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Il sindacato ad Amazon

Data di trasmissione
Durata 4m 41s

Alla fine e’ successo quello che nessuno si aspettava, le lavoratrici e lavoratori in un centro di smistamento di Amazon in Staten Island, appena fuori New York, hanno approvato la creazione di un sindacato. Al voto hanno partecipato quasi il 60% degli 8325 lavoratrici e lavoratori, facendo registrare una netta vittoria per l’Amazon Labor Union. Ora la palla passa ad Amazon che in un comunicato ha gia’ chiarito che non e’ felice del risultato e che valutera’ ogni possibile opzione per annullarlo. Certo che dopo aver speso più di 4 milioni di dollari in questa campagna, non e’ chiaro cos'altro vorranno tentare.  

 

Questa vittoria e’ storica per vari motivi. Primo, il sindacato e’ un sindacato non affiliato a nessuna delle sigle nazionali. “By the workers, for the workers,” come amano ripetere gli organizzatori della campagna. Questo ha reso le tattiche anti-sindacali di Amazon meno efficaci. L’azienda ha infatti cercato di convincere le lavoratrici e lavoratori che i membri del sindacato erano degli organizzatori ben pagati da sindacati nazionali, dei corpi estranei, degli infiltrati. Al contrario, i membri dell’Amazon Labor Union incontravano i loro colleghi e colleghe all’interno dello stabilimento, nelle mense, negli spogliatoi. In alcune interviste rilasciate dopo la vittoria, i maggiori leader del sindacato hanno piu’ volte sottolineato come quelle conversazioni hanno avuto un ruolo fondamentale nel convincere gli altri lavoratori che quel sindacato era fatto di persone come loro, che lavoravano gli stessi turni massacranti, che ricevevano gli stessi miseri salari. Ancora più importante e’ stata la determinazione con cui i membri del sindacato hanno risposto alle intimidazioni di Amazon. Hanno interrotto riunioni anti-sindacali a cui non erano stati invitati. Si sono rifiutati di smettere di distribuire volantini nelle mense e negli spogliatoi. Si sono fatti arrestare piuttosto che farsi intimidire dai manager di Amazon.

 

Secondo, questa vittoria dimostra che è possibile organizzare un gruppo di lavoratrici e lavoratori che da un punto di vista demografico e’ molto diversificato. La maggior parte dei dipendenti in questo centro di smistamento sono persone di colore. Afroamericani, ispanici, ma anche africani e bianchi. Spesso questo è un elemento che le aziende usano per dividere i lavoratori, facendo leva su stereotipi razzisti. Ma questa volta non ha funzionato. Ancora una volta torniamo al fatto che questo sindacato era stato creato da quegli stessi lavoratori e lavoratrici e quindi sapeva come relazionarsi con loro.

 

Terzo, la vittoria di Amazon Labor Union arriva in un momento molto particolare nella storia dei rapporti tra lavoratori e multinazionali americane e potrebbe aver segnato una decisiva trasformazione nel modo in cui lavoratori e lavoratrici si organizzeranno nei prossimi anni. Questa campagna non e’ la prima vittoria ottenuta da un gruppo di lavoratori all’interno di una grande multinazionale americana. Lo scorso dicembre la maggioranza dei lavoratori di uno Starbucks nella città di Buffalo ha votato a favore della formazione di un sindacato. Nel giro di due mesi altri 50 Starbucks distribuiti in 19 stati si apprestano a votare a favore di una rappresentanza sindacale. Un effetto domino così rapido sta mettendo in difficoltà una multinazionale come Starbucks, da sempre molto efficace nel bloccare qualsiasi tentativo di organizzazione da parte dei dipendenti. Il problema e’ che se un bar si organizza, lo puoi sempre chiudere e riaprirne un altro pochi mesi dopo senza creare troppi contraccolpi economici. Ma quando la prospettiva e’ quella di dover chiuderne 50, la strategia diventa troppo costosa. Allo stesso tempo, per i lavoratori e lavoratrici e’ molto più facile concentrarsi su di un singolo bar (che di solito ha una media di 30 dipendenti) che cercare di organizzarne 50 contemporaneamente. La speranza e’ che vincendo un’elezione in un singolo bar, dimostri che e’ possibile farlo convincendo altri lavoratori a fare la stessa cosa nel loro bar. 

 

La stessa cosa sta succedendo ad Amazon. Il 25 Aprile ci sara’ un voto in un altro centro di smistamento sempre a Staten Island, senza contare che si e’ votato anche in un altro deposito questa volta in Alabama dove però il conteggio sta andando un po’ a rilento. Se anche queste due votazioni andranno a favore del sindacato, allora ci potremmo trovare in una situazione molto simile a quella che abbiamo a Starbucks. 

 

Tutto questo sta avvenendo nel contesto di un generale risveglio del movimento dei lavoratori negli Stati Uniti. Solo nell’ultimo anno, si sono organizzati in un sindacato i lavoratori tech del New York Times, i dipendenti di una famosa catena di negozi per il campeggio, senza dimenticare i minatori in Alabama, che ormai sono in sciopero da più di un anno. 

 

Certo gli Stati Uniti rimangono un paese allergico ai sindacati, soprattutto dopo la cura Reagan, ed in particolare nel settore privato. Se nel 1950 ogni tre lavoratori, uno era iscritto al sindacato, oggi ne abbiamo uno ogni 16. Ma le recenti vittorie in due roccaforti anti-sindacali dimostrano che i lavoratori e lavoratrici americani stanno ricominciando ad organizzarsi.






