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Economia dell'attenzione

Data di trasmissione
Durata 1h 24m 43s
Durata 21m 13s

Nella puntata di oggi parliamo di economia dell'attenzione, termine spesso usato ma non sempre spiegato accuratamente. Cerchiamo di capire cosa si intende con questo termine, il contesto economico da cui proviene, e come si declina concretamente.

Chiudiamo poi con un commento sulla notizia della settimana, ovvero le misure prese dal Congresso statunitense contro TikTok, fondate apparentemente sul grave pericolo posto alla sicurezza del paese e alle menti dei giovani americani (sic!). Andiamo a vedere quanto c'è di vero.

La privacy è solo un problema tecnico?

Data di trasmissione
Durata 2h 14m 8s
Durata 45m 43s

Nella puntata di oggi partiamo da una raccolta di notiziole che ci mostrano come il mondo della sorveglianza online a fini pubblicitari abbia urgente bisogno di reinventarsi. Ecco così che Google inventa prima FLoC (progetto nato morto) e poi la Topics API; si tratta di sistemi che permettono il proseguimento della pubblicità mirata, togliendo però alle grandi società (tranne Google!) il ruolo di sorveglianza che invece hanno nel mondo dominato dai cookie di terze parti. Un ruolo che sta iniziando a diventare scomodo. Dietro FLoC e Topics, aldilà di problemi tecnici che oggi non analizziamo in dettaglio, si cela un ritornello: la privacy è solo un problema tecnico. Anzi in effetti se ne cela anche un altro: la privacy è solo la difesa dello spazio individuale, e i problemi sociali che la pubblicità mirata amplifica non sono affar nostro. Facciamo una rassegna degli articoli accademici del settore e riscontriamo come questa sia stata proprio la lettura offerta da chi ha fatto ricerca e proposto soluzioni sulla privacy.

Chiudiamo come avevamo iniziato: notiziole varie a tema tracciamento online.

Più sono piccole/i e più le sfruttano

Data di trasmissione
Durata 33m 1s

Con Flavia Piccinni parliamo del suo libro "Bellissime. Baby miss , giovani modelle aspiranti lolite" nel quale l'autrice, a seguito di una minuziosa inchiesta sul campo, svela i retroscena del mondo della pubblicità e della moda che sfrutta senza scrupoli bambine e bambini considerandoli al pari di una merce, e perpetuando modelli culturali basati sulla bellezza e sugli stereotipi sessisti. La copertina del libro si trova tranquillamente in rete

Parentesi del 29/6/2016 "Il marketing della liberazione"

Data di trasmissione
Durata 7m 35s

https://coordinamenta.noblogs.org/post/2016/06/30/la-parentesi-di-elisa…

 

 

   Immagine rimossa.“Il marketing della liberazione”  

La pubblicità ha sempre promesso le stesse cose: benessere, felicità, successo. Ha venduto sogni e proposto scorciatoie simboliche per una rapida ascesa sociale. Ha fabbricato desideri raccontando un mondo di eterne vacanze, sorridente e spensierato. La pubblicità ha venduto di tutto a tutte e a tutti, indistintamente, come se la società fosse senza classi. Oggi ha mutato pelle. Oggi, ogni prodotto, dalla macchina alle scarpe, passando per le bibite e altro, tutto è presentato come un elemento distintivo per una gioventù ribelle. Ci sono pubblicità che vogliono ridare il potere al popolo, altre che vogliono sovvertire le leggi del mercato, tutte inneggiano alla rivoluzione.

Oggi, la cultura commerciale è “ribelle”.

La rivoluzione passa attraverso le scarpe che porti, la bibita che bevi. Il nuovo, solo perché tale, è “rivoluzionario” e, come tale, il comprarlo e l’usarlo, sostituisce le pratiche di lotta.

Il meccanismo è semplice.

Si identifica una convenzione sociale che non metta in discussione lo status quo, né i rapporti di classe, né la società e la si destruttura e, grazie a questa destrutturazione, le ditte vendono e la società rimane sempre la stessa. Ci si appassiona per un messaggio pubblicitario irriverente, non si racconta che serve solo a vedere moltiplicate le possibilità di essere “chiacchierati” e, quindi, di vedere accresciuto il messaggio pubblicitario stesso. La sconfitta della lotta di classe, in questo paese, e la dimensione “buonista “ e conservatrice della sinistra socialdemocratica, hanno schiuso ai pubblicitari le porte delle nicchie culturali che erano proprie della sinistra e il cui carisma e la cui forza evocativa vengono ora utilizzati per altri scopi. C’è la ditta che lotta contro il razzismo, quella che si presenta come il simbolo del non conformismo, l’altra della rivolta adolescenziale e, ancora, quella della rivoluzione sessuale. Le marche hanno, ormai, sostituito i movimenti.

