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sciopero

10 aprile, sciopero nazionale dei settori socio educativo, socio assistenziale e socio sanitario.

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Durata 4m 31s

Moira Aloisio (CUB SUR Roma) ci parla dello sciopero nazionale dei settori socio educativo, socio assistenziale e socio sanitario, proclamato per oggi 10 aprile dalle OO.SS. ADL Cobas, CLAP, CUB, SIAL Cobas, SGB, USB e che vedrà la partecipazione anche di comitati autorganizzati di lavoratrici e lavoratori.

 

Tira una brutta aria

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Buona parte della trasmissione è dedicata alla mobilitazione universitaria contro il bando MAECI di cooperazione Italia-Israele che scade domani, con una corrispondenza dal presidio sotto la Farnesina e una dall'università Ca' Foscari di Venezia.

Nel mezzo abbiamo presentato due iniziative: venerdì 12 ore 17 "Assemblea cittadina sulla scuola" presso Spin time, via di santa croce in gerusalemme 55, presentata da un compagno del collettivo Alas; sabato 13 ore 16 incontro su "Lavoro di cura e femminilizzazione dell'insegnamento" organizzato da Clap scuola e Cattive maestre, Esc atelier via dei volsci 159.

Abbiamo inoltre parlato con un operatore sociale di Campi Bisenzio che ci ha raccontato l'incontro "Scuola di classe. Scuola lavoro working class" organizzato nell'ambito del festival della letteratura working class del collettivo di fabbrica Gkn.

21 marzo, sciopero nazionale poste

Data di trasmissione
Durata 15m 43s

21 MARZO 2024 SCIOPERO NAZIONALE
DI 24 ORE DELL’INTERA CATEGORIA POSTALE

 

     CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE

     PER UN CONTRATTO CHE RECUPERI REALMENTE IL POTERE D’ACQUISTO E L’INFLAZIONE

     CONTRO IL PRECARIATO IN POSTE PER L’ASSUNZIONE DI TUTTI I CTD, NESSUNO ESCLUSO PER IL RIPRISTINO DELL’ORGANICO FALCIDIATO DA ANNI E ANNI DI TAGLI AL PERSONALE

 

PRIVATIZZAZIONE Come tutti ormai saprete il governo si appresta ad avviare una ulteriore tranche di privatizzazione dei “gioielli di famiglia” ad iniziare da Poste. Sono di poco tempo fa, era il 23 gennaio 2018, le parole della Meloni: “ ..diciamo no alla svendita di poste Italiane e ci batteremo con tutte le nostre forze …quando andremo al governo manterremo Poste Italiane in mano pubblica”. Ed oggi nonostante i 250 milioni di euro di dividendi del 2022 versati da poste al MEF per la sua quota azionaria del 29,6%, si vuole privatizzare parte o tutta la quota del MEF.

Quello che l’ulteriore privatizzazione comporterà, lo sappiamo, avendone vissuto in prima persona le conseguenze già della prima tranche: tagli di personale, aumento dei carichi di lavoro, della flessibilità e dello sfruttamento, minore sicurezza per i lavoratori e minor tutela per gli investimenti e i risparmi dell’utenza. Tutto questo solo per il profitto, per i dividendi degli azionisti e per i lauti stipendi dei manager, mentre noi vediamo ricambiato il nostro sudore con salari sempre più miseri, da fame, lontanissimi da un reale recupero inflattivo e con un servizio erogato all’utenza (in tutti i settori) sempre più carente, costoso, a singhiozzo, che ha perduto ogni natura pubblica.

Tutto questo mentre i sindacati concertativi fanno finta di opporsi alla privatizzazione, chiamando i lavoratori alla “guerra santa“  per poi proporre l’azionariato dei dipendenti legando difatti i destini salariali e rivendicativi, di quest’ultimi, all’andamento in borsa dell’azienda, nella speranza di poter anche “rappresentare” i lavoratori al tavolo degli azionisti. Come fanno a dire di lottare contro la privatizzazione quando la ripropongono con l’azionariato dei dipendenti, e quando continuano a riproporci sistemi di welfare aziendale (fondo sanitario, fondo pensione) che è l’antitesi del servizio pubblico? Come fanno a dirsi contrari quando hanno nel ’97 proclamato uno sciopero per accelerare il passaggio in S.p.A. e la privatizzazione esistente l’hanno voluta e sostenuta?

