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silenzio assordante

Aggiornamenti dall'Egitto

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In studio con una compagna un aggiornamento sulla situazione in Egitto.

Buon Ascolto!

Riprendiamo da: https://hurriya.noblogs.org/

Egitto – In strada c’è la rabbia contro la dittatura

Il 2 settembre, Mohamed Aly, un ingegnere edile che ora vive in Spagna e ha lavorato a stretto contatto con l’esercito per anni, ha fatto girare un video sulla corruzione del dittatore al-Sisi.

In questi giorni sono stati diffusi altri video in cui incita la popolazione egiziana a scendere per strada contro il dittatore e chiama una manifestazione “miliuniya”, cioè di un milione di persone, per venerdì prossimo. Il tutto mentre il dittatore Sisi si recava negli Stati Uniti per l’assemblea generale delle Nazioni Unite.

Venerdì scorso, dopo anni di dittatura e brutale repressione “legittimata” dalla legge anti-protesta varata nel 2013 che di fatto vieta ogni tipo di manifestazione, la paura e il silenzio sono stati rotti in diverse città. Le persone sono scese per strada nonostante il prezzo da pagare sia altissimo. Da anni le persone sono sottoposte a sparizione forzata, di molte tuttora non si conosce la fine, gli arresti sono continui, le torture nelle carceri e nei commissariati inflitte fino alla morte. Chiunque abbia solamente pensato di organizzare qualcosa o sia sceso in strada (come in occasione delle proteste per la cessione delle isole di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita) è stato direttamente prelevato da casa, fatto sparire e rinchiuso nelle gabbie del regime in carcere preventivo. A questo si aggiunge una situazione economica catastrofica, per cui poche persone facenti parte o legate all’esercito e alla polizia continuano a depredare il paese mentre il resto della popolazione subisce il peso dell’enorme inflazione e dell’aumento dei prezzi (conseguente al rispetto dell’agenda dettata dal FMI).

Venerdì 20 settembre, al Cairo per le strade del centro, vicino a piazza Tahrir, si sono creati piccoli nuclei di persone che hanno urlato slogan come “Sisi vattene” o “abbasso il regime dei militari”. A differenza della capitale in cui la solita violenza delle guardie era inizialmente meno pressante (la gente ha potuto in qualche modo manifestare senza la consueta blindatura) e si è palesata con un numero impressionante di arresti nei giorni successivi, la repressione ad Alessandria e nella città di Suez, in cui le proteste sono continuate anche il secondo giorno,è stata molto più brutale.

Finora sono moltissime le persone sottoposte a sparizione forzata, parliamo di almeno 964 se non di più, tra cui moltissimi minori, giovanissimi e molte donne.

Per le strade nei giorni seguenti sono continue le perquisizioni dei telefonini e i posti di blocco improvvisi sono apparsi un pò ovunque.

Tra le persone arrestate c’è anche la compagna Mahienour al-Masry che, dopo aver presenziato come avvocata alla procura della Sicurezza di Stato alla difesa di una delle tante persone in carcere preventivo, all’uscita è stata rapita da un gruppo di guardie vestite in borghese e portata via in un microbus.

Mentre veniva rapita, urlava “mi stanno arrestando”.
Mahienour aveva un mandato di cattura emesso il giorno prima.
Oggi avrà la prima udienza e per ora è in detenzione amministrativa in attesa di un nuovo interrogatorio.

Ieri sera un’altra avvocata, Sahar Aly, legale delle centinaia di persone arrestate in questi giorni, è stata arrestata mentre tornava a casa.

Sia a Berlino che a New York ci sono state proteste in solidarietà a quello che sta avvenendo in Egitto in questi giorni.

Libertà per tutte e tutti

Sulla situazione dei CPR: una testimonianza diretta

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La situazione all'interno dei CPR in tutta Italia continua ad essere insostenibile. Numerose le rivolte e le proteste. In studio ne parliamo con una persona che ha avuto la sfortuna di avere esperienza diretta di questi lager di stato.