Siamo al trionfo del marketing della liberazione. La ribellione, per alcune/i , è una protesi identitaria . Questa epidemia di ribellione non impressiona né il capitale né le sue articolazioni repressive. Non contenti tutte/i questi/e ribelli si autorappresentano come “scomodi” per questa società. E, buon ultimo, si definiscono “disubbidienti”. L’esibizione è diventata un meccanismo del capitalismo mediatico. Tutto si risolve nell’ “épater les bourgeois”. Dobbiamo avere chiavi di lettura per distinguere tutti costoro dai veri/e ribelli, disubbidienti e scomodi/e? Non ce n’è bisogno ,questo già lo fa per noi la borghesia. Quelli/e di cui abbiamo parlato, hanno i riflettori puntati su di loro, se ne parla, vengono intervistati/e, vengono ospitati/e di qua e di là. Gli /le altri/e, quelli/e che lo sono veramente, sono avvolti dal silenzio e dall’oblio e, quando “esagerano”, vengono stigmatizzati/e, demonizzati/e, repressi/e. L’impegno politico, le vetrine infrante “sarebbero” frutto di frustrazioni sessuali, l’impegno delle donne in politica, tanto più se antisistemico, “sarebbe” il frutto di sconfitte sentimentali. La ribellione alle ingiustizie sociali, accompagnata dalla lotta di classe, “troverebbe spiegazione”, per tutti costoro, in qualche ormone mancante o in eccesso. A chi teorizza e pratica la lotta armata, secondo questa lettura, “sarebbero” mancate le ammucchiate ed il sesso trasgressivo. Secondo questa filosofia, per liberarci da questa società, dobbiamo andare a mangiare nei ristoranti etnici, comprare nei negozi equosolidali, comprare i dischi di Lady Gaga e, magari, aderire a questa o quella lettura della sessualità e delle pratiche esistenziali, presentate come liberatorie e rivoluzionarie.

Il trionfo del capitale: rabbia, insoddisfazione, ricerca di altro, li ha saputi mettere al servizio dei propri interessi, creando un bisogno di identificazione con nuovi stereotipi culturali. Il capitale, attraverso la pubblicità, riesce a riplasmare la realtà sociale secondo una visione immaginaria della società. I giovani disoccupati delle periferie urbane impersonano una sorta di lotta tra una marca e l’altra di scarpe da ginnastica. Pubblicità, stereotipi culturali vincenti, diventano uno strumento di trasformazione della coscienza sociale. Donne e uomini che, nei messaggi pubblicitari e nelle rappresentazioni mediatiche, vediamo, senza distinzione gerarchica, al lavoro e a casa e, magari, nelle nuove inclinazioni sessuali, in realtà nascondono la fine del lavoro a tempo indeterminato, l’apologia della precarietà, il rilancio dei ruoli. Le aziende che vivono sfruttando il lavoro minorile o producono materiali bellici o distruggono l’ambiente nei paesi del terzo mondo, omettendo bellamente questi aspetti e rappresentandosi come altro, concorrono alla schizofrenia di questa società che dice di essere sensibile a questi temi, ma li disattende quotidianamente nella pratica.

Contemporaneamente, il tabù del sesso viene largamente sfruttato da quando si è scoperta la correlazione tra desiderio sessuale e pulsione all’acquisto e il legame tra pratiche sessuali non usuali e malinteso concetto di rivoluzione e liberazione. Allo stesso tempo, resta fermo lo stereotipo della donna che è oggetto di piacere o soggetto domestico che, anche quando è emancipata e lavora fuori casa, è lei stessa che sorveglia la sua abbronzatura, l’odore delle sue ascelle, i riflessi dei suoi capelli, la linea del suo reggiseno o il colore delle sue calze.

Il mondo è quello che è, pieno di ogni bruttura, ma noi ci possiamo “autoassolvere” perché beviamo un prodotto che è sinonimo di libertà, perché vestiamo casual o perché facciamo sesso fuori dal coro. Facciamo pure quello che ci pare, perché quello che ci piace , proprio perché ci piace, è buono, ma lo è, naturalmente, per noi che lo facciamo e ci piace, ma non parliamo, per favore, di libertà, di rivoluzione, di cambiamento della società.

Questa configurazione sociale si caratterizza nella preminenza progressiva della merce su ogni altro elemento e nella mercificazione di tutti i rapporti, compresi quelli sociali e affettivi, nella cultura che viene ridotta a mode che si susseguono, con l’apparire esibizionistico che prende il posto dell’autonomia individuale, nell’appiattimento della storia stessa sull’evento immediato e l’informazione istantanea, nella fuga dal conflitto sociale e nella disaffezione dalla politica, nella strumentalizzazione delle lotte di liberazione e delle diversità.

E, allora, se la borghesia è in grado di appropriarsi di parole, contenuti e sogni che ci dovrebbero appartenere, sarebbe il caso che ci chiedessimo come possiamo porvi rimedio.

 

Corpi neri in vendita: pubblicità razziste #2

Data di trasmissione
Durata 1h 27m 35s

 

Nella puntata di lunedì 19 settembre 2011, proseguono le nostre riflessioni sulle pubblciità razziste iniziate la settimana scorsa. In particolare, stavolta ci concentriamo sull'intreccio fra razzismo e sessismo, analizzando le rappresentazioni dei corpi delle donne nere nelle pubblicità diffuse nell'Italia contemporanea e rilevando anche la riproposizione di immagini stereotipate che risalgono a una mentalità schiavista e coloniale. Alcune delle immagini di cui parliamo si possono vedere qui e qui.

La prima della stagione: pubblicità razziste #1

Data di trasmissione
Durata 1h 19m 18s

 

Di ritorno dopo una lunga pausa estiva, la prima puntata di Attica Blues nella stagione 2011/2012: il nostro nono anno di trasmissioni.

 

Musica nera e diasporica, dall'Africa all'America Latina, che fa da sottofondo alle nostre riflessioni su alcune recenti pubblicità razziste e sulle strategie di marketing delle grandi multinazionali, che usano i corpi di uomini e donne nere per commercializzare i loro prodotti. Alcune delle immagini di cui parliamo si possono vedere qui.

 

Stelle di Polvere – Stereotipi di genere nei media_2

Data di trasmissione
Durata 1h 3m 31s

 

Ascolta la seconda puntata del ciclo “Stelle di polvere – Stereotipi di genere nei media”.
Continuiamo a parlare dei prodotti di abbiagliamento per l’infanzia: strategie di sessualizzazione precoce, divisione dei ruoli e forme di rappresentazione del corpo di bambine e bambibi.
Guarda le immagini di cui si parla in trasmissione.