CONTRATTO Abbiamo diritto ad un contratto che possa recuperare realmente l’inflazione ed il potere d’acquisto dei lavoratori, un contratto che renda giustizia ai lavoratori nei confronti dei lauti guadagni e dividendi di manager e azionisti, un aumento salariale fisso al di là di ogni variabile legata alla presenza, alla produttività, agli obiettivi aziendali, agli incentivi ad personam, che compensi quanto negli ultimi anni è stato sottratto ai lavoratori in termini economici e di tutela di diritti. Un reale aumento salariale immediatamente fruibile non scaglionato in tranche di cui l’ultima si colloca sempre a pochi mesi dalla scadenza contrattuale e nel quale vengono conteggiati, come aumenti, le somme imposte per il welfare aziendale. Un aumento minimo medio netto di euro 300. Rivendichiamo un contratto che restituisca a chi lavora le necessarie condizioni per svolgere dignitosamente e con serenità i compiti a cui è chiamato: riduzione dell'orario di lavoro per tutti; ripristino degli scatti di anzianità; riduzione di tutte le forme di flessibilizzazione.

Ricordiamo, se ce ne fosse bisogno, che i nostri cugini postali tedeschi hanno rinnovato il contratto con aumenti medi di 350 euro più un bonus di 3000 euro a fronte poi di uno stipendio già più cospicuo del nostro, ed i bancari italiani hanno avuto un incremento in busta paga di 436 euro.

NO AL PRECARIATO e ALLA FLESSIBILITÀ In tutte le nostre iniziative, negli anni, abbiamo sempre lottato contro le evidenti conseguenze delle politiche aziendali privatistiche, prima, e della privatizzazione poi.
Precariato e flessibilità appartengono a questo scenario e ormai hanno toccato apici non più tollerabili. 

L’azienda si regge sui precari e sullo sfruttamento senza limiti di quest’ultimi. I sindacati concertativi, complici di questo uso ed abuso senza pari, non hanno nessuna intenzione di lottare per la loro stabilizzazione, e attraverso lo strumento reiterato delle politiche attive hanno barattano migliaia di tagli occupazionali con la stabilizzazione di un numero irrisorio di CTD. Basti ricordare che con le riorganizzazioni, con gli esodi, nell’arco di un trentennio gli occupati in poste sono stati dimezzati. Nel 2017 eravamo 137.000 attualmente contiamo meno di 120.000 occupati; e la tendenza futura sarà ancora in questo senso: contrazione degli occupati, diminuzione del costo del lavoro, aumento dello sfruttamento e dei carichi di lavoro. 

Analogamente, conseguenza di tale emorragia occupazionale è la continua e sempre più insistente flessibilizzazione del lavoro attraverso una molteplicità di strumenti adoperati dall'azienda per piegare le risorse alle sole esigenze produttive: abuso di CTD, migliaia di part-time involontari, blocco delle mobilità, riorganizzazioni, continui distacchi, richieste al limite di straordinari, richieste di svolgimento di mansioni non pertinenti, ferie imposte d’ufficio o negate, lavoro festivo.

I CTD, ricattati, sfruttati all’inverosimile vedono, per la maggior parte, il miraggio della stabilizzazione da lontano con graduatorie senza fine e per moltissimi senza speranza con continue assunzioni di nuovi giovani a tempo determinato, in una spirale senza fine.
Questa lotta è anche per la stabilizzazione di tutti i CTD nessuno escluso per porre fine al precariato e al conseguente sfruttamento di lavoratori senza diritti e senza futuro, è anche per tutti quei part-time a cui non viene data pur volendola la piena occupazione ma è anche per ripristinare il giusto organico falcidiato da anni e anni di tagli, per garantire un servizio adeguato all’utenza e carichi di lavoro accettabili, senza pressioni, a tutela della sicurezza fisica e psichica per tutte le lavoratrici e lavoratori di poste e per arrivare ad una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario che sia garanzia di lavoro, vita familiare e sociale per i lavoratori.

Questa lotta è per tutti noi, è per il nostro futuro per riaffermare la necessità di avere garantiti i diritti che solo i servizi pubblici possono offrire a tutta la popolazione.