 

ROMA – SOLIDARIETÀ AI RIVOLTOSI – 28 settembre presidio sotto le mura di Ponte Galeria

I Centri di Permananenza per il Rimpatrio sono l’ultima catena del sistema di gestione dell’immigrazione, quell’anello che imprigiona le persone migranti in attesa del rimpatrio o dell’esito della domanda d’asilo. Sono luoghi di detenzione sparsi sul territorio italiano il cui numero, secondo i governi che si susseguono al potere, dovrebbe aumentare fino ad un CPR per regione italiana. Lo scopo sarebbe quello di rimpatriare le/i migranti clandestin* nei loro paesi d’origine, ma questo avviene in percentuali piuttosto basse per la mancanza di accordi bilaterali con le nazioni di destinazione e la difficoltà di identificazione della loro reale provenienza. Scopo principale del CPR rimane quindi quello di minaccia per le/i migranti senza regolare permesso di soggiorno, che possono essere sfruttatx nelle campagne, nelle fabbriche e nella logistica con la paura – se non rispettano gli estenuanti turni e la misera paga di lavoro – di vedersi rinchiusi nel CPR per un periodo che si è esteso fino a 180 giorni.
Questo è lo scopo che le politiche di immigrazione dello Stato intendono ottenere, gestire e selezionare solo i lavoratori e le lavoratrici più ricattabili per mantenere a zero il costo del lavoro e, di fatto, reintrodurre la schiavitù nel mercato economico. La lotta sovranista per il controllo delle frontiere nasconde l’intenzione di selezionare la mano d’opera gestendo le frontiere, del mare a sud o di terra a nord, aprendole o chiudendole in base alle esigenze di mercato.

L’estate è sempre un momento caldo di rabbia e resistenze. Le condizioni di vita all’interno dei centri sono sempre più dure così come la repressione di ogni forma di resistenza e organizzazione; nonostante ciò sono quotidiane le lotte delle persone rinchiuse. Tentativi e successi di fughe hanno costellato gli ultimi mesi, da Tenerife a Torino, da Plaisir a Roma, dove la riapertura della sezione maschile nel mese di giugno è stata inaugurata da una rivolta e dall’evasione di dodici persone. E ancora ieri 20 settembre gli uomini reclusi a Ponte Galeria hanno dato vita a una rivolta per protestare contro il rimpatrio di alcuni prigionieri; sono stati bruciati materassi e le fiamme hanno coinvolto 4 delle 6 aree in cui è suddiviso il lager. Alcune zone sono state probabilmente rese inagibili tanto da costringere chi gestisce il centro di detenzione a trasferire una decina di persone all’interno della sezione femminile del CPR. E’ emersa subito forte e determinata la richiesta da parte dei rivoltosi di diffondere il più possibile quanto stava accadendo tra le mura del lager: all’interno dei CPR i contatti con l’esterno vengono sistematicamente ostacolati e, da quando è stato vietato l’utilizzo dei telefoni cellulari, far sapere a chi è fuori cosa avviene tra le sbarre di questa prigione per persone senza documenti è diventato ancora più difficile.

Crediamo che tutto questo sia funzionale a rimarcare l’isolamento delle persone recluse, a zittire le loro voci e a spezzare i legami di solidarietà tra chi è dentro e chi è fuori.

Crediamo anche che proprio per questo sia necessario continuare a sostenere chi resiste ogni giorno e si ribella contro le disperate condizioni di vita di questi lager, cercando di spezzare l’indifferenza e il silenzio che lo Stato vorrebbe calare su queste prigioni, comunicando con chi è reclus* e facendo uscire la voce di chi ha il coraggio di raccontare cosa succede nei CPR. Voci che raccontano i soprusi e le sopraffazioni agite dalle forze dell’ordine e da operatori e operatrici, soprattutto se ci si oppone all’assurda quotidianità di quel luogo di cui la maggior parte delle persone non conosce l’esistenza, ma anche le più disparate forme di rivolta e resistenza.

In un momento in cui lo Stato, complice delle morti in mare, delle torture in Libia e responsabile della detenzione ed espulsione di migliaia di persone, reprime ogni forma di opposizione e solidarietà, non smettiamo di lottare contro questo sistema e continuiamo a tornare sotto quelle odiate mura.

