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Palermo, dopo il blitz al campo per rom della Favorita ancora 4 ragazze recluse nel CIE di Ponte galeria

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Durata 17m 5s

Venerdì scorso un blitz in grande stile nel campo per rom della Favorita a Palermo, portato avanti da carabinieri, vigili del fuoco, vigili urbani e l'ausilio adirittura di un elicottero, ha portato alla reclusione di quattro ragazze, accusate di non avere i documenti in regola, presso il CIE di Ponte galeria. Un'operazione muscolare e spropositata, criticata anche dalla Procura di Palermo e dal sindaco Orlando, di cui non si capiscono necessità e finalità.

Una compagna del comitato antirazzista di Palermo ci racconta come sono andati i fatti e la situazione delle quattro ragazze.

A Barcellona chiude il CIE ma continua la caccia ai top manta

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Durata 23m 39s

Notizie contrastanti dalla capitale catalana, il CIE della Zona Franca continua ad essere inattivo, pur se si attende un giiudizio della magistratura spagnola che potrebbe consentirne la riapertura, mentre continua la caccia alle streghe contro i "top manta", i venditori ambulanti di origine africana, nei confronti dei quali è in atto una vera e propria caccia alle streghe

Dopo lo sgombero in Val Roya, le voci dei compagni reclusi nel CRA di Nizza

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Durata 19m 12s

Dalle voci di due compagni rinchiusi nel CRA (Centre de rétention administrative - CIE in Italia) di Nizza raccontiamo la giornata di lotta culminata con l'occupazione dell'ex dogana francese in Val Roya e la conseguente repressione.

I compagni ci raccontano il funzionamento del Centro di detenzione amministrativa, dove sono rinchiuse le persone in vista di un'espulsione dalla Francia, e il ruolo del CRA come strumento di oppressione.
Nel pomeriggio di venerdì, un presidio solidale ha rotto l'isolamento delle persone recluse.

Barcellona - Alla vigilia della riapertura del CIE di Zona Franca

Data di trasmissione
Durata 27m 28s

Con una compagna del collettivo Te Kedas Donde Kieras facciamo il punto della situazione in città, riguardo i rastrellamenti, le resistenze e la lotta contro la macchina delle espulsioni.

Il 16 giugno riaprirà il CIE di Zona Franca, dopo un periodo di lavori di fortificazione e ampliamento dei dispositivi di controllo.
Attraverso la corrispondenza commentiamo anche le ambiguità e l'ipocrisia del governo cittadino.

Torino - Contro i divieti di dimora: 12 banditi puntano i piedi

Data di trasmissione
Durata 45m 38s
Il 25 maggio la polizia ha notificato dodici divieti di dimora dalla città di Torino per un’iniziativa di contestazione alla Ladisa, ditta che si occupava di servire i pasti ai reclusi nei Cie. Di fronte all’utilizzo di una misura repressiva per togliere di mezzo compagn* impegnati quotidianamente nelle lotte, si è scelto di puntare i piedi.

Oggi i compagni e le compagne colpite dal divieto di dimora hanno iniziato a violare la misura. 

La prima corrispondenza è con un compagno di Torino per commentare questa operazione repressiva, di seguito abbiamo rilanciato il segnale di Radio Blackout, dove i/le compagn* colpit* dalla misura hanno letto in diretta il seguente comunicato, annunciado "[...] Puntiamo i piedi, qui vogliamo rimanere, qui vogliamo lottare [...]".

Qui il calendario con tutti gli appuntamenti di lotta, da oggi al 19 giugno.

"È a Torino che abbiamo visto portare via uomini e donne perché non avevano un documento. A Torino abbiamo visto la polizia caricare un corteo di operai che avevano osato ribellarsi.

A Torino abbiamo visto le pattuglie dei carabinieri aiutare padroni e banche a sbattere in strada i nostri vicini di casa in ritardo con l’affitto o con il mutuo.

A Torino abbiamo visto interi quartieri trasformarsi secondo le esigenze dei ricchi sulla testa dei più poveri che li abitano.

A Torino e nelle sue valli abbiamo visto la celere bastonare le persone accampate a difesa della terra in cui vivono.

Ma a Torino abbiamo anche visto decine di persone sollevarsi per permettere a un clandestino di scappare a un controllo e centinaia di facchini tener testa a chi li voleva cacciare dai cancelli del CAAT. Qui abbiamo visto intere vie chiuse dai cassonetti per respingere un ufficiale giudiziario e decine di abusivi riprendersi la piazza sotto gli occhi impotenti della polizia. È a Venaus che le stesse persone bastonate hanno rialzato la testa e spazzato via plotoni di celere riconquistando il terreno perduto.

Se è vero che ovunque soprusi e ribellioni sono all’ordine del giorno, è a Torino che noi abbiamo deciso di coltivare un sogno comune.

Puntiamo i piedi, qui vogliamo rimanere, qui vogliamo lottare.
Dodici divieti di dimora a chi in una giornata di ottobre era andato presso la sede di Ladisa, ditta fornitrice dei pasti all’interno del Cie di corso Brunelleschi, a restituirgli un po’ della merda che quotidianamente somministra ai reclusi. Un‘iniziativa all’interno di un percorso di lotta contro il Cie e contro chi lo fa materialmente funzionare.
Sono anni che la Procura ci colpisce incarcerando e allontanando i nostri affetti.

Abbiamo tenuto duro, giorno dopo giorno, affrontando la paura e il dolore che la repressione porta con sé.

Abbiamo portato avanti con fatica le lotte dei compagni allontanati, incarcerati e sorvegliati.
E se in tutti questi anni di lotte a Torino abbiamo affrontato gli attacchi repressivi cercando sempre di spingere un passo più in là i percorsi che si stavano portando avanti, questa volta ci siamo guardati e negli occhi di ognuno abbiamo ritrovato la medesima voglia di non partire.

Questi dodici divieti di dimora sono la goccia che fa traboccare il vaso, non siamo più disposti a razionalizzare la nostra rabbia.

Non accettiamo più di dover salutare compagni e affetti perché costretti ad andarsene
Non accettiamo più che le nostre vite, la nostra quotidianità siano determinate da un pezzo di carta
Non accettiamo più di rinunciare ai progetti che ognuno di noi ha costruito in città e di doverci reinventare altrove

Restiamo qui, esattamente nel punto in cui le nostre coscienze ci costringono a stare.
Per noi questi divieti di dimora sono carta straccia.

Saremo in una radio libera a trasmettere, davanti alla porta di J. per resistere al suo sfratto, sotto le mura del Cie per sostenere le rivolte dei reclusi, nelle strade per opporci alle deportazioni, ovunque ci andrà di stare.

Le conseguenze le conosciamo, con una certezza quasi matematica tra qualche giorno ci porteranno in carcere.
Precisamente nel punto in cui il Tribunale avrà la forza di metterci.
Nel centro esatto del ciclone che sta stravolgendo le nostre vite.
Consapevoli della nostra scelta, forti della solidarietà che non ci lascerà soli, noi da qui non ce ne andiamo.

Banditi a Torino"