Mondo convenienza: tentativo di sgombero del presidio

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Dopo quasi 100 giorni di sciopero e presidio, un nuovo attacco ai lavoratori e al diritto di sciopero da parte di Mondo Convenienza con l'aiuto delle forza dell'ordine, che tentano di sgomberare il presidio di Campi bisenzio.

7 blindati e decine di agenti sono riusciti a deturpare il presidio ma non a sgomberarlo. Il pronto intervento dei lavoratori della zona, fra cui gli operai della GKN che sta a pochi km da Mondo convenienza, sono arrivati a supporto dei lavoratori in sciopero per impedire lo smantellamento del presidio.

Una lotta, quella dei lavoratori di Mondo Convenienza, che cercano di raccontare come conclusa, ma che il compagno del Si Cobas intervistato ci racconta come ancora in corso, con chiari obiettivi di lotta da raggiungere.

Il 15 ci sarà un tavolo nazionale a Roma fra l'azienda e la Cgil, senza una rappresentanza dei lavoratori in lotta. I lavoratori in lotta dichiarano rispetto al'incontro: <<Il merito di questo tavolo è tutto da verificare: che siano fatti e non vuote promesse, che si elimini dagli appalti Mondo Convenienza il contratto Multiservizi con le sue paghe misere e si applichi il contratto della Logistica come recitano le magliette stampate che i lavoratori indossano, che venga effettivamente cancellato il famigerato Regolamento Aziendale che va in deroga a tutte le normative sul lavoro e impedisce ai lavoratori di andare in malattia o in infortunio pena il taglio di un terzo dello stipendio, che l’orario di lavoro venga finalmente misurato e giustamente retribuito.>>

Dall’8 al 15 settembre invece ci sarà la mobilitazione nazionale Mondo Convergenza ai negozi a cui parteciperanno più di 15 città italiane.

 

Hollywood in sciopero

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In questi giorni, i media di tutto il mondo hanno pubblicato le foto di attrici e attori famosi in strada in supporto dello sciopero indetto dal loro sindacato. I circa 160 mila iscritti al sindacato degli attori e attrici si sono aggiunti agli oltre 11 mila membri del sindacato degli scrittori e scrittrici del mondo dello spettacolo che sono in sciopero da ormai quasi tre mesi.

Un cosa del genere non succedeva dal 1960.

Le richieste sono molto simili. Redistribuzione degli introiti derivanti dalle piattaforme streaming e una chiara regolamentazione dell’utilizzo dell'intelligenza artificiale nella produzione di film e serie TV. 

Entrambi i sindacati si lamentano del fatto che ormai le serie create appositamente per le piattaforme streaming non superano in media le 12 puntate garantendo un minor numero di settimane di lavoro per i loro iscritti. A questo si deve aggiungere che per quello che riguarda il pagamento dei diritti d’autore, i servizi streaming pagano solamente delle quote fisse senza peraltro rendere pubblici i dati relativi al numero di visualizzazioni ottenute dalle diverse serie. 

Per quello che riguarda l’utilizzo dell'intelligenza artificiale nella produzione di film e serie TV, i sindacati sono consapevoli della lentezza con cui la politica rispondera’ a questa questione. Basta guardare all'assoluta incapacità della Casa Bianca di regolamentare i social media per capire come i sindacati vedano in questo sciopero l’unica vera arma per mettere un freno all’uso indiscriminato di questa nuova tecnologia.  

Secondo il sindacato degli scrittori e scrittrici, se tutte le loro richieste venissero accettate, gli studios e piattaforme streaming dovrebbero collettivamente sborsare 600 milioni di dollari all'anno, una cifra che loro considerano eccessiva. 

Sommersi da ingenti debiti e sotto la continua pressione di Wall Street che vorrebbe vedere i profitti crescere e i costi del lavoro scendere, gli studios sostengono che accettare le richieste del sindacato significherebbe la fine dell’intero settore. Queste affermazioni, però, stonano con la generosità con cui queste stesse compagnie pagano i loro manager. Per esempio, l’anno scorso il direttore di Netflix ha ricevuto uno stipendio annuo pari a più di 50 milioni di dollari, segnando un aumento del 32% rispetto allo stipendio del 2021.

Questa disparita’ e’ stata ripetuta piu’ volte dai membri di entrambi i sindacati in lotta, riportando in auge uno slogan che non si sente spesso negli Stati Uniti: class war!