SOLIDARIETA’ A TUTT* RIVOLTOS*
SOLIDARIETA’ ALLE PERSONE COLPITE DALLA REPRESSIONE DELLO STATO

CONTRO TUTTE LE GABBIE

SABATO 28 SETTEMBRE
ORE 16
FERMATA FIERA DI ROMA

NEMICHE E NEMICI DELLE FRONTIERE

Torino: operazione repressiva in seguito al corteo dopo lo sgombero dell'Asilo occupato

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Dopo lo sgombero dell'Asilo occupato a Torino per le strade della città si è espressa una solidarietà determinata e combattiva. Venerdì scorso, la polizia è andata a bussare alla porta di compagni e compagne accusati a vario titolo di aver partecipato al corteo del 9 Febbraio. Ne parliamo al telefono con una compagna.

Buon Ascolto!

Aggiornamenti da Exarchia

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In collegamento telefonico con un compagno torniamo ad aggiornarci sulla situazione ad Atene nel quartiere di Exarchia e della risposta da parte di compagni e compagne. Di seguito il collegamento fatto in trasmissione a ridosso dell'inizio delle operazioni di sgombero.

Buon ascolto!

https://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/2019/08/exarchia-risponde-a…

Con un piede nella porta. Vincenzo e l’anomalia bretone

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Lo scorso 8 agosto Vincenzo è stato arrestato dalla Squadra Speciale Fuggitivi nei pressi di Rochefort en Terre, un piccolo villaggio bretone.  Ricercato dal 2012, dopo una sentenza che lo condannava in via definitiva a una pena di circa 13 anni per la sua partecipazione alle giornate del G8 di Genova 2001, Vincenzo mancava dall’Italia da più di 7 anni perché aveva deciso di sottrarsi alla cattura e di vivere libero finché possibile.

Raggiunto da due Mandati d’Arresto Europeo, uno dei quali poi risultato fasullo, oggi si trova nella prigione di Rennes, in attesa che la giustizia francese decida in merito al secondo di questi mandati.

Dal giorno successivo al suo arresto, da Rochefort en Terre, è partita una mobilitazione spontanea che ha presto contagiato altri villaggi della regione. Ad oggi si contano circa 27 comitati in suo sostegno sparsi per la Francia, tutti accomunati dall’obiettivo di ottenere la sua liberazione.

In un’intervista raccolta direttamente sul posto, alcuni partecipanti del comitato di Rochefort, ci raccontano di questa sorprendente solidarietà, del rapido allargamento che l’ha contraddistinta, e di come essa abbia – almeno per ora – contribuito a rallentare l’esecuzione del Mandato d’Arresto Europeo, assumendo la forma imprevista  di “un piede nella porta”.

Vi proponiamo un audio ripreso da: https://radiocane.info/ e parliamo delle mobilitazioni in corso in collegamento telefonico con un compagno.

Buon ascolto!

Senza neri, senza pomodoro: sulla giornata di lotta del 2 settembre a Foggia

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In collegamento telefonico con un lavoratore, parliamo dello sciopero e della giornata di lotta del 2 Settembre.

Buon ascolto!

Di seguito il comunicato ripreso da: http://campagneinlotta.org/

HA VINTO IL CORAGGIO DEI LAVORATORI IN SCIOPERO: CHE PARTA DA FOGGIA UNA NUOVA STAGIONE DI LOTTE!

La giornata di ieri, 2 settembre, ha rappresentato un grande e importante momento di lotta, segnato dal protagonismo assoluto e dalla determinazione degli abitanti dei diversi insediamenti della Capitanata che lavorano in campagna e che ha visto anche il sostegno di persone solidali da tutta Italia.

Dagli insediamenti di Borgo Tretitoli (Cerignola), San Severo, Foggia e Borgo Mezzanone i lavoratori sono entrati in sciopero e alle 6:30 di mattina é partito un corteo spontaneo fino all’ingresso del CARA, il Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo di Borgo Mezzanone, un obiettivo di grande importanza in quanto sede della Commissione Territoriale che decide l’esito delle richieste d’asilo e che risponde a queste con un’altissima percentuale di dinieghi. Oltre ad essere lo stesso CARA luogo di segregazione e abuso, presentato da più parti come alternativa al ghetto mentre non è altro che uno dei tasselli fondamentali del circuito che produce la precarietà e lo sfruttamento, che portano le persone a vivere proprio nei ghetti.

