice.

Si punta molto alla figura della donna che si deve occupare del terzo mondo, nel solco del politicamente corretto che con i principi fascisti forma una miscela esplosiva, dello sviluppo sostenibile proprio in quanto depositaria del femminile e, quindi, più sensibile ai problemi quali salute, nutrimento e cura degli altri. Viene ribadito continuamente che noi avremmo un’innata predisposizione per la cura. Paura eh!? Chiaramente siamo debitrici di tutte queste illuminanti posizioni soprattutto a Federica Mogherini e a Marta Dassù, due esemplari tipo di patriarche. La prima viene dalla Sinistra Giovanile dei DS, come responsabile nazionale Esteri e relazioni internazionali nella segreteria di Piero Fassino ha seguito in particolare i dossier relativi all’Iraq, all’Afghanistan e al Medio Oriente….E’ stata eletta deputata nel 2008 nella lista PD, è stata rieletta nel 2013 alla Camera senza passare per le primarie e il 1 agosto 2014 è stata eletta presidente della delegazione parlamentare presso l’assemblea parlamentare della NATO, prima donna nella storia a ricoprire questo incarico. E’ stata vicepresidente della Fondazione Italia-Usa. E’ stata ministro degli Esteri nel primo esecutivo Renzi. Ora è Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica  di sicurezza.

Marta Dassù è stata consigliere per la politica estera del presidente del  Consiglio dei ministri nel governo D’Alema I, D’Alema II, e nel governo Amato II….fa parte del Comitato scientifico di Confindustria ed è componente della Fondazione Italia-Usa…..è nominata dal governo Renzi nel C.d.A. di Finmeccanica.

Le patriarche sono la nuova frontiera dell’oppressione di genere, sono quelle che in cambio della propria promozione individuale, stravolgendo e strumentalizzando significati ed obiettivi dell’emancipazione si mettono al servizio dell’oppressione patriarcale e neoliberista, vendendo la propria collocazione di genere e perpetuando l’asservimento della stragrande maggioranza delle altre donne.

Come femministe tirare le fila di questi discorsi ci chiarisce una volta di più che nessuna lettura di genere può essere scissa da quella di classe e che non ci sono zone neutre o impensabili posizioni al di sopra delle parti, o si sta dentro all’EXPO’ o si sta fuori nelle strade che lo combattono.

 

Le coordinamente /Coordinamenta femminista e lesbica