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Ucraina: giornalisti, nemici e SACRIFICI

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Prendiamo spunto dalla retorica bellicista apparsa sui maggiori quotidiani nazionali per aprire una riflessione sulla guerra in Ucraina, le sue cause e le conseguenze che avrà sulla vita di tutti e tutte noi, dall'aumento dei prezzi generalizzato dai combustibili alla farina, alla riapertura delle centrali a carbone, all'attacco finale allo stato sociale per finanziare ulteriormente la macchina bellica. Sul finale spendiamo qualche minuto per commentare sulle dichiarazioni di Putin che dà tutta la colpa dello sgretolamento dei rapporti fra Russia e Ucraina nientepopodimeno che a Lenin.

11 settembre 2001 - 2021

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Con Antonio Mazzeo, a partire dall'anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle di New York l'11 settembre 2001 e l'abbandono dell'Afghanistan da parte delle truppe USA e degli altri paesi nell'estate 2021, si tenta una ricostruzione di questi 20 anni: i cambiamenti geopolitici, le guerre, la crescita della militarizzazione, i "fronti interni", primo fra tutti la guerra quotidiana contro le migranti e i migranti.

Contro ogni guerra. Per il ritiro di tutte le missioni militari all’estero ( e che si rifinanzieranno oggi in parlamento)

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Immagine rimossa.

Oggi il Parlamento voterà la delibera del Governo relativa al rifinanziamento delle missioni militari all'estero, compresa quella che riguarda la Libia. Sono 2 le nuove missioni per le quali si chiede l’autorizzazione al Parlamento; in questo modo, il computo totale salirà quindi da 38 a 40. Sommando quanto previsto per le vecchie e per le nuove 40 missioni totali risulta un impiego complessivo di quasi 10K militari. In termini di ripartizione geografica, l’Africa conserva una sorta di primato con 19 missioni di varia natura, segue l’Europa (intesa non solo come “Vecchio Continente” ma anche come Mediterraneo/fianco Sud della NATO) con 11 e, infine, l’Asia con 10. Dunque il rifinanziamento alla Libia è solo il pezzo di un quadro più ampio. Queste missioni sono principalmente finalizzate a mantenere il controllo delle aree per l’estrazione e il passaggio di risorse strategiche, nonché delle zone chiave dei movimenti migratori. Le truppe di occupazione in Libia così come le navi nel golfo di Guinea difendono i siti estrattivi e le infrastrutture dell’ENI. Nel Sahel lo stato italiano manda carri armati, elicotteri e soldati con l’operazione Takuba, mentre in Niger sta entrando in funzione una base militare italiana. Ne parliamo con Oiza Queens Day Obasuyi, esperta di diritti umani, migrazioni e relazioni internazionali.

Guerra del Tigray: le origini dell'attuale crisi

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Con Valentina Fusari, ricercatrice dell'Università di Pavia e docente di Popolazione, Sviluppo e Migrazioni, approfondiamo le origini dell'attuale guerra del Tigray: partendo dalla colonizzazione italiana e giungendo fino ai giorni nostri, si analizzano le ragioni e le ripercussioni dell’ultima crisi umanitaria. A seguire, voci e racconti di donne e uomini presenti in piazza domenica 14 febbraio alla manifestazione "Fermiamo la guerra nel Tigray" indetta dall'Associazione Donne del Tigray.

Fermiamo la guerra in Tigray! 14 febbraio manifestazione a Roma

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Domani, 14 febbraio, dalle 10 alle 13 manifestazione in piazza della Repubblica indetta dalla Associazione donne del Tigray. Nel comunicato leggiamo: "Da oltre due anni la Regione del Tigray è assediata dagli eserciti etiopi ed eritrei, che bloccano i viveri e rifornimenti alla popolazione tigrina. I bombardamenti sulla popolazione civile inerme, su aeroporti ed ospedali si susseguono ininterrottamente. Sono passati tre mesi da quando il Tigray è stato invaso. I militari commettono sempre più di frequente attacchi alle donne, stupri, violenze fisiche e psicologiche".

Parliamo della situazione del Tigray e in particolare della catastrofe umanitaria che prosegue nel silenzio dei media e della comunità internazionale con RadioAfrica e con una esponente della Associazione Donne del Tigray che invita tutte e tutti alla manifestazione di domani

Genova: al porto una nave saudita con materiale bellico

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Lo scorso 22 aprile, in piena pandemia, una nave della flotta saudita Bahri ha attracca a Genova con a bordo armi o equipaggiamento militare. La denuncia dei portuali genovesi, da anni in prima linea contro il traffico di armamenti nel loro scalo: «Sembra siano carri armati Ercules 882, prodotti negli Stati uniti. Potrebbero essere diretti in Arabia saudita, Kuwait o Marocco. O forse in Turchia: il prossimo scalo previsto è Iskenderun».

Il Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) sottolinea come, in tempo di Covid-19, «molte categorie sono costrette a rischiare il contagio per non fermare la produzione e distribuzione di generi di prima necessità» in cui certo non rientrano gli armamenti.

Ne parliamo con Christian, lavoratore portuale di Genova.

Venti di guerra

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Dedichiamo questo spazio redazionale ad una discussione sugli scenari di guerra in Medio Oriente dopo l'omicidio di Qassem Suleimani da parte degli USA, chiedendoci perchè il movimento contro la guerra e contro le basi USA in Italia non scenda più in piazza da almeno 10 anni.

Ospitiamo diverse corrispondenze durante le quali sono stati lanciati i seguenti appuntamenti:

  • Lunedì 20 Ore 19:30 Ex Sala Consigliati, Piazza della Marranella a Torpignattara assemblea pubblica contro la guerra all'Iran
  • Sabato 25 giornata internazionale contro la guerra all'Iran