Sarebbe comunque uno sbaglio limitarsi a guardare quello che succede ad Hollywood. Tra una settimana ,infatti, più di 340 mila lavoratrici e lavoratori UPS, famosa compagnia di spedizioni, potrebbero entrare in sciopero se le loro richieste non saranno accolte.

Il sindacato chiede aumenti di stipendio, meno precarieta’ e l’introduzione di misure atte a ridurre gli effetti di un clima ormai impazzito. Come nel caso degli scioperi hollywoodiani, anche in questo caso i sindacati si trovano a dover colmare una lacuna politica.  In maniera simile a quello che sta succedendo per la regolamentazione dell'utilizzo dell’intelligenza artificiale, Il governo Biden si sta muovendo con grande lentezza anche per la stesura di nuovi standard volti a proteggere lavoratrici e lavoratori da condizioni climatiche sempre piu’ pericolose. Sono infatti passati ormai più di due anni da quando Biden aveva annunciato la pubblicazione di nuove regole per la difesa dei lavoratori e lavoratrici dalle alte temperature, e il sindacato sostiene che ne passeranno almeno altri due prima della loro applicazione. Nel frattempo, i lavoratori finiscono in ospedale, o peggio, muoiono nei loro furgoni trasformati in veri e propri forni con temperature che in Texas hanno raggiunto i 64 gradi.

Questa ondata di scioperi non dev’essere considerata un’eccezione. Sono ormai anni infatti che i lavoratori e lavoratrici americane si stanno organizzando e ribellando. Basta pensare ai successi ottenuti all’interno di Starbucks e Amazon, compagnie che si erano sempre distinte per la loro impermeabilita’ a qualsiasi attivita’ sindacale. 

Anche i dati confermano questa tendenza. Prendendo in considerazione gli ultimi dieci anni, il 2022 e’ il terzo anno per numero di scioperi che coinvolgono almeno mille tra lavoratrici e lavoratori subito dietro solamente al 2018, caratterizzato dalle grandi mobilitazioni nella scuola, e il 2019, anno in cui il sindacato che rappresenta il settore automobilistico si era mobilitato per il rinnovo del contratto. 

Il 2023 quindi sta continuando questa tendenza, con la speranza che gli scioperi hollywoodiani rendano la class war ancora più glamour.










 

Diritto di sciopero e libertà di sindacato: corteo a Firenze

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Durata 9m 3s

Almeno un migliaio di operai e solidali in corteo per le vie di Firenze sabato 13 maggio, una risposta forte agli attacchi a suon di fogli di via portati avanti nei confronti dei sindacalisti del Si Cobas, e allo strapotere dei brand della moda.

Meno di una settimana fa, Sarah, coordinatrice del SiCobas di Prato e Firenze, ha ricevuto un foglio di via da Campi Bisenzio, come era successo a Luca Toscano, anche lui coordinatore sindacale. Il foglio di via a Luca è stato ritirato a due giorni dal corteo di Firenze.

Come dice il SiCobas nel suo comunicato in seguito al secondo foglio di via: "Sarah e Luca a Campi Bisenzio ci vanno per un motivo: difendere i diritti dei lavoratori."

E aggiungono:

Perchè Campi, come Prato, è diventata una zona di sfruttamento selvaggio: lavoro nero, turni di dodici ore per sette giorni, lavoratori senza diritto alla malattia e alle ferie, contributi non pagati, false cooperative che vincono appalti al massimo ribasso. Nelle filiere della moda e nei magazzini della logistica.
Sarah e Luca danno fastidio, perchè dà fastidio l'attività del nostro sindacato. Diamo fastidio perchè abbiamo dimostrato che è possibile cambiare le cose, che è possibile vincere. Centinaia di lavoratori, grazie alle lotte del sindacato, in questi anni hanno conquistato un contratto regolare e si sono liberati dalla schiavitù del lavoro 12x7 e altrettanti hanno ottenuto condizioni migliori di quelle previste dai contratti nazionali. Diamo fastidio, perchè dietro a ditte e cooperative dello sfruttamento ci sono i grandi brand della moda e le grandi multinazionali della logistica i cui nomi scompaiono dietro le giungle di appalti e sub-appalti. Diamo fastidio perchè facciamo i loro nomi, come quello della LiuJo.