41bis e regimi speciali di detenzione
Con una compagna della rete Evasioni e della campagna "Pagine contro la tortura" torniamo a parlare di 41 bis e dei regimi speciali di detenzione.
Buon ascolto!
Con una compagna della rete Evasioni e della campagna "Pagine contro la tortura" torniamo a parlare di 41 bis e dei regimi speciali di detenzione.
Buon ascolto!
Da ormai più di una settimana Silvia, Agnese e Anna, sono state trasferite dalla sezione AS2 (Alta Sicurezza) del carcere di Rebibbia a quella dell’Aquila. Un carcere, quello del capoluogo abruzzese, in cui la quasi totalità della popolazione carceraria è sottoposta al 41 bis. Un regime di carcere duro che prevede l’isolamento 23 ore al giorno, la riduzione delle ore d’aria, l’impossibilità di cucinare in cella, dove l’ingresso della luce è limitato dalla presenza di pannelli opachi di plexiglass, dove c’è una sola ora di colloquio con i familiari che per di più avviene attraverso vetri divisori senza la possibilità di alcun contatto. Non si ha inoltre la possibilità di tenere più di quattro libri in cella, la corrispondenza è sempre sottoposta a censura, è impossibile partecipare ai processi se non attraverso la videoconferenza. Nelle carceri dove è presente il 41 bis, l’ombra di questo regime si estende ben al di là di queste sezioni andando a modificare le condizioni di detenzione del resto dei prigionieri.
Silvia, Agnese e Anna si trovano quindi in celle singole, con i blindi chiusi, nello spazio che era la vecchia sezione 41bis femminile. La loro giornata è scandita da una sveglia alle 7 con l’apertura dello spioncino, alle 8 le guardie passano a battere le sbarre delle finestre per testarne la resistenza, hanno due ore d’aria al mattino e due al pomeriggio. Ogni spostamento da fuori a dentro la cella è cadenzato da un controllo con il metal detector, vengono scansionate in media 12 volte al dì, inoltre ogni giorno subiscono una perquisizione generale personale. Hanno una sola ora di socialità in una stanzetta angusta. Le loro celle sono attrezzate con televisione e bagno, ma non hanno un armadio per riporre vestiti, cibo, libri e oggetti. Hanno in dotazione un armadietto fuori dalla cella in cui possono riporre al massimo 7 capi di ogni tipo di vestiario, quando rimuovono o posano qualcosa viene controllato e ricontato ciò che rimane. In cella possono tenere solo tre libri. Le loro radio sono state piombate, nella televisioni presenti nelle celle è stata oscurato l’orario dal monitor della tv. E’ praticamente impossibile avere cognizione di che ora sia. Le secondine che le sorvegliano sono del corpo dei Gom, donne abbruttite dell’organo speciale di picchiatori della penitenziaria. Le compagne in poco più di una settimana hanno preso nove richiami disciplinari. Una di loro ha appoggiato un piede sul muro della saletta della socialità, un’altra è uscita all’aria con una penna.
Il carcere ha disposto sin da subito il blocco della posta per tutte e tre in entrata e in uscita. Ad oggi rimane in vigore solo per Silvia, dal giorno del loro trasferimento, sabato 6 aprile, si è vista recidere quel filo – già fino per colpa della censura – di comunicazioni fatto di lettere, telegrammi e pieghi libri con fuori. Legame che è fondamentale per infrangere l’isolamento a cui il carcere costringe, ancor più in una sezione di AS2 in cui ci sono quattro prigioniere.
Qualche giorno fa Agnese, in videoconferenza dal carcere aquilano durante un’udienza del processo per la manifestazione al Brennero, ha descritto le condizioni a cui sono sottoposte definendo la sezione As2 come una tomba.
Anche lo strumento della videoconferenza si sta sempre più estendendo a diverse tipologie di prigionieri. Inizialmente riservata solo ai detenuti in 41 bis, per cui è automatica, è stata poi applicata a quelli accusati di terrorismo e quindi a tutti quelli considerati pericolosi, indipendentemente dai reati contestati durante i processi. Uno strumento particolarmente pesante, quello della videoconferenza, che oltre a rendere più difficoltosa la difesa legale e limitare la possibilità di fare dichiarazioni in aula, toglie a chi è detenuto la possibilità di incontrare, seppur in un’aula di tribunale, qualche faccia amica e rompere la routine carceraria.
Passando a faccende più strettamente giudiziarie, ci sembra importante sottolineare le ragioni per cui i compagni arrestati nell’ambito dell’operazione Scintilla rimangono ancora in carcere. Caduta l’associazione sovversiva, Beppe e Antonio restano in carcere per la pubblicazione dell’opuscolo “I cieli bruciano”. Trattandosi di un elenco di soggetti, responsabili a vario titolo dell’esistenza degli allora Cie, rivolto a un’area come quella anarchica che è lecito attendersi ne faccia cattivo uso, il solo fatto di pubblicarlo giustifica per il giudice del Riesame questo capo d’imputazione. A questo si aggiunge il diniego degli arresti domiciliari perché il curriculum dei due compagni rende molto probabile il rischio di una recidiva. Silvia resta invece in carcere perché il suo profilo biometrico, rispetto andatura, statura e corporatura, risulta compatibile con quello della persona ripresa dalle telecamere mentre deposita una tanica di liquido infiammabile davanti a una sede delle Poste Italiane. Una disciplina, quella biometrica, destinata a diventare una stampella sempre più importante nei prossimi tempi per il lavoro investigativo e su cui sarà certamente il caso di tornare, con riflessioni e approfondimenti più precisi. Concludiamo questo aggiornamento di novelle tribunalizie ricordando che ai tre compagni è stata confermata la censura sulla corrispondenza, le ragioni per il giudice sono da attribuire all’ampia e duratura solidarietà sviluppatasi a partire dai loro arresti e dalla sgombero dell’Asilo.