I lavoratori hanno chiesto un incontro immediato con Prefettura, Questura e organizzazioni datoriali (Confagricoltura, Coldiretti e CIA), inchiodando anche il padronato agricolo alle sue responsabilità nel sistema di sfruttamento delle campagne foggiane: contratti mai rispettati quando non del tutto assenti, nessuna garanzia di trasporto o alloggio a carico dei datori e una serie di inadempienze che impediscono il rinnovo del permesso di soggiorno costringendo le persone a comprare documenti falsi.
Davanti al loro ostinato silenzio e al rifiuto di presentarsi presso la sede della commissione per incontrare chi stava scioperando da ore in strada, mentre una parte delle persone e’ rimasta in presidio davanti al CARA bloccandone l’accesso per mezza giornata, l’altra parte dei manifestati ha deciso di spostarsi e bloccare la statale 544 che attraversa Borgo Mezzanone, con l’obiettivo di fare pressione sulle istituzioni ed ottenere ascolto. Il blocco e’ durato 10 ore, e ha dovuto fronteggiare le esplicite minacce, i ricatti e le violenze da parte della polizia, oltre che gli insulti a sfondo razzista degli abitanti del luogo.

Al suono di “SENZA NERI, SENZA POMODORO!” i lavoratori hanno bloccato il passaggio di numerosi camion carichi di pomodori, diretti alle aziende di trasformazione, ribadendo il loro ruolo, indispensabile all’ interno dell’intera filiera agroalimentare nazionale, ed esigendo documenti per tutti come condizione fondamentale per superare la situazione di violento sfruttamento.

Solo la forza, la determinazione e il grande coraggio dei manifestanti hanno permesso, dopo ore di insistenza, di ottenere un incontro in Prefettura con Questore, Prefetto, dirigente Ufficio Immigrazione e alcuni esponenti di Confagricoltura.
Dopo ore di contrattazione, il blocco a oltranza da parte dei manifestanti ha permesso di ottenere alcune importanti vittorie: l’accesso alla residenza agli abitanti di alcuni insediamenti, come l’Arena e Borgo Tre Titoli, fino ad allora negata, ma indispensabile per accedere ai servizi e rinnovare i documenti. La possibilità, per chi non ha il permesso di soggiorno, di effettuare una nuova domanda d’asilo e ottenere la regolarizzazione per condizioni di gravi sfruttamento.

Continueremo a vegliare, e a batterci, finché l’ultima persona senza documenti ottenga il permesso di soggiorno!
Malgrado queste vittorie, le istituzioni non hanno ceduto rispetto alla volontà di sgomberare i ghetti. Ma lo sgombero non è mai una soluzione: se non vogliono i ghetti, devono dare le case!

In un periodo storico in cui la violenza istituzionale e la repressione verso chi lotta per un mondo più libero sono sempre più feroci e generalizzate e in cui si é sempre più spinti a stare chiusi in casa, impauriti e isolati, il coraggio, la determinazione e la rabbia dei lavoratori delle campagne deve essere stimolo ed esempio per chi in tutta Italia subisce condizioni di sfruttamento e precarietà.
E’ l’inizio di una nuova stagione di lotta, i lavoratori delle campagne continueranno a spingere per ottenere documenti per tutti, migliori condizioni di lavoro e di vita, senza farsi intimidire.
Ancora una volta e sempre più la loro lotta é la lotta di tutti noi.

San Ferdinando - Continua la lotta autorganizzata di chi vive in tendopoli contro segregazione, sfruttamento e razzismo

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Nella mattina di venerdì un gruppo di lavoratori delle campagne è andato a far visita al sindaco di San Ferdinando per pretendere soluzioni immediate invece di violenze e repressione.
Durante l'incontro il sindaco ha preferito imporre la mediazione della CGIL, piuttosto che dare ascolto alle persone che vivono sulla propria pelle la segregazione in un campo di stato fatto di tende, con l'impossibilità di accedere all'acqua potabile, riunirsi liberamente in assemblea, cucinarsi autonomamente un pasto, scegliere quando uscire o quando rientrare. Tutto questo avviene tra i continui abusi sul rilascio delle residenze e in un clima di violenze razziste nelle strade e incursioni della polizia nel campo.

Il sindacato è stato costretto a lasciare gli uffici del comune perché i lavoratori hanno scelto di non delegare a nessuno le loro rivendicazioni.

La corrispondenza con un compagno che vive nella tendopoli si apre con un saluto solidale nei confronti dei lavoratori colpiti dalla repressione a Saluzzo.