 

 

Lavorare nella Tecnologia: marcati a vista

Data di trasmissione
Durata 1h 48m 41s
In questa puntata parliamo di 3 casi piuttosto diversi, di interazione tra grandi aziende teconogiche e lavoratori:
  • nel primo caso Google licenzia (o accompagna alle dimissioni...) una sua ricercatrice, Timnit Gebru, perché un suo articolo sul bias algoritmico non rispettava gli standard aziendali (non era messo sufficientemente in risalto l'impegno positivo di google) e lei non l'ha voluto ritirare; la narrativa del "lavoro da sogno" che Google fa di sé stessa ne esce alquanto ridimensionata...
  • nel secondo Amazon assolda la Pinkerton, azienda famosa nella storia delle relazioni tra aziende e lavoratori, per indagini di intelligence sui suoi stessi lavoratori; commentiamo estendendo la discussione ai comportamenti che amazon ha tenuto nei confronti dei lavoratori soprattutto dall'inizio delll'emergenza covid.
  • nel terzo troviamo la Microsoft impegnata a studiare software per rendere più efficienti i lavoratori ("Productivity Score") o le riunioni in base ai comportamenti registrati, confrontati con l'"ideale" da una AI e aggregati in punteggi ipersemplificati.
    
    Concludiamo con qualche notiziola.

Il lavoro è un gioco o i giochi aiutano a lavorare di più?

Data di trasmissione

Prendendo spunto dalle novità sui "giochi" in azienda di Amazon parliamo di gamificazione con Karlessi di CIRCE: come distinguere i contesti gamificati da quelli di semplice gioco? Perché la gamificazione - idea non nuovissima - si va diffondendo sempre di più, fuori e dentro il mondo del lavoro ma soprattutto in quell'area intermedia che è la sharing/gig economy.
Il libro citato nell'intervista è Addiction by design di Natasha Dow Schüll 

Parliamo poi delle consuetudini all'interno di Snapchat: l'azienda era così abituata a rispondere a richieste legali da aver sviluppato addirittura una applicazione per farlo con maggiore efficienza; applicazione che ovviamente è sfuggita di mano ed è stata spesso usata indiscriminatamente.

Chiudiamo con facebook, che si merita ben due notizie:

  • la chiusura (ma la vera notizia è l'esistenza) di 2miliardi (DUE MILIARDI) di account fasulli, cosa che mette abbastanza in discussione l'uso di facebook come termometro del sentire comune.
  • l'annuncio di una nuova criptovaluta all'interno dell'ecosistema di facebook chiamata GlobalCoin, che promette di "rendere lo scambio di soldi facile come l'invio di una foto su whatsapp". Per realizzare questo obiettivo anarcocapitalista Facebook si sta accordando con grandi gruppi finanziari, sperando così di non ricadere nel fallimento dei "facebook credits" o nei problemi delle altre criptovalute.

 

La situazione carceraria negli Stati Uniti d'America

Data di trasmissione
Durata 55m 11s

Con un compagno facciamo un punto sulla situazione delle carceri americane e sull'uso delle detenute e dei detenuti nel mondo del lavoro, soprattutto nello spegnimento degli incendi in California.

 

Abbiamo poi approfondito la situazione di Amazon e della decisione di Trump di voler spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.

Amazon (Piacenza); CNR (Palermo)

Data di trasmissione
Durata 52m 29s

Prima corrispondenza con un compagno del SiCobas di Piacenza con il quale discutiamo del primo sciopero avvenuto in Amazon venerdì scorso (24 novembre).

Seconda corrispondenza con una lavoratrice del CNR di Palermo: i lavoratori hanno occupato la sede la scorsa settimana in protesta contro le condizioni di precariato lavorativo e contrattuale.

Loi Travail (Francia - riforma del lavoro); Sciopero Sociale transnazionale

Data di trasmissione
Durata 1h 0m 57s

 
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238° puntata: corrispondenza con la Francia; in collegamento un co-redattore di Corrispondenze Operaie, un compagno di Chroniques syndicales, trasmissione di Radio Libertaire (attiva a Parigi dal 1981) che parla di conflitti lavorativi, e una compagna francese che ci aiuta nella traduzione.

Parliamo della Loi El Khomry (la riforma del lavoro, anche conosciuta come Loi Travail) e delle mobilitazioni di protesta che da marzo infiammano tutta la Francia. Per il 14 giugno è prevista una nuova mobilitazione nazionale.

La seconda corrispondenza con una compagna, di stanza a Parigi, della piattaforma per lo Sciopero Sociale transnazionale, che ci informa di un incontro previsto per l'11 giugno in Place de la Republique, la piazza che è caratterizzata, da marzo, dalle Nuit Debout (Notti in piedi). Nello specifico, inoltre, per l'autunno si sta organizzando un incontro sulla convergenza delle lotte a livello europeo in cui cercare di coinvolgere i lavoratori di Amazon francesi, tedeschi e polacchi.

cookie e captatori occulti

Data di trasmissione
Durata 1h 1m 12s

Seconda puntata delle Dita nella Presa.

 

La trasmissione è iniziata parlando dei banner sui "cookie" che da qualche mese imperversano su internet. Dopo una breve panoramica sul funzionamento tecnico dei cookie, abbiamo analizzato alcune loro implicazioni sulla privacy, per nulla tutelata dalla nuova normativa che impone i banner.

Abbiamo nominato http://prebake.eu/ un espediente tecnico per non vedere il "banner dei cookie".

 

Si è poi passati a commentare la nuova legge, in fase di stesura, riguado i captatori informatici occulti.