Intanto è urgente trovare il modo per spezzare l’isolamento che permea Silvia, Agnese e Anna, un modo per scalfire la brutalità del carcere.
Per scrivere alle compagne detenute nel carcere dell’Aquila:
Silvia Ruggeri
Anna Beniamino
Agnese Trentin
Via Amiternina 3
Località Costarelle di Preturo
67100
L’Aquila
nel carcere di Temuco nel sud del Cile lunedì i prigionieri politici mapuche hanno protestato con un'occupazione pacifica - quattro di loro sono anche in sciopero della fame - per questo si è abbattuta ancora più forte la repressione su di loro da parte della polizia e della autorità giudiziaria che ora minaccia di spostarli in altri carceri e dividerli. Le notizie per il momento sono poche anche perchè è stato negato loro il diritto di replica.
Ci informa una compagna della rete internazionale di sostegno al popolo mapuche
https://mapucheit.wordpress.com/
Nella foto Facundo Huala, nel carcere di Temuco
Triste record suicidi in carcere nel 2018; ben 67 persone si sono tolte la vita. Fallimento del sistema sanzionatorio basato sul carcere è ora di iniziare un percorso abolizionista.
Con un compagno dagli Stati Uniti parliamo del caso della 16 enne Cyntoia Brown incarcerata minorenne e ormai da 20 anni per aver ammazzato il suo sfruttatore/stupratore. Analizziamo anche la recente riforma del sistema giudiziario americano voluta da Trump.
Dopo l'ennesima riforma fallita, è sempre più vero che il carcere non è rifprmabile. E' necessario dunque riprendere una critica strutturale del carcere, costuendo un Movimento per l'Abolizione delle Galere. Anche per porre fine ai suicidi in carcere giunti a 63 al 12 dicembre.
Aumentano i suicidi in carcere e in aumento anche la popolazione detenuta, nonostante la diminuzione dei reati. Da oggi il Ddl Salvini è legge dello stato e da oggi siamo tutt* meno liber*, Salvini ha ripreso ed estremizzato il lavoro fatto col decreto Minniti dal governo precedente. In carcere il malessere si manifesta in centinaia e centinaia di scontri tra detenuti e guardie, è necessario lavorare per un percorso politico di questa tensione, in direzione dell'abolizione delle galere! Vediamoci il 31 dicembre sotto il carcere di Rebibbia.
In questa puntata di Silenzio Assordante abbiamo parlato di carcere.
Nella prima corrispondenza, con una compagna della Rete Evasioni, ci siamo aggiornati sul piano legislativo. Dalla riforma cestinata ai decreti che incidono in maniera pesante sul contesto carcerario.
Nel secondo intervento Mirella ci racconta la lotta che sta portando avanti dopo l'uccisione di Alessandro, suo figlio, avvenuta nel 2012 nel carcere di San Vittore. In questa lotta Mirella non è sola, ci sono altre madri e altre persone care di chi è stato ucciso in contesti di privazione della libertà. Mentre il 13 dicembre si apre il processo per l'uccisione di Alessandro, il 5 dicembre è stato deciso come data per la giornata contro gli abusi e le uccisioni di Stato nei contesti di privazione della libertà.
Nel terzo intervento c'è la voce di Pida, presente in studio per raccontarci la morte di Cristian, avvenuta a inizio novembre nel carcere di Velletri. Con Pida lanciamo il presidio di domenica 2 dicembre davanti al carcere.
abolire il carcere.
20 anni di scarceranda. una agenda, un canale di comunicazione aperto fra dentro e fuori le mura delle galere, un appuntamento fisso per la compagne e i compagni anticarcerar@, un antidoto contro la repressione, un vademecum utile per i/le reclusi/e, uno strumento di analisi e dibattito, su e contro il carcere. ma anche un pretesto, un pretesto per parlare dell'"abominio carcerario".
lo facciamo in questa puntata, con il curatore de "la conta" la trasmissione sul tema della "radio" che va in onda il mercoledì alle 15 ogni 15 giorni.
Impennata dei suicidi in carcere arrivati a quota 57 al 12 novembre. Causa sono le speranze di cambiamneto frustrate.. Dal 10 Novembre sono attivi i decreti legislativi scaturiti dalla L. 103/2017. Sia quello che reintroduce il reato di accattonaggio e l'innalzamento della repressione per le occupazioni; sono aumentate le pene anche per blocco stradale. Più poteri ai sindaci in merito di videosorveglianza e uso delle armi elettriche (Taser).